EUROTONFI – #22: Rudņevs sgambetta una Juve “imbattibile”

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Seconda competizione europea per club, per un decennio la Coppa UEFA ha avuto le sembianze della Coppa Italia: 8 vittorie, 10 finali, 4 “derby” in finale tra l’89 e il ’99 per il calcio tricolore, che in Coppa UEFA sprigionava lo strapotere di un Campionato all’epoca saldamente ai vertici del calcio continentale.
Nel nuovo Millennio, però, questo feeling si è bruscamente interrotto: da doppione della Coppa Italia, la Coppa UEFA si è tramutata in genitrice di amarezze e cocenti delusioni, che ci apprestiamo a raccontare nella speranza di vedere presto interrotto un digiuno divenuto oramai ventennale.

Come il biennio 2009-2011 sia stato di difficile digestione per i tifosi juventini abbiamo avuto già modo di discorrere; mentre nel maggio del 2010 i nerazzurri festeggiavano il Triplete nella storica notte di Madrid, i bianconeri si leccavano le ferite recate da una stagione tra le più disastrose della secolare storia juventina. Toccato il fondo, però, in casa Juventus proprio a maggio del 2010 si posavano i primi mattoni della rinascita: la nomina di Andrea Agnelli alla presidenza del club è la prima evidenza di ciò che sarebbe stato nel decennio successivo. Il primo anno di Agnelli non è però indimenticabile e, in Europa, la Juventus se possibile fa anche peggio della stagione precedente: i bianconeri, infatti, non superano il Girone di Europa League.

LA SQUADRA: JUVENTUS
Maggio del 2010, come anticipato, è il mese nel quale parte la rifondazione juventina. Andrea Agnelli si insedia nei quadri dirigenziali juventini e, fisiologicamente, assesta un restyling robusto al management di Madama: escono Alessio Secco, Renzo Castagnini, e Giampiero Boniperti mentre dalla stupefacente Sampdoria del 2009/2010 (4/a in Campionato) arrivano Giuseppe Marotta e il suo giovane braccio destro Fabio Paratici. Da Genova, sponda blucerchiata, arriva pure la guida tecnica: quella di Gigi Delneri rilanciatosi grazie all’eccellente stagione sulla panchina dei doriani.

Il primo calciomercato della nuova dirigenza juventina sarà numericamente molto robusto ma, a posteriori, in realtà in molti casi deludente. In entrata vestono la casacca bianconera con il compito di rialzare la Vecchia Signora un giovane Leonardo Bonucci, reduce dall’entusiasmante stagione barese, oltre a Miloš Krasić che molti paragonano a Pavel Nedved, Jorge Martínez e Pepe principali artefici rispettivamente delle fortune di Catania e Udinese. Da Liverpool arriva in prestito un Aquilani in cerca di riscatto come Fabio Quagliarella; tante occasioni a prezzo di saldo, da Storari a Traoré passando per Marco Motta, puntellano una squadra bisognosa di una corposa ristrutturazione.

Tante le movimentazioni anche in uscita: dopo oltre 300 presenze e quasi 200 reti saluta David Trezeguet, che si svincola accordandosi con l’Hércules neopromosso in Liga, così come Mauro Camoranesi che saluta Madama e vola in Germania allo Stoccarda (assieme a Christian Molinaro). Tra i contratti portati a scadenza anche quelli di Zebina, Cannavaro e Chimenti, mentre meno di un anno dopo Diego passa da stella ad esubero e viene rispedito in Germania (al Wolfsburg); assieme al brasiliano vengono congedati anche Poulsen, Almiron e Candreva cui non viene rinnovato il prestito dall’Udinese.

Rivoluzione è la parola che meglio si ritaglia sulla Juventus 2010/2011, sulla quale l’aspettativa è quella di poter cancellare gli incubi della stagione precedente. La squadra di Delneri è presto chiamata in campo, perché il 7/o posto in Campionato costringe i bianconeri ad esordire già a fine luglio in Europa League: senza patemi, ma senza nemmeno incantare, i bianconeri superano i modesti irlandesi dello Shamrock Rovers (2-0 in Irlanda con i gol di Amauri, 1-0 in casa griffato Del Piero) mentre il playoff di fine agosto vede la Juventus piegare a fatica lo Sturm Graz (2-1 allo scadere in Austria, 1-0 in casa con ancora Del Piero match-winner).

