C’era un Mondiale: Francia ’98, la sfida tra Zidane e Ronaldo e Usa-Iran, “la madre di tutte le partite”

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Con il ritorno in Europa dei Mondiali, la Coppa del Mondo ritrovava un habitat più congeniale dopo l’esperienza promozionale statunitense, sulla cui riuscita tecnica avevano pesato orari di gioco e temperature elevate, oltre all’erba sintetica degli stadi del football americano.
Nel 1998 in Francia, per la prima volta, si sperimentò l’allargamento a 32 squadre, ampliando la rappresentanza dei continenti. Debuttò al mondiale anche la regola del golden goal nei tempi supplementari, oggi abolita.

Durante i quattro anni di intervallo, molto era cambiato nel panorama calcistico mondiale, a cominciare dalla rappresentanza di campioni sulla ribalta principale. Romario, stella del Brasile ad Usa ’94, non venne nemmeno convocato, mentre Roberto Baggio guadagnò in extremis la chiamata nell’Italia di Cesare Maldini, dopo essere rinato calcisticamente al termine di una bella stagione giocata nel Bologna. Nel quadriennio, due giocatori in particolare avevano conquistato l’attenzione mondiale: Ronaldo, il “fenomeno” brasiliano dell’Inter e Zinedine Zidane, stella della Juventus e della Francia. Saranno loro i protagonisti assoluti dell’edizione.
Ronaldo, per la verità, aveva partecipato anche al mondiale americano, da diciottenne, tuttavia senza mai scendere in campo. Pallone d’oro nel 1997, Ronaldo in quegli anni sembrava destinato a diventare il numero uno di ogni epoca. In possesso di ottima tecnica, potenza e freddezza, rapidità d’esecuzione e senso del gol, era soprattutto il suo scatto folgorante a travolgere qualsiasi resistenza avversaria. Il combinato disposto di queste qualità si traduceva in valanghe di gol, come del resto Ronaldo già aveva dimostrato nelle esperienze giovanili in Olanda e Spagna.
Zinedine Zidane invece si era affermato più sottotraccia sul proscenio internazionale, ma alla fine con altrettanta veemenza: il franco algerino a Torino e non solo era riuscito nell’impresa di sostituire Platini nell’immaginario collettivo. Centrocampista in grado di padroneggiare l’intera manovra, forte fisicamente e maestro nel controllo di palla, dispensava assist e filtranti, quando non concludeva direttamente l’azione in prima persona. Nel 1998 vinse il Pallone d’Oro.

Ambedue i campioni si ritrovarono in finale, non senza difficoltà, visto che entrambe le formazioni superarono solo ai rigori alcuni avversari. Nel caso del Brasile, ne fece le spese l’Olanda di Seedorf. Nel caso della Francia, l’Italia di Cesare Maldini. Nella formazione azzurra militavano attaccanti eccezionali: da Vieri a Inzaghi e Chiesa, sino a Baggio e Del Piero. Proprio quest’ultimo, patì probabilmente la vicinanza di Baggio (oltre a un infortunio muscolare) e non rese ai livelli espressi nelle ultime stagioni. Nei quarti a Parigi, Roberto Baggio andò molto vicino, con una bella volée, al gol del vantaggio nei supplementari della sfida con i “blues”. Ma i sogni italiani si spensero per l’appunto ai rigori, dopo che il tiro di Gigi Di Biagio, uno dei migliori fino a quel momento, si stampò sulla traversa. In rosa, anche un giovanissimo Buffon. Otto anni dopo, a Berlino, sarebbe arrivata la rivincita.

Di partita in partita, al ritmo de ‘La Copa de la vida’, il tormentone di Ricky Martin che spopolò all’epoca, Zidane e Ronaldo arrivarono alla sfida conclusiva, che vissero in maniera ben differente. Ronaldo, l’arma in più di un Brasile che non era apparso a quei livelli stratosferici visti in altre edizioni, accusò un malore alla vigilia dell’incontro e fu ritrovato in preda alle convulsioni dal compagno di stanza Roberto Carlos. Si parlò molto di una crisi epilettica, ma a distanza di anni è emerso un referto che parla di crisi di origine cardiaca.

Giocò ugualmente, Ronaldo, ma senza incidere sul risultato. Zidane invece visse la finale da immenso campione, dapprima sbloccando il risultato e poi raddoppiando. Nel 3-0 finale, due gol su tre furono suoi. Alla fine della competizione, Ronaldo segnò 4 reti, Zidane 2, ma quelli più importanti. Capocannoniere dell’edizione fu il croato Suker, con 6 reti. Per l’Italia, segnarono 5 gol Vieri (come l’argentino Batistuta) e 2 Roberto Baggio.

