EUROTONFI – #14: la prima Lazio di Lotito è un Euroflop

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Seconda competizione europea per club, per un decennio la Coppa UEFA ha avuto le sembianze della Coppa Italia: 8 vittorie, 10 finali, 4 “derby” in finale tra l’89 e il ’99 per il calcio tricolore, che in Coppa UEFA sprigionava lo strapotere di un Campionato all’epoca saldamente ai vertici del calcio continentale.
Nel nuovo Millennio, però, questo feeling si è bruscamente interrotto: da doppione della Coppa Italia, la Coppa UEFA si è tramutata in genitrice di amarezze e cocenti delusioni, che ci apprestiamo a raccontare nella speranza di vedere presto interrotto un digiuno divenuto oramai ventennale.

L’estate del 2004 è di un’importanza epocale nella storia della Società Sportiva Lazio. La Lazio di Cragnotti, capace di portare la Lazio sul tetto d’Italia e ai vertici del calcio europeo esce infatti di scena, travolta dalle difficoltà finanziare della Cirio. Il club, all’epoca da poco centenario, vede lo spettro del fallimento avvicinarsi pericolosamente fino a quando, nell’estate del 2004, si concretizza un inevitabile passaggio di consegne.

Il 19  luglio del 2004 la Lazio diventa di Claudio Lotito la cui prima affermazione da Presidente della Lazio risulta emblematica circa la situazione dei biancocelesti: “Ho preso questa squadra al suo funerale e l’ho portata in condizione di coma irreversibile. Spero presto di renderlo reversibile.” La prima stagione di Lotito alla guida della Lazio, a posteriori, vivrà un variegato vortice di emozioni. In Europa, però, arriverà un vero e proprio Eurotonfo: la Lazio, infatti, si fermerà ai Gironi di una rinnovata Coppa UEFA.

LA SQUADRA: LAZIO
Il 2004/2005, come ampiamente premesso, è una sorta di anno zero per i biancocelesti. La rivoluzione parte dai vertici societari e, ovviamente, si ripercuote anche sul versante tecnico: Mancini saluta i Capitolini e sposa la causa nerazzurra dell’Inter di Moratti e nelle difficoltà nel reperire un sostituto anche per il concomitante avvicendamento societario in panchina si trova catapultato il tecnico della primavera Domenico Caso (ex calciatore del club biancoceleste) che, all’inizio, si trova a disposizione 15 calciatori sotto contratto.

Tra mille difficoltà i biancocelesti vengono travolti 3-0 dal Milan nella Finale di Supercoppa Italiana in virtù di una tripletta di Shevchenko, e sul finire del mercato rimpinguano la rosa con una pioggia di acquisti last-minute. Arrivano a Formello diversi futuri carneadi come Talamonti, Brian Roberts Matias Lequi e Mea Vitali, ma anche alcuni futuri protagonisti della storia biancoceleste come Goran Pandev, Tommaso Rocchi e alcuni giocatori utili alla causa laziale come i gemelli Filippini e Sebastiano Siviglia.

La ciliegina sulla torta della prima campagna acquisti del presidente Lotito, però è Paolo Di Canio. Di fede dichiaratamente laziale, il calciatore del Charlton è riportato in Italia dal neo-presidente Lotito, per imprimere quella traccia di lazialità a una piazza e una squadra che ne hanno disperato bisogno.

Nonostante le avversità la Lazio di Domenico Caso espugna il campo della Sampdoria all’esordio in Campionato, imponendosi 1-0 con un rigore di Di Canio. L’abbrivio di Serie A è double-face, perché la Lazio mette insieme 7 punti nelle prime 3 partite salvo poi racimolarne solamente 1 tra Milan,Chievo (corsare all’Olimpico) e Atalanta fermata sul pari a Bergamo da Muzzi all’85’.

Lo 0-1 con i clivensi è l’ultimo turno di Campionato prima dell’esordio della Fase a Gironi di Coppa UEFA, introdotta proprio a partire dalla stagione 2004/2005 e, probabilmente, genitrice dell’attuale Europa League. Dopo il facile doppio 3-0 sul Metalurg Donetsk l’urna dell’UEFA regala Middlesbrough, Villarreal, Partizan Belgrado e Egaleo ai biancocelesti. Per superare il turno, in quattro partite, è sufficiente piazzarsi tra le prime tre.

