Il boomerang delle polemiche

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Non è bastata una prestazione convincente sotto molti punti di vista per spegnere il fuoco delle polemiche in casa Inter. L’uomo probabilmente più rappresentativo per quanto riguarda i nerazzurri, Mauro Icardi, continua la sua crociata personale contro quei tifosi che, dieci giorni fa, hanno gettato a terra la sua maglia dopo la sconfitta di Reggio Emilia. Un gesto inqualificabile e incoerente con quella che è sempre stata la linea dei supporter nerazzurri che, nella celebre notte in cui Messi si piegò per 3-1 a San Siro, condannarono alla cessione Mario Balotelli per un gesto molto simile e altrettanto plateale.

Il pubblico nerazzurro è sempre stato molto esigente verso i propri giocatori, anche nel periodo degli scudetti consecutivi. Così però si rischia soltanto di rovinare l’ottimo lavoro compiuto da Piero Ausilio, perché se già il futuro di Icardi nella squadra dai colori del cielo e della notte era in bilico a causa di un rinnovo che tardava sempre di più ad arrivare, adesso è molto probabile che l’argentino faccia le valigie anche qualora dovesse rinnovare il proprio contratto in scadenza nel 2018. I tifosi hanno l’assoluto diritto di criticare una prestazione da parte dei propri giocatori, perché non è accettabile che una squadra del calibro dell’Inter si comporti da perfetta provinciale lontano da San Siro, commettendo errori ingenui; ma la maglia no, quella non può essere buttata nemmeno in caso di retrocessione in Serie B, a maggior ragione considerato che, dopo l’esonero di Mazzarri, questo è diventato l’anno zero dell’Inter, un punto di partenza per un progetto che doveva e dovrebbe avere Mauro Icardi come protagonista numero uno al centro dell’attacco.

Se a 21 anni a farti la corte sono José Mourinho, Carlo Ancelotti, Diego Simeone e allenatori di questo calibro, nella testa di un giocatore è un attimo perdere il controllo della situazione. Vedi Paulo Dybala che, a detta del presidente Zamparini, sarebbe cambiato dopo la definitiva esplosione in maglia rosanero: almeno ufficialmente Icardi non ha mai detto di voler lasciare l’Inter e Milano, ma è indubbio che una situazione del genere non fa che alimentare i gossip di mercato, dopo che per mesi è stato al centro di vicende che col calcio avevano poco a che fare. Per il bene del ragazzo, onestamente, credo che dovrebbe fermarsi e riflettere su come cambierebbe la sua carriera lontano da Milano: è evidente che non sia ancora un fenomeno, perché per essere devi abbinare un buon gioco di squadra, un’ottima fase di costruzione e una finalizzazione letale. Penso ai vari Diego Costa, Mario Mandzukic o Robert Lewandowski, tutti campioni che davanti al portiere non sbagliano ma non disdegnano comunque di farsi vedere in fase di non possesso oppure a rendersi utili quando c’è da far salire il baricentro della propria squadra. Un altro paio di anni in Serie A potrebbe permettere all’argentino di limare quelle parti del gioco che ancora non sono perfette, prima di fare il grande salto in una big europea. Al momento Icardi ha dimostrato di avere un killer instinct da nove vero, quello di una volta, che non si fa pregare due volte e tendenzialmente butta il pallone alle spalle del portiere alla prima occasione. 22 gol in 44 partite in Serie A, per un giocatore classe 1993, sono numeri pazzeschi che migliorano ancora considerando Coppa Italia ed Europa League (27 in 53 partite); e molte di queste, Mauro, non le ha giocate per intero, soprattutto all’inizio della passata stagione quando Mazzarri, forse a causa di problemi fisici, lo utilizzava spesso come arma in più dalla panchina nella ripresa.
Come per ogni squadra in ricostruzione, l’Inter ha il dovere di tutelare i propri giovani in rampa di lancio e queste polemiche, alla fine, finiranno comunque per danneggiare la serenità e l’ambiente nerazzurro. Perché non esultare, per un attaccante che non sia Mario Balotelli, è un segnale di grande disagio e, qualora dovesse finire sul mercato, finirebbe per ridurre il prezzo di vendita e quindi la plusvalenza creata dal club di Erik Thohir. Uno scenario decisamente negativo per una squadra già sotto il mirino dell’UEFA e con pesanti buchi nel bilancio delle ultime stagioni.
Alessandro Lelli
Alessandro Lelli
Nato a Genova nel maggio 1992; è un appassionato di calcio, basket NBA e pallavolo (sport che ha praticato per molti anni). Frequenta la facoltà di Scienze Politiche, indirizzo amministrativo e gestionale.

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