Un restyling che, dalla stanza dei bottoni alla rosa passando per la guida tecnica ha stravolto la compagine bianconera, fisiologicamente richiede alcune settimane di rodaggio: se ne rende conto sulla sua pelle Gigi Delneri, che alle prime uscite di Campionato mette insieme un punto in due partite a Bari (0-1) e con la Sampdoria (3-3). Non proprio l’esordio che si sperava in casa Juventus; è così che i bianconeri approcciano un girone di Europa League decisamente alla portata dei bianconeri, con Manchester City, Lech Poznań e Salisburgo.

LE AVVERSARIE: CITY, LECH POZNAN E SALISBURGO
L’urna dell’UEFA sembra tutto sommato clemente con la Juventus di Delneri. Il Girone A dell’Europa League, con City, Lech Poznań e Salisburgo infatti, sembra solo voler regalare una sfida assai affascinante con gli inglesi che (all’epoca) da poco hanno deciso di voler sfidare le grandi d’Inghilterra; se l’incrocio con il City è tutto da scrivere, austriaci e polacchi non sembrano poter ostacolare la corsa verso i Sedicesimi del duo anglo-italiano.

A strappar via dall’anonimato del calcio inglese il Manchester City è Thaksin Shinawatra, ma anche a causa dei problemi personali dell’ex-premier thailandese è con Mansur che il Man City entra nel Gotha del calcio mondiale. Grazie ai petroldollari i Citiziens diventano una superpotenza del calcio europeo e mondiale, pur se procedendo per gradi: gradi che passano anche per Roberto Mancini, che nel 2010/2011 è alla sua prima stagione “piena” alla guida degli Sky Blues.

Sul mercato gli Emiri non badano a spese: quasi 150 i milioni di euro investiti, per portare al City Kolarov, Boateng, Yaya Touré, David Silva e Balotelli. In uscita, roster e monte-ingaggi sono alleggeriti dagli addii, tra gli altri, di Robinho (Milan), Bellamy e Bojinov, tutti interpreti più o meno fortunati dei primi “City” dell’era moderna.

La rosa a disposizione di Mancini non sarà sterminata e portentosa come quella di Guardiola, ma il City 2010/2011 è una squadra niente male un po’ in tutti i reparti: da Kolo Touré e Kompany in difesa, da Yaya Touré e David Silva a centrocampo fino ad arrivare a un attacco farcito da Tévez, Balotelli ed Edin Džeko. Rimpasti così corposi e ripetuti negli anni, però, qualche problema di amalgama lo possono creare: se ne accorge Roberto Mancini che, nonostante un prestigioso 3-0 al Liverpool alla 2/a di Premier, nelle prime 4 di Campionato mette insieme solamente 5 punti e si ritrova sorprendentemente 8/o in Campionato con già 7 punti di ritardo dal Chelsea capolista a punteggio pieno.

Simile alla storia dei Citiziens, ovviamente in piccolo, è quella del Salisburgo. A stravolgere la storia moderna di quello che una volta era l’Austria Salisburgo è la Red Bull, che al club apporta un restyling così profondo da intaccare anche i colori sociali (da viola a biancorosso). Una “sliding doors” così radicale da indurre la parte di tifoseria più sentimentale ad abbandonare il club fondandone uno nuovo, lo Sportverein AustriaSalzburg oggi militante nelle serie inferiori austriache; i tifosi che rimangono, invece, assistono all’esponenziale crescita del club.

