La marcia dell’Italia verso EuroBasket 2017

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Dal 31 agosto al 17 settembre riflettori puntati su EuroBasket, organizzato congiuntamente da Finalndia, Israele, Romania e Turchia. 24 squadre al via e tanta carne al fuoco: l’ultimo Europeo a cadenza biennale, la corsa per scalzare la Spagna dal trono d’Europa, la curiosità e l’attesa per il nuovo sistema di qualificazione, presto a regime.

Sulla confusione che regna tra i massimi organi politico-cestistici internazionali ci siamo già espressi in passato. Idem sulla conseguente perplessità per il nuovo sistema, soprattutto nell’impatto su quelle nazionali formate in gran parte da giocatori di NBA ed Eurolega.
Non resta, allora, che parlare del presente: dopo l’ennesimo anno usurante in termini di fatica e calendario – i nostri playoff, per esempio, sono una maratona – staff e cestisti si misureranno per la quarantesima volta a livello continentale, chi con sulle gambe la fatica del basket europeo (campionato, Euroleague/Champions, Eurocup/FIBA Cup, ecc.) specie se spremuti dai coach dei rispettivi club, in barba alle parole d’ordine programmazione e rotazione sbandierate un’estate fa.
Non c’è soluzione di continuità: non ti fermi mai e giochi sempre, soprattutto nell’interminabile ritiro con la nazionale e la lunghissima sfilza di amichevoli. Utili a creare e cementare alchimie di squadra, meccanismi, intese; a inserire chi è al debutto, o chi di presenze ne ha centinaia ma magari ha saltato qualche appuntamento iridato, olimpico o europeo.

Non ci si ferma mai e non si è fermata la nostra Nazionale, sicuramente in cerca di qualcosa. Forse il riscatto dopo la delusione della generazione d’oro degli NBA, o un po’ di tranquillità dopo la questione-Gallinari, il pugno e l’infortunio. Ma anche di una medaglia che manca dal 2003 (Stoccolma) e di un exploit d’immagine necessario dopo gli anni bui: l’umiliazione di non essersi qualificati a Euro 2009 (ko con Ungheria e Bulgaria, non esattamente l’Unione Sovietica di Sabónis…), il 20/o posto (!) del 2011 o la delusione del Preolimpico 2016).
Serve un po’ di serenità, a un’Italia obbligata in passato a fare bene e tradita un po’ da tutti: dalle sue stelle trapiantate in Nord America come dai titolari del campionato italiano, dai presunti futuri crack/prime scelte NBA e da alcuni fiori mai sbocciati.

Copyright MondoSportivo / Matteo Portoghese
Copyright MondoSportivo / Matteo Portoghese

 

La certezza è che – , si è visto in questo percorso d’avvicinamento – l’attaccamento alla canotta azzurra c’è sempre. Né manca d’ambizione la FIP: dopo un big come Ettore Messina, la scelta di Meo Sacchetti – allenatore che col sul gioco spumeggiante ha scritto la storia recente del campionato – chiarisce gli intenti di una federazione che sull’ItalBasket punta tantissimo. Per risvegliare il movimento e buttar giù un po’ del malcontento sparso per lo Stivale con la continua riforma e instabilità dei campionati, la mancata competitività internazionale e l’incertezza (anche economico-strutturale) che ogni giorno prova chi fa pallacanestro di base. Chi spende ogni giorno in palestra.

La Nazionale, lungi dall’essere una vetrina e basta ma vero traino dell’intera Italia cestistica, può e deve guidare questa riscossa di movimento.
Un buon risultato a Tel Aviv e magari oltre può solo aiutare.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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