#Dioèmorto – Diego Maradona, patrimonio universale del calcio

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Diego Armando Maradona non è stato solo un giocatore di calcio, ma un uomo capace di unire e dividere. Non ci potrà mai essere unanimità nel definirlo il più grande: perché ci sarà sempre qualcuno che, giustamente (secondo il proprio metro di giudizio), farà notare che ce ne sono stati altri, prima, calcisticamente più grandi di lui. E siccome questi giudizi non potranno mai essere oggettivi, a questi livelli (parliamo di 4/5 giocatori della storia di questo gioco, non di più: ma forse sono già troppi 4, chissà) hanno ragione tutti.

Diego ha unito: perché nessun appassionato non potrà che dire che è stato un fuoriclasse. Alcuni di noi hanno avuto il privilegio d vederlo giocare dal vivo, altri si sono dovuti accontentare dei filmati o dei racconti dei padri o dei parenti nati una o due generazioni prima. La stampa sportiva, giustamente, verserà fiumi d’inchiostro per rievocarlo. Lo facciamo anche noi, naturalmente, ma con uno stile diverso.

Un aneddoto, un saluto, perché no anche un’analisi tecnica, un parere. Perché Diego è stato patrimonio universale del calcio. E, quindi, non poteva essere solo uno di noi, dal direttore al redattore di calcio estero, passando per i nostri rievocatori storici, a scriverne.

 

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Abbiamo avuto il privilegio di vederlo giocare dal vivo. Da avversario. Temuto, e quindi detestato. I fischi a San Siro, però, erano di paura: perché sapevi che avrebbe sempre potuto inventare qualcosa. Oggi lo diciamo: la festa scudetto dei partenopei, pur essendo tifosi avversari, ci emozionò tantissimo. Perché ci eravamo sempre chiesti cosa sarebbero stati in grado di fare i napoletani per festeggiare una vittoria del genere. Naturalmente, seppero stupirci. E fu bellissimo. (Silvano Pulga) 

“Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione” Prendo in prestito questa frase di “Amici Miei” perché Diego era questo: un genio assoluto, un fine interprete, il migliore che il calcio potesse desiderare. Semplicemente Maradona, del calcio, era l’essenza. (Simone Galli)

Diego è stato il sogno di un bambino, la meraviglia di un adulto e il risveglio di un anziano. È stata la follia che entra nella favola, il carisma che agita la rivoluzione. Il Sud e Napoli che gridano attenzione. Il D10S rotondo del mondo (e del calcio). (Roberto Tortora)

La complessità del Maradona uomo e calciatore si sintetizza nel palleggio libero, disinvolto sulle note di “Live is Life” prima del ritorno della semifinale di Coppa UEFA. La naturalezza, il genio, la capacità di rendere facile qualcosa di estremamente complicato, se non addirittura impossibile per molti, sono interamente raccolti in quella danza in mezzo al campo, con gli scarpini slacciati. È lì che il ricordo di Diego diventa eterno. (Francesco Moria)

Mi viene in mente il suo ultimo gol con l’Argentina, contro la Grecia a Usa ’94. Il suo urlo liberatorio, lo sguardo spiritato di chi sa cosa ha dovuto affrontare per essere lì. L’epilogo è stato amaro, Diego avrebbe meritato di chiudere con un altro trionfo. Gli resta però il bene che gli ha voluto e gli vorrà sempre la sua gente. Chi ama il calcio, non può non amare il suo D10S. Grazie Diego, luce inestinguibile del futbol. (Stefano Pantano)

Il mio primo ricordo di Maradona è un’amichevole allo stadio San Paolo contro l’Atletico Nacional de Medellin, finita 2 a 2. Ero giovanissimo e mio padre mi portò allo stadio a vedere il più forte giocatore di tutti i tempi. La sua prestazione non fu eccellente anche perché eravamo ormai ai titoli di coda col Napoli, ma negli occhi e nel cuore avevo le giocate che consentirono ai partenopei di vincere due scudetti che sono rimasti nella storia. Al di là delle vicende personali, ricorderò sempre un calciatore che ha saputo incarnare in modo perfetto un popolo che lo ha adorato fino alla venerazione, che lo ha amato come un figlio e che lo ha fatto diventare un simbolo. Una maglia azzurra che da oggi sarà sporcata da tante lacrime. Adios Diego, que tengas un buen viaje. (Stefano Pellone)

Impossibile costringere il suo talento in una frase, descrivere ciò che è stato per gli amanti del calcio. Maradona è quell’idolo che tuo papà ti ha raccontato quando eri piccolo, e con cui – se hai avuto la fortuna – ne hai condiviso la classe, guardandolo in tv. Maradona è eterno. Maradona è come i Beatles son stati per la musica. C’è la musica, poi ci sono i Beatles, su un livello diverso. Superiore? Sicuramente, ma soprattutto diverso. Maradona è stato Maradona: calcio nella sua essenza più pura, quasi incomprensibile per un profano. C’è la musica, poi ci sono i Beatles. C’è il calcio, poi c’è Maradona. (Alessio Milone)

