C’era un Mondiale: Messico ’86, la breve favola della Danimarca

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A sedici anni dal mondiale del 1970, il Messico si vide nuovamente assegnare l’organizzazione della competizione nel 1986. Primo paese ad ospitare per due volte la Coppa, subentrò alla Colombia, quando le condizioni politiche del Paese resero necessario un cambio di destinazione.
Malgrado fosse stato colpito un anno prima da una serie di catastrofici terremoti, il Messico, anche grazie alla solidarietà internazionale, riuscì a mantenere l’impegno.

Fu il mondiale di Maradona. Gli undici tocchi con cui il fuoriclasse argentino realizzò contro l’Inghilterra quello che da molti viene definito come il gol più bello della storia del calcio, restano sicuramente l’immagine simbolica dell’edizione. E’ quello probabilmente il momento storico in cui Maradona assurge a livelli planetari, raggiunti prima solo da Pelé, e si consacra, almeno per molti, come miglior calciatore di ogni tempo.

L’Italia di Bearzot invece era arrivata alla fine di un ciclo, iniziato nel ’78 in Argentina, proseguito trionfalmente in Spagna nell’82 e terminato in Messico, per mano della Francia di Platini. Molte le analogie con il destino toccato al gruppo azzurro di Lippi in Sudafrica nel 2010, anche se l’Italia di Bearzot, sospinta dai gol di “Spillo” Altobelli e dai polmoni del giovane mediano dell’Avellino, Nando De Napoli, approdò almeno al secondo turno, superando la Corea del Sud con un faticoso 3-2 e pareggiando 1-1 con Bulgaria e Argentina.

A distinguersi in quell’edizione, seppure per un breve tratto di strada, fu una squadra ricca di talenti, che aveva già incantato l’Europa due anni prima, nel torneo continentale: la Danimarca allenata da Sepp Piontek.
Fautore di un gioco offensivo e mirato a sfruttar le caratteristiche dinamiche dei danesi, Piontek guardava al modello olandese e costruì la propria “linea rossa” in modo tale da valorizzare anche tatticamente i numerosi talenti della squadra. Giramondo come molti dei suoi giocatori, aveva precedentemente allenato la nazionale di Haiti, mentre a fine carriera lo troveremo addirittura sulla panchina della Groenlandia.
Quasi tutti i giocatori danesi militavano in campionati esteri e avevano notevole esperienza competitiva. Veterano della squadra era Allan Simonsen, ala guizzante, pallone d’oro nel 1977, quando militava nel Borussia Mönchengladbach. Fu lui a guidare la squadra nelle qualificazioni all’europeo dell’ ‘84, anche se poté disputare solo una partita nella competizione, a causa di una frattura occorsa nella prima partita. In quel torneo la Danimarca arrivò sino alle semifinali, superando per 5-0 la Jugoslavia, per 3-2 il Belgio (squadra molto temuta in quegli anni) e uscendo solo ai rigori in semifinale con la Spagna, per l’errore dal dischetto del proprio bomber Elkjaer, cui fece seguito per la Spagna la trasformazione della stella basca Sarabia.

Questa piccola divagazione, ci consente di apprezzare le credenziali con cui la Danimarca si presentò in Messico. Molti i nomi di spicco di quella generazione di talenti. il giovane “Michelino” Laudrup, acquistato dalla Juventus e lasciato per due stagioni alla Lazio, garantiva classe, dribbling, fantasia e talento. Accanto a lui, il possente centravanti Preben Larsen Elkjaer, vice pallone d’oro e trascinatore del miracoloso Verona campione d’Italia. Altro giocatore di militanza italiana era Berggreen, grintoso centrocampista di Pisa, Torino e Roma. Muscoli e classe per altri due centrocampisti: Molby e Lerby, mentre a guidare la difesa pensava Morten Olsen, dotato di ottima tecnica e carisma. Allan Simonsen figurava ancora in rosa nell’86, sebbene giocò poco anche in questa occasione. Curiosa caratteristica estetica, la Danimarca indossava una divisa rossa e bianca, suddivisa a metà, con pantaloncini rossi o bianchi. Colori indossati in massa, quando non erano a torso nudo, anche dai rooligans, l’allegra tifoseria al seguito, così denominata in antitesi ai violenti hooligans che in quel periodo funestavano le cronache dagli spalti.

