Juve, ci risiamo. Marzo fa rima con Eurotonfi, rimpianti e delusioni

-

Tu quoque, Corto Muso, fili mi!

Volendo sdrammatizzare le ultime infelici ore in casa Juve, facile pensare che queste parole siano passate davvero per la testa di Massimiliano Allegri. Si, perché in corrispondenza delle Idi di Marzo, gli Ottavi di Champions League sono (di nuovo) fatali alla Vecchia Signora: dopo Lione 2020 e Porto 2021, è Villarreal 2022 l’ultimo capitolo di una trilogia da incubo per i supporter juventini. A Torino gli spagnoli dilagano 3-0 dopo l’1-1 maturato in Spagna tre settimane fa.

A rendere ancora più amari i contorni dell’eliminazione patita con il Villarreal di Unay Emery sono le modalità del successo spagnolo in terra torinese: definire di “corto muso” il blitz degli spagnoli, infatti, rappresenterebbe un eufemismo assai potente. Sornioni, e un pizzico fortunati, i gialli si difendono ordinatamente per un’ora. Rulli è attento, e nel secondo tempo poco impegnato: la prima occasione vera arriva al 78′ per gli ospiti ma è sufficiente. Rugani stende Coquelin in area, Gerard Moreno gela l’Allianz dal dischetto. La Juve si sbriciola, quasi “colposamente” il Villarreal dilaga 3-0: Emery festeggia il delitto perfetto, il Submarino Amarillo affonda la Juventus con una prestazione che è un vero e proprio slogan del calcio “allegriano”.

Ironia della sorte, legge del contrappasso, karma; lo si può chiamare come più ci aggrada, ma il successo del Villarreal risulta quantomeno beffardo, pur se ampiamente meritato. E dire che se in passato i bianconeri si erano messi la strada in salita perdendo la gara di andata, la doppia sfida al Submarino Amarillo si era aperta nel migliore dei modi; tre settimane dopo, invece, ci si trova a commentare un folle “Eurotonfo”, reso più amaro da tempi e modi sopra descritti. La Juventus si lecca le ferite, prestando inevitabilmente il fianco a domande e spunti di riflessione.

Muso troppo corto in Spagna?
L’origine dei mali di Champions, a parere di chi scrive, risiede in parte nella gara di andata. Gara che si era aperta nel migliore dei modi, con Vlahović in gol prima che il primo giro di lancette si completasse sul cronomentro del tedesco Siebert. Da lì, però, allo stadio della Ceramica di Juventus se ne è vista pochina: con un Villarreal palesemente in difficoltà, soprattutto in alcune fasi del primo tempo, i bianconeri non sono andati oltre un paio di contropiedi mal gestiti facendosi andare bene un 1-0 giusto ma striminzito.

Come se non valesse la pena, date le difficoltà dei locali, di cercare di mettere al tappeto il Villarreal con un gol del 2-0 che sembrava nelle corde degli ospiti; come se, anche fosse arrivato l’1-1, il gol in trasferta valesse ancora doppio e a Torino si potesse giocare per lo 0-0. Per gettare al vento un gol di vantaggio, basta poco: basta una dormita del solitamente ottimo de Ligt, con Parejo bravo a infilare l’1-1 che spegne le velleità di una Juve “corto musista” come al solito. Un pari in Spagna non è mai roba da buttar via; il retrogusto, però, è più quello dell’occasione persa. E suo malgrado, la Juventus se ne renderà amaramente conto a Torino.

Senza benzina, senza idee. O senza entrambe?
Detto del pari di Villarreal, a Torino la Juventus approccia bene la gara e nel primo tempo meriterebbe di trovare il vantaggio: sfortuna e polveri bagnate, però, costringono la Juve allo 0-0. Pur non facendo faville, infatti, i ragazzi di Allegri si fanno preferire al Villarreal; lo stesso non può dirsi della ripresa dei bianconeri. Allegri rivendica 75 minuti ottimamente disputati, ma nel secondo tempo di calcio giocato se ne vede davvero poco. Per 30 minuti (quelli che precedono il gol del Villarreal) si assiste a un giro palla lento, orizzontale, sterile e senza intensità: troppo poco per spaventare Rulli e l’attenta difesa a 5 degli ospiti, in assenza di un’individualità capace di estrarre il coniglio dal cilindro. Come per il punto precedente, una condotta di gara simile non può che lasciare in dote una serie di rimpianti e punti interrogativi; se non altro, volti a capire quale fosse il piano di gara preparato dai bianconeri nei secondi 45 minuti.