Ricordo di averlo odiato da avversario a Italia 90. Ma avevo solo sette anni, che potevo saperne di odio? Poi, crescendo, quell’avversione è venuta meno, pian piano soppiantata dall’ammirazione, dall’accettazione del genio, dai brividi nel vederlo giocare, perfino dalla simpatia per quel campione “imperfetto”. Quel connubio tra l’eccellenza sul campo da calcio e la debolezza nella vita mi ha sempre affascinato, perché lo ha reso il campione alla portata di tutti, il punto di riferimento per la gente comune, il supereroe invincibile con i suoi punti deboli. Diego non c’è più fisicamente, ma quel che ha fatto resta. Per sempre. Buon viaggio Pibe de Oro. (Francesco Cucinotta)

I miei primi ricordi legati al calcio risalgono al Mondiale messicano del 1986. Quelle luci, quegli omini che correvano e rincorrevano un pallone dentro il mio televisore! Ero solo un piccolo bimbo, per me avvenne però la folgorazione con il gioco del calcio. E mi piace pensare che tu abbia contribuito, con il “tuo” Mondiale da fuoriclasse vinto con l’Argentina, ad accendere in me la scintilla per il gioco più bello del mondo. Come tutti gli eroi dannati, confidavo che anche questa volta avresti fregato il destino. Magari con una delle tue caratteristiche espressioni, che ti hanno reso unico. Come il tuo genio, resterai eterno. AD10S, Mito. (Fabio Ornano)

Mi ha sempre impressionato il legame tra Maradona e Napoli. Sotto l’ombra del Vesuvio El Pibe de Oro è divenuto un condottiero per una città in cerca di riscatto, un calciatore giunto da una terra lontana e venerato come un Dio per le sue gesta e il talento, ma anche per non aver dimenticato le sue umili origini. Con lui sono arrivati due Scudetti e la conquista della Coppa UEFA in Germania, terra di immigrazione per molti italiani. Il San Paolo ha trovato persino difficoltà a tifare contro l’Argentina in quella semifinale del 1990, perché Napoli ha voluto bene e ne vorrà ancora a Diego e la gratitudine verso questo grande campione sarà eterna. Il numero dieci cela un qualcosa di divino ed è il numero perfetto. Il numero Dieci è Diego Armando Maradona. (Elia Modugno)

Se ne è andato il Calcio. Punto. Inutile andare avanti a scrivere parole che sembrerebbero essere solo ridondanti. Basta una lettera maiuscola per enfatizzare la sua grandezza. Un gesto semplice, come era semplice dribblare tutta l’Inghilterra o beffare Tacconi con una punizione che ridicolizzò le leggi fisiche del moto parabolico. Semplice per lui, solo per lui, ovviamente. Mi colpisce come ha attraversato i tempi e le epoche. Ancora oggi, nelle partitelle dei bimbi che non l’hanno mai visto giocare (e forse, neanche i loro padri), quando un ragazzino si innamora della palla, gli urlano: passala, non sei mica Maradona. Mica Messi o Ronaldo. (Giuseppe Pucciarelli)

La grandezza di Maradona, nel bene e nel male, la si legge negli occhi di chi come me non ha avuto la fortuna di vederlo giocare ma è rimasto comunque sgomento nel sentirne annunciare la morte; Pelé e Maradona, questi i primi nomi che a tutti, indistintamente, affiorano alla mente quando pronunciamo la parola “calcio”.
La grandezza di Maradona, nel bene e nel male, la si percepisce nella difficoltà di tanti, stamattina, nel dare senso compiuto alla frase “Maradona è morto”; come se, nonostante una vita nella quale gli eccessi non sono mancati, un fatto del genere non potesse comunque accadere.
La grandezza di Maradona, a pieno titolo nella ristretta cerchia di artisti capaci di elevarsi da idoli a icone, è descritta al meglio da qualcosa di diverso dalle arcinote incredibili gesta sul campo; mi viene in mente quanto succede tra amici, quando giocando a pallone uno si improvvisa fenomeno e scherzosamente gli si dice: “Eccolo oh, è arrivato Maradona!”. (Michael Anthony D’Costa)

Maradona e il numero dieci, un connubio perfetto: l’argentino è stato un mito ben oltre il semplice campo di calcio ed è stato un uomo che ha vissuto ben più di una sola e semplice vita. Dieci come i comandamenti che iniziano con il non nominare il suo nome invano, dieci come il minuto nel secondo tempo del gol più bello della storia del calcio, dieci formato dallo zero, ovvero un cerchio che ha chiuso andando in cielo. Semplicemente il più forte di tutti e di tutto: grazie per essere stato esattamente Maradona in ogni occasione. (Rodella Alessandro)

Redazione
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