Van der Meyde si racconta: “Coca, rum, corse con Ibra…”

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E’ appena uscita la biografia di Andy Van der Meyde con la quale racconta, senza peli sulla lingua, i suoi vizi che hanno compromesso la sua carriera da calciatore. E’ arrivata, quindi, la risposta a chi si chiedeva: perché 65 presenze in 9 anni? L’olandese ex Inter parla, così, di rapporti con la moglie, del padre alcolizzato, delle corse automobilistiche con Ibra e di droga e alcol nella sua biografia “Geen genade”, nessuna pietà.

Tutto ha inizio dal suo cattivo rapporto con il padre, poi stroncato definitivamente, a causa dei problemi di alcolismo: “Mio padre era un alcolizzato e un giocatore incallito. Con lui ho rotto ogni rapporto, tanto che quando entrai nelle giovanili dell’Ajax chiesi di giocare con il cognome di mia madre. Mi dissero di no“. Poi il sogno si avvera, arriva la prima squadra: “L’Ajax è stata l’unica squadra in cui mi sono divertito. Legai con Ibrahimovic e Mido: si sfidavano in folli corse notturne sull’anello della A10 attorno ad Amsterdam. Zlatan aveva una Mercedes SL AMG, Mido alternava Ferrari e BMW Z8. Tomas Galasek invece mi iniziò alle sigarette”.

Dopo l’Ajax, ecco la parentesi italiana con l’Inter: Poi un giorno arriva l’offerta dell’Inter: 8 milioni. Accettai, nonostante l’allenatore, Ronald Koeman, non mi ritenesse ancora pronto per l’estero. Dopo una settimana a Milano, telefonai a David Endt implorandolo di riportarmi a casa. I soldi possono anche tenerseli, gli dissi. Mi consumava la nostalgia. Passare dall’Ajax all’Inter è come lasciare un negozio di paese per una multinazionale. Tutto estremamente professionale, un giro di soldi pazzesco, il presidente che dopo ogni vittoria allungava ai giocatori 50 mila euro a testa”. Un periodo sicuramente difficile per lui, quello di Milano, durante il quale iniziò ad avere seri problemi con l’alcool (una volta perse i sensi durante una conferenza stampa) e con la moglie zoofila: Avevo uno zoo nel giardino di casa: cavalli, cani, zebre, pappagalli, tartarughe. Dyana era la vera malata. Per lei rifiutai un trasferimento al Monaco: a Montecarlo ci sono solo appartamenti, mi disse, dove li mettiamo i nostri animali? Una sera scesi in garage, al buio, intravidi una sagoma imponente e udii suoni strani. Aveva comprato un cammello”.

Dopo Milano, ecco la parentesi a Liverpool (sponda Everton), anch’essa molto intensa: “All’Everton mi proposero uno stipendio di 37mila euro a settimana, più del doppio di quello che percepivo all’Inter. Ci andai di corsa. La prima cosa che feci fu comprare una Ferrari e andare a sbronzarmi al News Bar, uno dei locali più in voga di Liverpool. La mia giornata terminò in uno strip-club. Andavo pazzo per le spogliarelliste. Lì conobbi Lisa e me ne innamorai subito. Nel suo mondo bere e sniffare cocaina era una cosa all’ordine del giorno“. Nuovo amore che lo portò a rompere quello con Dyana, che lo fece pedinare: “Mi sarei preso a pugni in faccia quando mi elencò tutte le prove che aveva raccolto”. Quindi di nuovo l’alcool, e un nuovo curioso aneddoto: “Una volta passai una serata a gozzovigliare a Manchester, mi scolai un’intera bottiglia di rum e andai direttamente agli allenamenti. Ai test registrai il mio miglior tempo di sempre, ma non riuscii a nascondere la sbronza“.

Ed ecco che arriva anche la fine del periodo inglese, quando Van der Meyde “incontra” la cocaina: “Il tecnico Moyes pensava fossi un viziato, in realtà stavo accanto a Dolce, la bambina che avevo avuto da Lisa. Soffriva di una rara malattia all’intestino, è stata operata otto volte in due anni. Non volevo lasciarla sola. Ma ero fuori controllo; non riuscivo a dormire se non prendendo pillole. Era roba pesante, di quella da prendere con la prescrizione del medico. Quindi le rubavo dallo studio del medico del club. L’ho fatto per più di due anni. Poi è arrivata la cocaina, insieme a Bacardi, vino e feste in quantità. Capii che dovevo andarmene da Liverpool, o sarei morto“.

FINE DELLA CARRIERA: “Adesso voglio pensare ai ragazzi”. Tenta la sua ultima avventura in Olanda, nel PSV Eindhoven, ma si accorge che il professionismo non è più alla sua portata. Decide quindi di abbandonare il calcio giocato e di dedicarsi ai giovani: “Sono in attesa del quinto figlio, il secondo dalla mia attuale compagna, Melissa. Non sono milionario ma vivo meglio di prima. Col libro ho voluto chiudere un capitolo della mia vita. Adesso voglio allenare nelle giovanili. Dopo tutti gli errori che ho commesso, chi meglio di me può insegnare ai ragazzi come non sprecare il proprio talento?”

Cosmo Amendola
Cosmo Amendola
Nato a Gaeta nel 1988. Appassionato di (grande) calcio, ma anche di molti altri sport. Dopo aver calpestato svariati campi di terra ed erba, ha deciso di tentare la sua prima avventura in una redazione.

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