Decostruzione del “progetto”

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Qualcuno potrebbe pensare che sia colpa del calciomercato al tempo della crisi. Oppure del mercato al tempo della crisi. Oppure, ancora, della crisi. O anche, volendo, del calcio al tempo della crisi.

La realtà è che i motivi sono tutti validi, e che le alternative sono poche. Cioè: i modelli alternativi non esistono più. Non è tanto un discorso di pensiero unico, quanto di utilitarismo e di precarietà dei nostri modelli: nel senso che non esiste più un modello, e che il “progetto” di cui tutti si riempiono la bocca in realtà non è altro che l’improvvisazione, l’ondata emotiva del momento.

Non è facile, infatti, scorgere un disegno organizzato dietro alcuni organici e dietro certe trattative. (A volte, purtroppo, è facile scorgere il disegno occulto di determinati affari di mercato con determinate società sudamericane, ma questo è un discorso differente.) È come vendere mutui con un contratto precario: non importa a chi li vendi, perché da quanto successo avrai dipende il rinnovo del tuo contratto. Cioè: guadagnare oggi per sperare nel domani. Nessuna traccia di programmi.

E forse era anche per questo che, a Firenze, s’è sentito più di un borbottio a inizio estate: fallimenti a catena prima con un allenatore giovane come Siniša Mihajlović, poi con un sottovalutato come Delio Rossi, fine via anche Pantaleo Corvino: uno che le squadre le sa costruire, posto che gli si dia qualcosa più di un copeco per fare la squadra (ai tempi di Prandelli, pur senza spandere, ce ne ha regalate delle belle). Poi un mercato quadrato, anche se pieno di giocatori “a metà”, ancora indecisi se esplodere o meno.

Dai dubbi a quelle che sembravano certezze: un girone d’andata scintillante, tanto bel gioco e una classifica che finalmente, dopo qualche stagione di anonimato, torna a sorridere. Tutto a posto, tutti in pace con tutti? Insomma: Viviano (peraltro giocatore costruito in casa: era nelle giovanili viola quando, nell’estate 2002, la Fiorentina fallì) ha perso il posto in favore di Neto, si discute di mercato e di Roncaglia, si riesce persino ad arrivare alla ciliegina sulla torta, anzi, al gioiello “Pepito” Rossi.

Tutto questo dovrebbe essere la prova della ritrovata voglia dei Della Valle di puntare in alto; i risultati più recenti, però, non arridono (un punto in tre partite). E anche le motivazioni di questo calo vengono esposte in modo non sempre efficace: essere superiori conta decisamente meno che vincere. Bisognerebbe essere in grado di ammettere che la rosa, pur di qualità, ancora non è al livello giusto per tenere botta tutta la stagione, ma forse è meglio non dire una frase del genere a mercato aperto.

E come rubricare l’attuale mercato gestito dal Milan? È una coincidenza che nulla ha a che vedere con lo sport, ma non sarebbe la prima volta che si vedano sventolati grandi nomi a ridosso di appuntamenti elettorali; e soprattutto viene da chiedersi, con Stephan El Shaarawy a guidare persino l’attacco azzurro, che fine possa fare la politica dei giovani e dei bilanci in ordine, quando si parla dell’arrivo di Kaká (dal Real Madrid, che notoriamente i giocatori li foraggia a pane e acqua) e/o di Drogba (uno che è andato a giocare in Cina non certo per il rinomato nome delle sue compagini).

L’Inter, dopo lo scalpo prestigioso della Juventus, ha cominciato a mostrare la corda: un po’ troppo presto, e da metà dicembre viaggia a un punto a partita: troppo poco per riuscire a dare veramente fastidio, e troppo poco per puntare ai traguardi che contano (-9 dalla vetta, -4 dai preliminari di Champions). Anche qui: lavorare sui giovani è cosa buona e giusta, com’è giusto decidere di non sperperare più come prima; ma allora sfugge l’arrivo di Rocchi come rinforzo per l’attacco, per esempio. Un tempo sarebbe stato il rinforzo ideale per l’attacco del Siena, che gioca il campionato a rovescio.

La Roma, poi: l’inverno di Zeman non perdona, è rimasto costante nel tempo, perlomeno a certi livelli. Ma, per esempio, ignoro quale sia la progettualità di andare in America tre giorni prima della trasferta di Napoli, e i risultati si sono visti chiaramente. E dire che qui un barlume di progetto potrebbe essere nato davvero: il settore giovanile romanista è da anni uno dei più floridi del paese, e anche lo scouting internazionale non sembra disprezzabile (su Marquinhos, per dire, il Barcellona starebbe raccogliendo informazioni). Poi c’è Zeman: all’inizio Lamela ci aveva capito poco, poi l’unico capace di fermarlo è stato un infortunio; e anche Osvaldo (10 gol in una stagione, in Italia, non li aveva mai segnati) è rigenerato. Zeman, ottenuto Torosidis, tiene fermo il mercato in entrata, ma i dubbi sono due: il primo è dovuto al fatto che i giallorossi sono già fuori dai giochi (-10 dal terzo posto), il secondo è se, con questa situazione, sarà possibile trattenere un Pjanić ancora a lungo. (Per tacere dei discorsi su De Rossi.)

Alla fin fine, le uniche due squadre riuscite a non deludere alla distanza sono le due biancheazzurre che guardano (quasi) tutti dall’alto in basso. Lotito continua a fare scelte in controtendenza (Vlado Petković, oltre che un ottimo allenatore, rimane un uomo vero prestato al calcio); il Napoli si è affidato a un allenatore tutt’altro che simpatico, ma capace di spremere qualità da chiunque in qualunque momento o condizione, grazie anche alle scelte di un direttore sportivo come Riccardo Bigon, che fin qui è stato capace di puntellare via via la squadra in modo equilibrato e spendendo il giusto (sembra in arrivo il diciottenne Josip Radošević). Ma perplessità anche qui, perché l’asse Mazzarri-Bigon dovrebbe spezzarsi a fine stagione.

Il problema non è neanche il mercato, la crisi economica, il Milan o la Roma (potrei fare esempi persino in altri sport, ma non aggiungerebbero granché a quanto detto). La vera crisi è nelle idee. Nella capacità di inventarsi il mercato, il modulo, reinventare giocatori, costruire scuole di pensiero e scuole di studio. Le uniche costruzioni di cui si parla sono le cattedrali edilizie: a Bologna avevano Longo e Bagni, che avranno i loro limiti ma sanno costruire compagini competitive (e sanno scovare il Ramírez della situazione); adesso c’è la coppia Guaraldi-Zanzi, e l’unico progetto di cui si parla è quello del nuovo centro tecnico a Granarolo. Come se non sapessimo che ricette vecchie portano a minestre riscaldate, quando non direttamente al rancio, “ottimo e abbondante”. Ma non per me.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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