Cambi tardivi
Dybala, Bernardeschi e Kean in campo tutti dopo il vantaggio ospite. Perché? Che i primi due non fossero in condizioni ottimali era noto, ma la presenza in panchina di entrambi induceva a considerarli arruolabili almeno per una porzione di gara. Vero, i supplementari erano una possibilità concreta. Ma perché non rischiare almeno uno dei due qualche minuto prima che lo psicodramma torinese andasse in scena? Perché non gettare Dybala o Bernardeschi in cambio qualche minuto prima, in soccorso di una Juventus in totale crisi di idee e di gioco? Come sottolineato nel paragrafo precedente, la piatta Juve del secondo tempo aveva come il pane bisogno di un calciatore capace di “tentare la giocata” facendo saltare il banco. La rinuncia prolungata a Dybala e Bernardeschi per un così lungo tratto della gara (nonostante il “rischio supplementari”) è l’ennesimo punto di domanda della nefasta serata torinese; a meno, appunto, di razionali non noti agli occhi degli osservatori esterni. A meno che, con troppo anticipo, in casa Juventus non si pensasse ai tempi supplementari.

Al tappeto
L’episodio Rugani-Coquelin non è, purtroppo, solo un episodio. E’, suo malgrado, la pietra tombale sulla Champions League della Juventus. Vero, il colpo è duro: per il momento della gara in cui arriva (minuto 78) e per le modalità con cui premia un Villarreal che definire “cortomusista” è davvero un eufemismo. Quello che fa rumore per davvero, però, è come l’episodio avverso cancelli la Juventus dal campo. Al rigore di Gerard Moreno, infatti, non segue il tentativo di rimonta di una squadra che a disposizione ha comunque circa 15 minuti. Segue il collasso su sè stessa di una squadra che il Campionato segnalava in risalita e che, invece, si sbriciola finendo per registrare una sconfitta epocale. Vero è anche che ad Allegri gli alibi non mancano (su tutti l’assenza di calibri come Bonucci, Chiellini, Dybala, Chiesa) ma, pur se debilitata, una Vecchia Signora cosi fragile e senza personalità non può non impressionare. Finendo per scrivere il quarto e ultimo quesito di una notte che sembrava dover designare la scheggia impazzita di questa Champions League e, invece, si rivela genitrice di incubi per Madama e i suoi sostenitori.

Quali che siano le risposte alle domande di cui sopra, la vera sfida per Allegri arriva ora: aiutare la squadra ad archiviare in fretta una notte da incubi, cercando di ridurre al minimo gli strascichi a una Juventus che non può permettersi passi falsi in ottica 4/o posto. Anche perché, di certo, l’ennesima delusione europea lascia in casa Juve un amaro in bocca che da Andrea Agnelli in giù alla Continassa hanno tutti voglia di lavarsi. Presentandosi, magari, alla prossima Champions League con una squadra all’altezza delle Juve “che furono”, magari anche grazie alla lezione impartita dal Villarreal: chi di corto muso ferisce, talvolta, di corto muso perisce.

Michael Anthony D'Costa
Michael Anthony D'Costa
Nato a Roma nel 1989, si avvicina al calcio grazie all’arte sciorinata sui campi da Zidane. Nostalgico del “calcio di una volta”, non ama il tiki-taka, i corner corti e il portiere-libero.

MondoPallone Racconta… Eto’o e gli africani d’annata

Poche settimane fa è sbarcato in Italia, per la seconda volta, Samuel Eto'o. L'attaccante camerunese è solo l'ultimo di un gruppo, quello di calciatori africani non...
error: Content is protected !!