In un lustro la Red Bull investe oltre 40 milioni di euro, portando in panchina tra gli altri anche Trapattoni e Co Adriaanse; sul fronte tecnico vestono di biancorossi calciatori come Ivanschitz, Janko e Leitgeb. La campagna acquisti 2010/2011 porta in dote Joaquin Boghossian (7 M€ al Cerro Porteno) e Alana (dal Desportivo Brasil per 3,5 M €) ma i trasferimenti sono foraggiati anche dalle cessioni di Janko (7 M € dal Twente) e Tchoy per il quale il West Bromwich riconosce 3 milioni di euro agli austriaci.

Dopo aver conquistato il 3/o titolo della gestione Red Bull nel 2009/2010, il Salisburgo parte a singhiozzo nella stagione successiva. Dopo le prime 7 giornate di Bundes i biancorossi di Ricardo Moniz sono soli quarti in Campionato; in Europa il playoff di Champions League è ancora maledetto per il Salisburgo dopo l’inattesa eliminazione patita per mano dell’Hapoel Tel-Aviv (2-3 in Austria, 1-1 in Israele).

Come il Salisburgo, anche il Lech Poznań è Campione nazionale in carica. Guidati da Zieliński in panchinae da un giovane di nome Robert Lewandowski in campo i Ferrovieri chiudono davanti a tutti l’Ekstraklasa 2009/2010. La stagione roboante di Lewandowski non passa inosservata; la leggenda narra che il Genoa di Preziosi arrivò a un passo da un trasferimento che a posteriori sarebbe stato clamoroso, ma ad accaparrarsi i servigi di un cannoniere strepitoso saranno i tedeschi del Borussia Dortmund per poco meno di 5 milioni di euro.

A Poznań spetta a un altro giovane, il lettone Artjoms Rudņevs (acquistato per circa 600 mila euro dagli ungheresi dello Zalaegerszegi), il compito di non far rimpiangere Lewandowski: come vedremo, il neo-acquisto del Lech Poznań se la caverà egregiamente. A Poznań si riparte da Zieliński e da una squadra che oltre a Rudņevs ha in Arboleda in difesa, Murawski a centrocampo, Krivets, Štilić, e Peszko negli ultimi trenta metri ha i propri esponenti di spicco.

L’inizio di stagione per il Lech Poznań non è però esaltante: i Campioni di Polonia cadono in Supercoppa con il Jagiellonia, mentre in Champions League il cammino si ferma nel Terzo Turno Preliminare contro lo Sparta Praga (doppio 0-1) dopo aver eliminato l’Inter Baku. Retrocessa in Europa League, la compagine polacca si qualifica ai Gironi dopo aver eliminato il Dnipro Dnipropetrovsk; in Campionato le cose non vanno meglio, come testimonia il 7/o posto in Campionato al quale i ragazzi di Zieliński si collocano alla vigilia dell’affascinante ma complicatissimo viaggio in Europa League.

IL GIRONE 
La Juventus si tuffa in Europa League il 16 settembre del 2010, in quella che sembra essere una sfida agevole tra le mura amiche contro i polacchi del Lech Poznań. Delneri, che in Campionato è ancora alla ricerca di un identità, abbonda con il turn-over (in campo Manninger, Grygera, Legrottaglie, Sissoko e Lanzafame tra gli altri) e finisce per incoraggiare un Lech Poznań aggressivo e privo di timori reverenziali. Confusi e senza troppo ritmo partita nelle gambe i bianconeri regalano due gol con altrettante frittate difensive agli ospiti, che sorprendentemente si porta sul 2-0 a Torino. In gol, su rigore regalato da Melo e sfruttando una frittata della terza linea, va l’allora sconosciuto (ancora per poco) Rudņevs. A dir poco disorientata, la Juventus è riportata in carreggiata dall’improvvisato bomber Chiellini, che tra i due tempi trova le reti del 2-2. A una mezz’ora scarsa dal termine Del Piero tira fuori dal cilindro il coniglio, sotto forma di un sinistro imprendibile che completa la rimonta.

Tre punti in cascina? Nemmeno per sogno. A rompere le uova nel paniere ai torinesi quando la rimonta sembra condotta in porto è, ovviamente, lo scatenato Rudņevs che al 94′ mette a segno un gol se possibile forse più bello anche di quello di Del Piero.