Vinse una Francia che portava un’idea nuova di calcio, amalgamando al suo interno giocatori le cui radici affondavano nella confluenza di provenienze diverse, da Zidane e Djorkaeff, da Karembou a Lizarazu.

Ma un’altra partita acquistò rilevanza particolare, pur se con un significato più simbolico che legato alla posta in palio. Il sorteggio infatti contrappose nel medesimo girone USA e Iran, Paesi divisi da forti tensioni geopolitiche, le cui relazioni diplomatiche erano interrotte da oltre vent’anni. Non senza enfasi, la stampa più volte definì l’incontro come “la madre di tutte le partite”.

L’Iran era alla sua seconda apparizione mondiale, dopo quella del ’78, in cui aveva strappato un onorevole pareggio alla Scozia. In campo aveva il proprio miglior giocatore in Ali Daei, appena acquistato dal Bayern Monaco. Ancora oggi, dopo il ritiro, Ali Daei detiene il primato mondiale di gol segnati in campo internazionale da un calciatore, con 109 gol in 149 partite ufficiali. Gli Stati Uniti, invece, nel precedente mondiale ospitato in casa erano riusciti a raggiungere gli ottavi, dove furono superati dal Brasile.
A Lione, nonostante i preallarmi della vigilia, si giocò un match corretto, in cui alla fine prevalse l’Iran. Gli Usa dominarono inizialmente il gioco, creando numerose palle gol, ma subendo il contropiede avversario. Per non creare imbarazzi internazionali, l’arbitro negò un rigore a ciascuna squadra. Poi, fu l’iraniano Estili a sbloccare il risultato, con un colpo di testa al 40’. Nella ripresa, l’iraniano Mahadavikia, dopo un contropiede durato un’intera metà campo, siglò il raddoppio e solo nel finale l’americano Mc Bride fissò il punteggio sul 2-1. A Teheran, l’ayatollah Ali Khamenei riassunse il significato dell’incontro con un inequivocabile “Abbiamo battuto il Grande Satana”.

Al termine dell’incontro, i giocatori si scambiarono le magliette, in un gesto di grande fair play, forse condizionato anche dall’applicazione della ragion di stato.

Di seguito, il tabellino dell’incontro.

Stati Uniti: 18 Keller, 3 Pope, 5 Dooley (83′ Maisonneuve), 6 Regis, 13 Jones, 10 Ramos (57′ Stewart), 20 McBride, 21 Reyna, 2 Hejduk, 9 Moore, 7 Wegerle (57′ Preki).

Iran: 1 Abedzadeh, 20 Pashazadeh, 2 Mahdavikia, 6 Bagheri, 9 Estili, 4 Kakpour, 17 Zarincheh (78′ Sadavi Sad), 14 Mohammadkhani (76′ Peyravani), 21 Minavand, 10 Ali Daei, 11 Azizi (74′ Mansourian).

Arbitro: Meier (Svizzera)
Reti: 40′ Estili, 84′ Mahdavikia, 87′ McBride
Ammoniti: Minavand, Regis, Zarincheh
Qui, il video della gara

Leggi anche le precedenti puntate di “C’era un Mondiale”:

1 Camerun – Colombia e i colori di Italia 90;
2 Uruguay 1930 e il primo gol della Coppa del Mondo;
3 Corea e Giappone 2002, un mondiale di… cose turche;
4 Germania 1974, “E tu dov’eri, quando segnò Sparwasser?”;
5 Italia 1934, il “Wunderteam” austriaco si arrende agli azzurri;
6 Cile 1962, il torneo di Garrincha. E di Masopust;
7 Francia 1938, la semifinale di Marsiglia e il bis dell’Italia;
8 Messico ’70, Italia-Germania 4-3 – “El partido del siglo”;
9 Argentina 1978, Olanda-Argentina e il palo che fece tremare i generali;
10 Brasile 1950, il Miracolo di Belo Horizonte. Gloria e tragedia di “Joe” Gaetjens;
11 Messico ’86, la breve favola della Danimarca;
12 Svizzera 1954, la battaglia di Berna e la Grande Ungheria, prima della disfatta;
13 Spagna 1982, la notte di Siviglia e l’uscita di Schumacher su Battiston

Paolo Chichierchia
Paolo Chichierchia
Nasce nel 1972 a Roma, dove vive, lavora e tifa Fiorentina. Come Eduardo Galeano, ritiene che per spiegare a un bambino cosa sia la felicità, il miglior modo sia dargli un pallone per farlo giocare.

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