Quarti di finale di Champions: la Grande Bellezza italiana

-

La grande bellezza del calcio italiano, modellata come un vaso di ceramica tra le mani di Patrick Kulivert e Hamit Altintop. I nostri nuovi Patrick Swayze e Demi Moore calcistici. Il sorteggio dei quarti di finale della Champions League 2023 più intenso ed emozionante degli ultimi 17 anni. Certamente per noi, per l’Italia.

L’Inter ritorna in Portogallo, a sfidare un Benfica che gioca anche meglio del Porto e che già, da parte sua, ha fatto vedere i sorci verdi alla squadra di Simone Inzaghi. Lisbona ad Aprile emana una luce potente come una lampada al neon puntata in faccia durante un interrogatorio. L’estate entra di prepotenza con una stagione d’anticipo. Il vento scompiglia i capelli delle donne, come banderuole olimpiche, e trascina fuori dalle pasticcerie il profumo di pasteis de nata per le strade appese della città. I biglietti aerei, manco a dirlo, sono già a prezzi folli.

Dopo 33 anni Milan e Napoli, invece, s’incontreranno in un derby italiano pazzesco. E qui casca l’asino della letteratura calcistica. Diavoli e ciuccio di nuovo contro in un turno a/r: non succedeva dalla semifinale di Coppa Italia 1990. A quell’epoca, la gara d’andata si giocò nei gelidi “giorni della merla”: era il 31 gennaio. Sul ghiacciato manto “poco erboso” e molto fangoso del Meazza la partita finisce 0-0. Il 14 febbraio, invece, il San Valentino lo festeggiano i rossoneri che, sempre in pieno inverno, passeggiano al San Paolo 3-1 con doppietta di Massaro e gol di Van Basten su rigore. Per il Napoli, la solita firma di Maradona, sempre dal dischetto. Un uomo che, trent’anni dopo, sarebbe diventato egli stesso stadio. Suo malgrado. In finale, però, sarebbero stati Roberto Galia e la Juventus a festeggiare e ad alzare la coppa. Tra i due litiganti godè il terzo.

Sul palcoscenico europeo, a due passi dalla finale, Milan contro Napoli è qualcosa di bellissimo, a 360 gradi. A prescindere da come finirà. Un’occasione per mostrare all’Europa la bellezza dell’Italia intera, da Nord a Sud, e di un calcio italiano sì malaticcio, ma che ogni tanto tira su la testa. Una chance di riscatto per la città di Napoli, questa volta innocente, ma vittima del vandalismo tedesco firmato Eintracht Francoforte.

L’aria di primavera sui Navigli scopre le bellezze delle donne a passeggio e risveglia dal letargo l’ormone degli uomini. Gli aperitivi all’aperto al Bar Bianco di Parco Sempione e sui rooftop fighetti del centro non si contano più. Il “fuorisalone” è la discoteca a cielo aperto dove tutto il mondo si ritrova e dove tutto può succedere L’effetto che ha, 800km circa più a sud, è invece riverberato da un’altra luce, quella del tramonto sul Vesuvio, visto dal belvedere della Chiesa di Sant’Antonio a Posillipo. Uno scenario mozzafiato da proposte di matrimonio, composizione di canzoni e poesie, di canti e balli che scendono giù, dentro al cuore dei vicoli dei Quarteri spagnoli. Notte di sogni, insomma, di amori, di coppe e di campioni.

Da queste due sfide usciranno le due squadre che si affronteranno poi in semifinale. Le combinazioni sono semplici. O sarà di nuovo derby meneghino (Inter-Milan) o italiano (Inter-Napoli) o sarà sfida tra città di mare (Benfica – Napoli) o sarà duello della nobiltà (Milan contro Benfica). Dopodiché, si schiuderanno le porte della finale di Istanbul, il 10 Giugno. Il caldo in quel momento sarà già insopportabile di giorno, ma il cielo stellato all’ora della partita darà la giusta atmosfera da mille e una notte.

Per il Milan l’opportunità di mettere il chiavistello ad un cerchio che, in realtà, è già stato chiuso: dopo aver regolato i conti con il Liverpool ad Atene, due anni dopo la pazzesca finale persa ai rigori dopo un vantaggio di tre gol, infatti, il teatro dell’Ataturk potrebbe essere ricalcato con una nuova uscita di scena. E con una potenziale ottava coppa dalle grandi orecchie che darebbe ancor più solidità europea ai diavoli, alle spalle dell’inarrivabile Real Madrid.

 

Per il Benfica c’è la maledizione di Béla Guttmann da sconfiggere: il 1 maggio 1962 l’allenatore magiaro sentenziò che “d’ora in avanti il Benfica non vincerà più una coppa internazionale, per almeno 100 anni”. Mai come quest’anno, i lusitani possono provarci: 16 gol fatti nella fase a gironi, 6 di questi rifilati alla Juventus tra andata e ritorno. Ben 7 sono finiti nella porta del sorprendente Bruges, invece, nelle due gare degli ottavi di finale. La squadra di Schmidt gioca davvero bene e può, quindi, “giocarsela” con tutti.

L’Inter, dal canto suo, deve scoprire chi è: un gruppo inaffidabile che pareggia con il Monza e affonda con Spezia ed Empoli o un manipolo di eroi che elimina il Barcellona dalla fase a gironi, infligge la prima sconfitta stagionale al Napoli, umilia il Milan nella Supercoppa italiana e butta fuori il Porto dalla Champions? Molto dipenderà dalla gara d’andata, perché il ritorno al Meazza consentirà ai nerazzurri di avere la propria roccaforte nel momento più difficile. Basterà?