Nel gelo dell’Olimpico, Juventus-Lech Poznań finisce 3-3 mentre nell’altra gara del girone il City si impone facilmente in Austria per 2-0 e si prepara, nella 2/a giornata di gare, ad ospitare proprio la Vecchia Signora.

Allertato dal blasone della gara, e dai due punti persi all’esordio, Delneri riduce sensibilmente il turn-over in vista della sfida del City of Manchester. In casa degli inglesi la Juve esce anche meglio dagli spogliatoi rispetto ai ragazzi di Mancini, e passa in vantaggio con la bella rasoiata di Iaquinta dalla distanza che beffa Hart. La Juventus si fa preferire per quasi un tempo, ma nel quarto d’ora finale i ragazzi di Mancini si destano e chiudono i bianconeri nella propria area di rigore fino a trovare il pari con Johnson che si infila tra le maglie della difesa bianconera e buca Manninger. Giusto l’1-1 di metà tempo, che sarà anche il risultato finale: nel secondo tempo succede poco o nulla a parte una traversa di Del Piero, e con il Lech Poznań vittorioso sul Salisburgo polacchi e inglesi condividono a quattro punti la vetta del Girone.

A questo punto, sembra arrivare la parte facile per i ragazzi di Delneri: la doppia sfida con il Salisburgo, fanalino di coda del Girone e messo al tappeto da City e Lech Poznań senza mai trovare la rete. Gara-1 è in Austria, dove vola una Juventus molle e imprecisa: il Salisburgo trova con Svento il primo gol nella competizione e sogna anche di centrare i tre punti, ma nella ripresa il subentrato Krasić scrive il terzo pari in altrettante uscite. Si pensa che il quattro non possa venir da sé, ma la Juventus che accoglie il Salisburgo fa se possibile ancora peggio: a Torino si assiste a una delle peggiori Juventus delneriane, che contro gli austriaci in porta non tira quasi mai e, fisiologicamente, non riesce ad andare oltre lo 0-0. Quattro punti in quattro partite per i bianconeri che, con City e Lech Poznań a 7 punti, in Polonia devono vincere per evitare l’eliminazione.

Poznań, 1 Dicembre 2010. La sfida tra i padroni di casa e la Juventus è un inatteso spareggio qualificazione al quale i polacchi arrivano con due risultati su tre. Anche per questo motivo Delneri scegli la miglior Juventus possibile: Bonucci e Chiellini proteggono Manninger, Krasić e Pepe agiscono sugli esterni mentre Del Piero e Iaquinta sono il tandem di coppia. Di fatto a essere improvvisati sono solo i due terzini, Camilleri e Traoré, mentre nel Lech Poznań dello spauracchio Rudņevs lo spartito è il solito 4-2-3-1: la variazione più rilevante nei Campioni di Polonia in carica è in panchina, con lo spagnolo Bakero da un mese subentrato a Zieliński.

Nel gelo di Polonia, e sotto una fitta nevicata, la qualificazione per la Juventus si mette subito in salita: è solo il 12′ quando, su un banale pallone perso dalla Juve, consegue un corner dal quale arriva l’1-0 dei locali. Il marcatore? Manco a dirlo, Artem Rudņevs. La reazione della Juventus c’è, ma è imprecisa: Krasić-Sissoko cestinano un’ottima occasione da rete, prima che Bonucci sugli sviluppi di un piazzato centri il portiere Kotorowski da un metro scarso. Iaquinta e Pepe sparano ancora a salve, in un primo tempo nel quale i bianconeri cercano di tornare in carreggiata; nella ripresa, invece, assai più marcate sono le difficoltà juventine nel creare occasioni da rete.