L’esordio mondiale fu subito avvincente. Grazie ad una rete di Elkjaer, la Danimarca superò la Scozia. Ma il meglio doveva ancora arrivare. Tre giorni dopo, la Danimarca incontrò l’Uruguay, squadra con cui avrebbe dovuto contendersi, stando ai pronostici, il secondo posto valido per il passaggio del turno (dando per favorita la Germania Ovest). La partita si risolse in una memorabile goleada: 6-1 per i biancorossi.

Di seguito il tabellino:
Nezahualcoyotl, Estadio Neza ’86 – Danimarca-Uruguay 6-1
Reti: 11’ Elkjaer-Larsen , 41’ Lerby 45’ Francescoli rig. (U), 52’Laudrup, 69’ Elkjaer-Larsen, 79’Elkjaer-Larsen, 88’ Olsen.
Danimarca: Rasmussen, Busk, M. Olsen, I. Nielsen, Lerby (c), Andersen, Berggren, Bertelsen (57 Molby), Arnesen, Laudrup (81 J. Olsen), Elkjaer-Larsen
Uruguay: Alvez, Diogo, Acevedo, Gutierrez, Batista, Bossio, Saralegui, Santin, Francescoli, Alzamendi, Da Silva .
Arbitro: Marquez (Messico)
Qui, il video della gara

Nell’incontro successivo, contro i vicecampioni del mondo della Germania Ovest, la Danimarca rifilò un secco 2-0, che alla fine andò anche stretto alla squadra di Piontek. I pronostici erano saltati.

Gli ottavi di finale opposero la Danimarca alla Spagna di Butragueño. Dopo mezzora, Olsen portò in vantaggio la Danimarca. Ma a quel punto, forse per l’inesperienza dei danesi, forse per l’orgoglio delle furie rosse, la partita cambiò drasticamente. Butragueño salì in cattedra e approfittò con freddezza di ogni disattenzione difensiva danese, infilando ben quattro gol, intervallato da una marcatura di Goikoetxea. Così, con un drastico 5-1 finì la favola della Danimarca. Al Ct Piontek non rimase che recriminare contro la Fifa, poiché nella notte precedente all’incontro i tifosi spagnoli fecero un clamoroso baccano sotto l’albergo danese.

La Danimarca avrebbe dovuto aspettare l’Europeo del 1992 per una storica affermazione, quando furono ripescati pochi giorni prima della manifestazione al posto della Jugoslavia. Nella squadra del ’92 giocava il difensore Sivebaeck. Fu lui l’unico giocatore della squadra che aveva preso parte all’Europeo ’84 e al Mondiale ‘86.

Leggi anche le precedenti puntate di “C’era un Mondiale”:
1 Camerun – Colombia e i colori di Italia 90;
2 Uruguay 1930 e il primo gol della Coppa del Mondo;
3 Corea e Giappone 2002, un mondiale di… cose turche;
4 Germania 1974, “E tu dov’eri, quando segnò Sparwasser?”;
5 Italia 1934, il “Wunderteam” austriaco si arrende agli azzurri;
6 Cile 1962, il torneo di Garrincha. E di Masopust;
7 Francia 1938, la semifinale di Marsiglia e il bis dell’Italia;
8 Messico ’70, Italia-Germania 4-3 – “El partido del siglo”;
9 Argentina 1978, Olanda-Argentina e il palo che fece tremare i generali;
10 Brasile 1950, il Miracolo di Belo Horizonte. Gloria e tragedia di “Joe” Gaetjens.

Paolo Chichierchia
Paolo Chichierchia
Nasce nel 1972 a Roma, dove vive, lavora e tifa Fiorentina. Come Eduardo Galeano, ritiene che per spiegare a un bambino cosa sia la felicità, il miglior modo sia dargli un pallone per farlo giocare.

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