Arbitri in tv, è la grande occasione per tutti. Ma non se i media rispondono così

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Se tra le prime novità che un neo-presidente eletto nell’AIA decide di introdurre c’è l’idea di dare finalmente la parola anche agli arbitri in programmi televisivi, allora significa che il vento sta cambiando davvero. Con l’ok dato a Orsato per la presenza a 90° Minuto, Trentalange, in carica da nemmeno un mese, ha già dato un chiaro messaggio al mondo del calcio: il mondo arbitrale si vuole aprire ancora di più, vuole cancellare i dubbi di chi continua a trattare i direttori di gara come membri di una casta chiusa in sé stessa. E dunque, bene alla presenza di arbitri in televisione, per provare a creare un ponte tra quello che accade in campo e i tifosi a casa e far capire anche un punto di vista così poco compreso e apprezzato: non sarebbe azzardato affermare che il punto di vista dei direttori di gara viene compreso solo da chi ha vissuto un’esperienza in mezzo al campo come giudice e non solo calciatore.

L’intervista a Orsato è stata interessante, anche perché ha toccato tanti temi, affrontati in maniera molto franca da uno dei migliori arbitri del mondo. Poi, l’esca di Varriale, quasi a voler sperimentare davvero la risposta mediatica, è finita sull’episodio di Inter-Juventus di qualche anno fa e la mancata espulsione di Pjanić. Orsato ha fatto la cosa più ovvia: ha ricordato l’errore, ormai pacifico, e ne ha spiegato le ragioni. Quest’ultimo aspetto è il potenziale passo in più che queste interviste possono dare a livello di comunicazione degli arbitri: far comprendere le dinamiche di una decisione anche al resto del mondo, rendendo quindi comprensibile nella pratica il regolamento e anche punti di forza ed eventuali debolezze dei direttori di gara, pur sempre legittimati a commettere errori.

Sintesi dell’intervista a Orsato su tutti i principali media: “Orsato ammette l’errore su Pjanić“. Cosa ne sia conseguito a livello anche di social, non è necessario nemmeno specificarlo. Nella migliore delle ipotesi erano critiche, nella peggiore persino derisioni sulla spiegazione data dall’arbitro di Schio: un’eccessiva vicinanza all’azione. E qui, ancora una volta, è uscita tutta l’incapacità di comprensione e di apertura a novità del nostro mondo giornalistico, ormai più orientato a notizie sensazionalistiche che a veri approfondimenti. Orsato, come sottolineato anche da Luca Marelli nel suo classico appuntamento di commento degli episodi chiave delle partite del week-end, ha detto una cosa ovvia per chi arbitra: la posizione di un arbitro è davvero decisiva per prendere una giusta decisione ed essere troppo vicini all’azione contestata può essere anche peggio di vederla a una maggiore distanza di 6-7 metri.

Sin da quando si inizia a livello provinciale, gli arbitri vengono istruiti in maniera approfondita su questo aspetto che, in seguito, necessita di continui miglioramenti da parte del singolo. C’è da chiedersi quanti tifosi o giornalisti siano a conoscenza di questi aspetti, del lavoro che c’è dietro il movimento che fa in campo un arbitro. Queste interviste sono appunto l’occasione per spiegare tutto ciò, e non lasciarlo a semplici dibattiti interni al mondo arbitrale, a chi già “mastica” l’argomento. Ed è da sottolineare in maniera decisa: questa è veramente un’opportunità di crescita per tutti, perché permetterà di parlare apertamente di episodi controversi e spiegarne le logiche di fondo. Insomma, verrebbe eliminata quella scusante del “non ho mai arbitrato” per capire alcuni concetti: ora potenzialmente tutti possono comprendere quel punto di vista anche senza aver mai indossato la divisa arbitrale in campo.

La risposta mediatica, però, è stata deludente. Chi dovrebbe occuparsi di fare informazione ha sfruttato l’occasione di qualche click in più: concentrare un’intera intervista che ha spaziato su diversi argomenti (compresa Spezia-Parma, ma c’è da chiedersi in quanti se ne siano accorti) su un episodio che è evidentemente ancora una ferita aperta, nonostante i fiumi di discorsi, scritti e analisi. Non una bella risposta al giorno dell’esordio di una straordinaria novità che potrà dare frutti molto buoni. Insomma, viene da dire “non del tutto buona la prima”. L’esperimento dell’AIA è ancora pienamente valido e merita altre opportunità, ma non a queste condizioni: se i media non sono pronti per questa apertura, allora meglio fare un passo indietro. Ma, stavolta, non si dia colpa agli arbitri come d’abitudine.

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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