Del Napoli, per quanta bellezza emani da ogni singolo poro di ogni componente della società, c’è veramente poco da dire. Se lo stesso sorteggiatore, Patrick Kluivert, a domanda precisa risponde che sono i partenopei il club più impressionante di questa stagione, allora vuol dire che è stato fatto un lavoro straordinario. Persi Koulibaly, Fabian Ruiz, Insigne e Mertens sono stati presi al mercato delle pulci delle gemme nascoste del calibro di Kim, Anguissa, Kvaratshkelia e Osimhen. Quest’ultimo, in realtà, è stato ben pagato: 71 milioni circa, più 10 milioni di bonus. Pagamento in 5 anni. Nell’operazione finiti 4 tesserati del Napoli (di cui 3 Primavera), passati al Lille: Orestis Karnezis a 4.8 mln; Ciro Palmieri a 7 milioni; Claudio Manzi a 4 mln; Luigi Liguori a 4 mln. E la Procura di Napoli ora indaga nel calderone del caos plusvalenze. Ma questa è un’altra storia.

Per la squadra di Spalletti, praticamente certa di alzare a breve il terzo Scudetto, passare il turno in Champions e, chissà, arrivare in finale e vincerla non significa soltanto varcare le colonne d’Ercole del mito Maradona, è qualcosa di immensamente più grande che farebbe schizzare alle stelle il senso della vita di una città, Napoli e di una regione intera, la Campania, ansiosa di tornare protagonista dopo anni anonimi. Il segreto del successo, forse, sta proprio nel non rendersi conto di cosa si stia realizzando. Roba da far venire le crisi di panico e togliere il sonno perfino al Papa.

Si, ma… dall’altra parte del tabellone? Beh, lì ci sono i Cavalieri dello Zodiaco: Pegasus, Sirio il Dragone, Phoenix, Cristal. Cioè Real Madrid, Bayern Monaco, Manchester City e Chelsea. Ventidue Coppe dei Campioni/Champions League sul piatto, quattro club che valgono da soli il pil di uno o più stati mediorientali o africani, fate voi. Tutte hanno giocato almeno una finale. I campioni in carica, cioè il Real (ma va?), affronteranno il Chelsea, camaleontico almeno quanto l’Inter. Con la differenza che i Blues, nel solo mercato di gennaio, hanno tirato fuori dal portafoglio 329 milioni di euro. Così, come noccioline. Mudriyk, Badiashile, Madueke, Malo Gusto, Enzo Fernandez, Joao Felix. Una squadra stellare che però, vedi PSG, è stata assemblata come una raccolta di figurine e, cosa peggiore, è allenata peggio da un Graham Potter che non sta ripetendo ciò che di buono aveva mostrato nel Brighton, ora magicamente guidato da De Zerbi.

Del Real è superfluo parlarne, è il calcio europeo per eccellenza, gioca con la tranquillità del vincente e del suo allenatore vincente, Carlo Ancelotti, che deve comprare casa nuova per far spazio a tutti i trofei vinti in carriera. Insieme a Inzaghi, Spalletti e Pioli, costituisce il contingente italiano dominante sulle panchine dei quarti di finale. Anche questo, per il nostro tricolore, è motivo di grande vanto. Il Real questa coppa non può vincerla. Può solo perderla. Se ci saranno acciacchi, se ci sarà la serata storta, se l’avversario farà la partita perfetta. Se avverrà l’imponderabile insomma. L’unico “minus” che può avere è un’ipotetica mancanza di fame di successo che le altre avranno, ma onestamente è un alibi debole che condannerebbe all’ergastolo anche il più certo degli innocenti.

La sfida che più di tutte sa di battaglia degna di una serie come Il Trono di Spade è quella tra Manchester City e Bayern Monaco. La strapazzata di gol degli uomini di Guardiola al Lipsia, attraverso quel mostro travestito da attaccante di Haaland è di quelle da far paura. Come un’eterna incompiuta, però, la squadra celeste di Manchester deve sconfiggere principalmente sé stessa e riuscire a non “morire nella bellezza” come è da dna dei popoli slavi. Per farlo, dovrà sconfiggere quella che, ad oggi, sembra la corazzata migliore: il Bayern Monaco.

Ha vinto tutte le partite l’undici di Nagelsmann, il tecnico più giovane. Più esaltato, più presuntuoso. Proprio dal City ha preso a gennaio Cancelo. Non esattamente una riserva. I bavaresi si sono sbarazzati del Paris Saint-Germain agli ottavi con la tranquillità di un confronto di Bundesliga, torneo nazionale che ormai dovrebbe portare il loro nome. Non si riscontrano punti deboli. Forse il portiere, visto che Neuer vive il crepuscolo della carriera ed ha praticamente già finito la stagione, infortunato. Upamecano e de Ligt al centro sarebbero ottimi soldati di terra anche in guerra. Davies sulla fascia corre più veloce del Frecciarossa. Davanti Choupo-Moting ha raccolto l’eredità di Lewandowski, non uno qualunque in Baviera. E sembra aver definitivamente trovato la propria dimensione.

Ne vedremo delle belle!

Roberto Tortora
Roberto Tortora
Laureato in Scienze della Comunicazione, a Salerno. Master in Giornalismo IULM, a Milano; Giornalista professionista.

MondoPallone Racconta… Fuorigioco: George Best

The greatest player to ever pull on the green shirt of Northern Ireland / Il più grande giocatore che abbia indossato la maglia verde...
error: Content is protected !!