Comincia la stagione di calcio in Tagikistan, dove il Coronavirus viene negato

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L’emergenza Coronavirus ha ormai fermato quasi tutto il mondo, anche sul piano sportivo. Ma mentre l’elenco dei Paesi toccati dai primi casi di contagio continua crescere ogni giorno, altri Stati continuano per la propria strada, negando qualsiasi caso o decesso legato al Covid-19 e facendo proseguire la vita della società come se nulla fosse. Un discorso che riguarda inevitabilmente anche quello dello sport e, in questo caso, del calcio. In questi giorni, si è parlato tanto soprattutto del caso della Bielorussia che, in linea alle scelte politiche del Presidente Lukashenko, ha fatto cominciare qualche settimana fa il campionato come se nulla fosse, persino a porte aperte: per l’autoritario presidente bielorusso il Coronavirus non esiste e i dati ufficiali del Ministro della Sanità parlano di appena 157 casi accertati e un deceduto. Numeri assolutamente non in linea rispetto a quello che sta succedendo nei Paesi confinanti.

La stessa strada del paese ex sovietico, però, è stata intrapresa anche più a Est, in un Paese dove un altro, feroce presidente controlla il potere da anni, dai tempi dell’uscita dall’URSS: il Tagikistan. Dal 1994, il Paese è guidato da Rahmon Emomali, in un governo che Human Rights Watch ha definito a tutti gli effetti una dittatura: l’organizzazione internazionale denuncia ormai da anni le ingiuste incarcerazioni di dissidenti politici, attivisti, giornalisti sulla base di motivazioni esclusivamente politiche, e anche omosessuali, sopprimendo qualsiasi forma di libertà di espressione, associazione e religione.

A differenza di tutto il resto del mondo, il Tagikistan ha negato l’esistenza di casi di Coronavirus nel territorio nazionale e la vita sta proseguendo quasi regolarmente. Totalmente in controtendenza, tra l’altro, con i Paesi di quella zona, che hanno invece denunciato già da tempo i primi casi di contagio. Nessuna quarantena (se non parziale nel mese di marzo di circa 5500 persone, molte provenienti dall’estero), dunque, con scuole e università che restano aperte e nessuna restrizione è stata posta negli ultimi giorni per eventi pubblici. Per di più, per tutto marzo, nonostante gli appelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si sono svolte pubbliche celebrazioni per festeggiare le vacanze di primavera di Navruz, con persino un evento che si è tenuto nella città di Khujand e che ha attratto 12 mila persone.

Una situazione che diventa ancora più delicata se si considera che il Tagikistan è attualmente uno dei paesi più poveri tra quelli che hanno fatto parte dell’Unione Sovietica. Alcuni medici che hanno lavorato qui in passato hanno già mostrato quali disastri potrebbe provocare lo scoppio di una simile epidemia in un Paese che non ha un numero sufficiente di letti, respiratori, medicine e medici esperti negli ospedali.

Ma il governo, per il momento, non cambia rotta e da domani anche la stagione calcistica prenderà il via, seguendo l’esempio del basket, ancora pienamente operativo. E così, si parte con la Supercoppa, con l’Istiklol (super potenza del campionato e reduce da 6 titoli consecutivi, ma anche il club fondato da uno dei figli del presidente Rahmon, Rustam Emomali, che oggi è pure Presidente della Federcalcio) che affronterà il Khujand, mentre domenica si avvierà il campionato vero e proprio con la prima giornata. Quantomeno, il governo ha pensato di prendere un’unica precauzione: giocare a porte chiuse.

Nella Federcalcio, qualcuno avrebbe anche ammesso di sperare in una crescita di popolarità del campionato nelle prossime settimane, tanto da essersi messi a disposizione per trattare degli accordi per trasmettere le gare in altri Stati. Puri interessi economici che ancora una volta potrebbero scavalcare i diritti umani e la salute dei cittadini. E di voci dissidenti non è nemmeno possibile sentirne. Sono gli stessi allenatori delle squadre che si presentano alla stampa supportando in pieno le scelte di governo: lo ha fatto l’allenatore del Khujand Nikola Lazarevic (“Supportiamo la decisione della Federcalcio di giocare, ma a porte chiuse, è così che noi proteggiamo la nostra salute”) e quello dell’Istiklol Vitaliy Levchenko (“Sapete che i campionati sono stati interrotti in quasi tutti i paesi a causa della pandemia del Coronavirus. Grazie a Dio, non ci sono casi in Tajikistan e la nuova stagione può cominciare”). Ma viene da chiedersi fino a quando potrà durare questo falso teatrino, degno delle peggiori dittature, mentre il Coronavirus stravolge le vite di quasi tutto il mondo.

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Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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