Brasile 2014, il personaggio: Bastian Schweinsteiger

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Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal rettangolo di gioco, fino a oggi 14 luglio: durante tutti i Mondiali vi abbiamo regalato quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Nell’ultima puntata è il turno di Bastian Schweinsteiger, roccioso centrocampista della Germania, neocampione del mondo.

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È stata una partita vera, pure se a tratti noiosa. Le occasioni migliori, lungo la gran parte dei tempi regolamentari, sono state di marca sudamericana. Argentina che passa in vantaggio per prima, e ci rimane giusto per dieci secondi: il fuorigioco è giusto, ci mostrano le telecamere. Poi è un po’ un festival del braccino corto, anzi della gambina: errori di Higuaín, Palacio e chi più ne ha più ne metta. Un po’ si sente la pressione, un po’ si sentono le troppe partite giocate lungo una stagione estenuante.

Forse Tévez quei gol li avrebbe segnati: è qualcosa di più che un’eventualità. Ma non c’è la controprova che, con Tévez in campo, l’Argentina sarebbe arrivata in finale (magari avrebbe tirato il primo rigore con gli olandesi, scagliandolo a lato). Non c’è neanche la controprova che con Di María sarebbe andata meglio (anzi: visto quanto è durata, è stato meglio non sfidare la sorte).

Quello che c’è, è un parallelismo: Brehme nel 1990 trasforma il rigore a cinque minuti dalla fine, stavolta la beffa arriva due minuti prima (ma nei supplementari). Come la sensazione che manchi sempre un soldo per fare una lira. Stesse maglie (Argentina “in trasferta”), stesso destino. Sabella inventa una squadra quadrata, che di rimessa riesce a impensierire i tedeschi; ma alla fine la luce (Messi) non si accende mai. Di là, una vera stella non c’è: tutti e nessuno.

Avesse vinto l’Argentina, probabilmente avremmo parlato di Mascherano; con la Germania, i candidati erano pure troppi (Löw, terminale di un progetto lungo dieci anni; Neuer, il neoportiere del 21esimo secolo; Lahm, il capitano tuttofare; Klose, record e vittoria e addio; o il suo sostituto Götze, ragazzo giusto al posto giusto, per una staffetta generazionale). Scegliamo però di premiare chi, nell’arco dei 120 minuti, è stato più presente, ne ha più prese e ne ha più date.

Quindi Bastian: è stato bello che l’Argentina abbia tenuto testa per 113 minuti, tante occasioni sprecate, ma tanti rientri e tanti anticipi di Schweinsteiger sono stati provvidenziali. Le ripartenze argentine mettevano paura, ma a reggere l’urto e fare da bastione c’era lui.

Trenta anni tra meno di un mese, calciatore tedesco dell’anno nel 2013, ha di fronte a sé ancora un altro mondiale: se 108 presenze e 23 gol vi sembrano pochi, ieri in campo ha dato tutto… anche il sangue. Parrebbe aver messo la testa a posto, rispetto a quattro anni fa. Possiamo scherzare quanto vogliamo sul suo cognome (Schweinsteiger: cavalcatore di maiali), non sul suo valore. Né sul suo nuovo titolo: campione del mondo.

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Puntate precedenti

13 giugno – Stipe Pletikosa
14 giugno – Stefano Bizzotto
15 giugno – Gary Lewin
16 giugno – il sorteggio
17 giugno – Pepe
18 giugno – Guillermo Ochoa
19 giugno – Iker Casillas
20 giugno – Roy Hodgson
21 giugno – Giorgio Chiellini
22 giugno – Miroslav Klose
23 giugno – Fabio Capello
24 giugno – il parrucchiere (di Neymar)
25 giugno – Cesare… Maldini
26 giugno – l’esprit de l’escalier
27 giugno – Claudio Sulser
28 giugno – lo psicologo dimissionario
29 giugno – Mauricio Pinilla
30 giugno – Arjen Robben
1° luglio – Thomas Müller
2 luglio – Mario Ferri
3 luglio – Jürgen Klinsmann
4 luglio – Dunga
5 luglio – Neymar
6 luglio – Tim Krul
7 luglio – Ángel Di María
8 luglio – Alfredo Di Stéfano
9 luglio – Luiz Felipe Scolari
10 luglio – Sergio Romero
11 luglio – Louis van Gaal
12 luglio – Nicola Rizzoli
13 luglio – il Cristo Redentore

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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