La Juventus è tenuta in vita dal clamoroso errore di Kikut, che grazia Manninger, ma un’occasione da gol enorme la cestina anche Del Piero di testa a venti minuti dal gong. Il pallone comincia a diventare di piombo per la Juve, che pure all’83’ trova il pari: è Iaquinta a fuggire in profondità e a riuscire con una rasoiata a ristabilire la parità. Il forcing finale dei bianconeri, alla ricerca del gol qualificazione, non sortisce gli effetti sperati: il quinto pari in altrettante uscite si traduce, incredibilmente, in un’eliminazione in favore proprio del Lech Poznań. Fatto trenta, una Juventus oramai eliminata, fa trentuno: con il City, all’ultima giornata, arriva il 6/o pari in quella che è virtualmente un’amichevole griffata dai centri di Giannetti e Jô.

…E POI?
La Juventus che naufraga in Europa a Poznań, in Italia trova al contrario gradualmente una propria dimensione; al rientro dalla Polonia, infatti, i bianconeri vincono 3-1 al Massimino di Catania consolidando il proprio 3/o posto in classifica a 6 lunghezze di ritardo dal Milan di Allegri. Suo malgrado, però, la stagione bianconera si tramuterà in un vero disastro con l’avvento dell’anno nuovo e con la frittata che prende forma in un giorno e una data ben precise: il 6 gennaio del 2011.

La Juve, che nell’ultima gara del 2010 era stata ripresa sull’1-1 dal Chievo al Bentegodi, naufraga nel lunch-match dell’Epifania con il Parma affondando 4-1 in casa sotto i colpi di Giovinco, ex dal dente avvelenato. La Formica Atomica guida gli scatenati Ducali, in una partita che però ai bianconeri mette in salita la follia di Felipe Melo che al 17′ perde la testa (per l’ennesima volta) e rifila un calcione a Paci, dopo che al 3′ del primo tempo Fabio Quagliarella (tra i migliori in stagione di quella Juventus) si rompe il crociato. I bianconeri di Delneri entrano nuovamente in una spirale senza via d’uscita, che sfocerà nel secondo 7/o posto consecutivo: Delneri saluta a fine anno, in favore di Antonio Conte che guiderà una rinascita tanto sospirata in casa juventina, inaugurando un’egemonia destinata a durare quasi un decennio.

Mancini chiuderà al 3/o posto la propria prima Premier “completa” sulla panchina del City, centrando però una deludente eliminazione agli Ottavi di Finale contro la Dinamo Kiev riuscendo a ribaltare solo a metà lo 0-2 subito in Ucraina; come per la Juventus, anche per il City avrà un finale da urlo la stagione successiva, con il titolo conquistato a valle della pazzesca rimonta con il Q.P.R. che porterà i Citiziens sul trono d’Inghilterra a oltre 40 anni di distanza dall’ultima volta. Al contrario, il Lech Poznań si impone 1-0 contro lo Sporting Braga nell’andata dei Sedicesimi ma è ribaltato per 2-0 dai portoghesi al ritorno, mentre in patria arriverà un 5/o posto finale in Campionato. Ultimo dei gironcino, il Salisburgo abdicherà in patria in favore del sorprendente Sturm Graz; una rarità, dall’avvento del gruppo Red Bull nella Bundesliga austriaca.

L’Europa League 2010/2011 la alza al cielo il Porto di André Villas-Boas. Lo Special Two corona un percorso europeo impressionante battendo 1-0 lo Sporting Braga grazie a un gol di Radamel Falcao. Malissimo, come spesso purtroppo in questa decade, le italiane: detto della Juventus, si fermano ai gironi anche Palermo (con CSKA Mosca, Sparta Praga e Losanna) e Sampdoria (PSV Eindhoven, Metalist Kharkiv e Debrecen), mentre il Napoli supera con un gol nel recupero dell’ultima giornata il group-stage (con Liverpool, Utrecht e Steaua Bucarest eliminata dai partenopei last-minute con un gol di Cavani) ma sbatte ai Sedicesimi sul Villarreal di Giuseppe Rossi.

EUROTONFI – L’Italia e la Coppa UEFA: ci eravamo tanto amati

Michael Anthony D'Costa
Michael Anthony D'Costa
Nato a Roma nel 1989, si avvicina al calcio grazie all’arte sciorinata sui campi da Zidane. Nostalgico del “calcio di una volta”, non ama il tiki-taka, i corner corti e il portiere-libero.

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