Nessuna Joya

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La partita di ieri sera contro l’Atletico Madrid ci ha regalato una nuova, meravigliosa serata targata Paulo Dybala. Sarri lo ha esaltato anche in conferenza stampa, mentre il popolo juventino ha potuto riabbracciare la propria “Joya”, che dopo mesi difficili si è ripreso in mano la squadra, tornando il protagonista meritevole di quel “10” sulla schiena così importante per la storia bianconera.

Tanti applausi e complimenti, che improvvisamente hanno rischiato di trasformarsi in un silenzio imbarazzante nel momento finale dell’esultanza: Dybala si rivolge alla panchina e saluta Demiral con il gesto militare. Proprio quello che, solo qualche settimana fa, il difensore ex Sassuolo rivolgeva assieme a tutti i compagni della Nazionale turca durante le gare delle qualificazioni agli Europei per mostrare il proprio sostegno al governo Erdoğan nel momento in cui veniva lanciato la missione militare contro i curdi (ripetuto, drammaticamente, anche da una squadra giovanile in Belgio, come vi avevamo già raccontato).

A fine partita, Dybala ha provato a gettare acqua sul fuoco, mettendola sul ridere. “Era solo uno scherzo”, ha commentato, quasi a volerci dire che non è il caso di prenderci troppo sul serio. Ma quel gesto, in questo momento storico e davanti alle televisioni di tutto il mondo in una notte di Champions League, pesa molto, ben di più di un semplice atto di goliardia. E che, invece, andrebbe preso molto seriamente.

Anche perché Demiral, che quest’anno è sceso in campo soltanto una volta nonostante le ampie aspettative di inizio stagione, non è un semplice compagno di squadra. E’ uno dei giocatori che si è maggiormente esposto sul piano politico per il sostegno a Erdoğan, dentro e fuori dal campo, creando non pochi imbarazzi in casa Juventus, ed è finito per ritrovarsi isolato nelle scelte tattiche di Sarri, anche a causa degli infortuni. Ma il messaggio che arriva è chiaro: Dybala e lo spogliatoio sono con lui, a prescindere dalla questione politica emersa. E quel saluto, preso con così tanta ironia, sembra poter assumere contorni del tutto differenti.

Ma l’atto resta drammaticamente ingenuo e non basta una risata per cancellarne i possibili danni. Quel saluto militare racconta molto di più di una classica esultanza in campo. Non è la mitragliatrice di Batistuta o il colpo con l’arco, ma è un gesto che, quando contestualizzato, si impregna di messaggi politici di solidarietà a un governo sanguinario, autore di una delle repressioni più silenziose e pericolose al mondo, a pochi passi da noi. Racconta di una triste storia di sostegno internazionale (più o meno obbligato) da parte di personaggi pubblici come dei calciatori a una guerra contro un popolo che ha fatto indignare quasi tutti gli Stati.

Per questo motivo, il saluto imitato con tanta ironia e leggerezza da Dybala deve farci preoccupare. Il mondo del calcio ha un peso politico importante, ma di cui non riesce a essere del tutto consapevole, a maggior ragione in una serata in cui i riflettori di tutte le televisioni sono puntati addosso. In questo autunno così delicato e tragico, non si riesce proprio a chiudere con una risata dopo quel gesto. Non dopo aver visto gli occhi dei giocatori turchi mentre esultavano davanti ai propri tifosi, mentre fuori si consumava l’ennesima, drammatica guerra verso una minoranza etnica. E una meravigliosa punizione, accompagnata da un’esultanza che si poteva evitare, non può farcelo dimenticare.

 

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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