GLI AVVERSARI
L’urna dell’UEFA, invero, non è particolarmente clemente con i biancocelesti: Middlesbrough e Villarreal sono due ossi durissimi per una squadra i cui connotati non si avvicinano più ormai a quelli della squadra che qualche anno prima faceva la voce grossa in Italia e in Europa. Il Middlesbrough del 2004 è forse nel momento più brillante della propria storia: il Boro, tra le cui fila milita anche Big Mac Massimo Maccarone, nella stagione precedente ha vinto la propria prima Coppa di Lega e in virtù del trofeo messo in bacheca si regala anche la prima partecipazione alle coppe europee.

Il roster di Steve McLaren, già di ottima fattura, si consolida rendendo permanenti in estate i tesseramenti in prestito di Zenden e Doriva, portando al Riverside Reziger dal Barcellona e inserendo due calibri di assoluto spessore in attacco: Jimmy Floyd Hasselbaink dal Chelsea e Mark Viduka dal Leeds.

Non è da meno il Villarreal: come il Boro in Inghilterra il Sottomarino Giallo all’epoca si sta rapidamente imponendo come una realtà di primo piano in Spagna, e già nella stagione 2003/2004 ha avuto un incrocio con il calcio capitolino estromettendo dalla Coppa UEFA la Roma di Fabio Capello. Nella stagione 2004/2005 in sella al Villarreal siede Manuel Pellegrini: la maglia gialla non la veste più Sonny Anderson, giustiziere dei giallorossi, ma tramite la cessione di Belletti al Barcellona il Villarreal foraggia una campagna acquisti che vede arrivare nella provincia valenciana Diego Forlán dal Manchester United e Gonzalo Rodríguez dal San Lorenzo. Leader tecnico e carismatico indiscusso, nel Villarreal, è Juan Román Riquelme.

Più dietro nei pronostici partono Partizan Belgrado ed Egaleo. I serbi, in possesso indubbiamente di un blasone più corposo di quello dell’Egaleo, si aggrappano all’esperienza di due vecchie conoscenze del calcio italiano come Ivan TomićZoran Mirković; i greci, dal canto loro, pur senza individualità di particolare spessore si apprestano a vivere la loro prima esperienza in Coppa UEFA potendo annoverare tra le proprie fila anche una spolverata di Italia (Luigi Cennamo, portiere italiano di Monaco di Baviera che la propria carriera la spenderà quasi interamente in Grecia).

IL GIRONE
Il nuovo format della Coppa UEFA esordisce il 21 ottobre del 2004, e per la Lazio propone subito la difficile sfida al Villarreal tra le mura amiche. Caso tiene fuori Di Canio e Fernando Couto, affidando l’attacco al giovane Pandev e Simone Inzaghi mentre sul versate opposto Roger, Santi Cazorla e Riquelme ispirano l’ex-meteora milanista José Mari. La gara inizia come peggio non potrebbe per la Lazio, perché a meno di cinque giri di lancette dal calcio d’inizio proprio Josè Mari ammutolisce l’Olimpico portandosi a spasso l’intera terza linea biancoceleste prima di freddare un non perfetto Sereni.

La Lazio ha una ghiottissima occasione per il pari immediato ma Inzaghi grazia Pepe Reina; il primo tempo, al netto di questo acuto, termina senza che i biancocelesti riescano mai a spaventare davvero gli spagnoli che invece al contrario si mordono le mani per non aver chiuso la gara. Poca incisività che il Villarreal paga amaramente nella ripresa, quando con l’ingresso di Di Canio e Rocchi la Lazio aumenta i giri del motore e , complice l’espulsione di José Mari gli ospiti si arroccano a difesa della propria porta sino a incassare al minuto 84 il bel gol di Rocchi imbeccato da Simone Inzaghi. Lazio-Villarreal termina 1-1, mentre nell’altra gara del girone un gol della stellina Stewart Downing regala un prezioso 1-0 al Middlesbrough sul campo dell’Egaleo.

Due settimane dopo, al Riverside, ad aspettare la Lazio è proprio il Middlesbrough e, per i biancocelesti sarà una notte da dimenticare. I ragazzi di Caso sbarcano in Inghilterra con una dozzina abbondante di defezioni tra infortuni e calciatori non iscritti alla lista UEFA dovendo quindi ricorrere a un undici che definire raffazzonato rappresenterebbe un eufemismo: in porta Casazza deve sostituire Sereni, in attacco il partner d’attacco di Di Canio è il giovane Delgado (con Pandev in panchina e Rocchi che entrerà solamente nella ripresa) e uno Starting XI che vede in campo la meteora Óscar López e il giovane Melara che quasi subito entra in campo al posto di Giannichedda infortunato.

Dopo un avvio paradossalmente incoraggiante la gara diventa presto un soliloquio del Boro, di scena in un Riverside infuocato per la prima in casa del gironcino di Coppa. La coppia d’attacco è Viduka-Hasselbaink, ma la differenza la fa Boudewijn Zenden: un mancino volante su rinvio svirgolato di Couto nel primo tempo e un colpo di testa nella ripresa decidono una contesa mai stata in discussione. Dopo due giornate il Middlesbrough guida con 6 punti, seguito dal Partizan che esordisce alla 2/a tornata di gare demolendo 4-0 l’Egaleo; Lazio e Villarreal hanno 1 punto ma serbi e spagnoli hanno una gara in meno rispetto alla Lazio, mentre l’Egaleo pare fisiologicamente fuori dai giochi.

Lazio-Partizan Belgrado del 25 novembre assume quindi, per i biancocelesti, un’importanza capitale. Caso si affida al tridente Di Canio-Rocchi-Inzaghi, ma non recupera Giannichedda; in mediana trovano posto Antonio Filippini, Dabo e Melara, mentre nel Partizan lo spauracchio è il camerunense Pierre Boya. I bianconeri non parcheggiano il bus davanti la porta di Kralj, e suggellano la propria supremazia territoriale in avvio trovando il vantaggio proprio con Boya, che imbeccato dall’ex-romanista Tomić si infila tra Couto e Negro beffando Sereni in uscita. La Lazio si vede negata per fuorigioco l’1-1 di Inzaghi e, poco prima della mezz’ora di gioco, subisce uno 0-2 quantomeno sospetto: Boya, infatti, è libero ancora di colpire indisturbato tra Negro e Couto e se Sereni respinge la prima conclusione nulla può quando il camerunense gli sradica il pallone dalle mani infilando il 2-0 del Partizan. Tutto buono per lo slovacco Stredak, e primo tempo che finisce 0-2 anche perché Inzaghi fallisce un calcio di rigore; la Lazio riesce a incanalare in determinazione la frustrazione per il brutto primo tempo e in apertura di ripresa trova la stoccata di Di Canio per l’immediato 1-2 che apre un secondo tempo a forti tinte biancocelesti.

Purtroppo per i locali, però, non si andrà oltre il 2-2: Inzaghi a un quarto d’ora dal termine tramuta in gol un’assistenza di Cesar ma il pareggio ha il retrogusto di un vero e proprio Eurotonfo. Nell’altra gara del girone, infatti, il Villarreal piega 2-0 il Middlesbrough scrivendo la seguente classifica: Middlesbrough 6, Villarreal e Partizan 4, Lazio 2  ed Egaleo 0 con inglesi e capitolini con una gara in più rispetto alle altre.

Le speranze sono ridotte a un lumicino per i biancocelesti, costretti ad avere la meglio sull’Egaleo fanalino di coda sperando anche nei risultati altrui. Nella qualificazione, però, la Lazio di scena in Grecia nel proprio ultimo impegno del Girone credere abbastanza poco nonostante in campo ci si sia la Lazio migliore. Ancora una volta i centrali della Lazio lasciano a desiderare: corre il 9’ quando Couto e Lopez si fanno beffare da Chioros, che addomestica di petto il pallone e batte l’incolpevole Peruzzi. La Lazio concede molto ai greci, ma con relativa facilità la riesce a ribaltare: di Muzzi le firme sui centri laziali grazie alla sapiente assistenza di Di Canio.

Al riposo si va con la Lazio su un 2-1 che, ancora, lascerebbe accesa qualche speranza di qualificazione; a spegnerle brutalmente è Agritis che al 9’ della ripresa scappa alla terza linea biancoceleste e con un pregevole pallonetto supera Sereni in uscita. Sono i primi due gol dell’Egaleo in Coppa UEFA, e potrebbero arrivarne degli altri: una Lazio senza mordente non va oltre il 2-2 contro i greci fanalini di coda e, a quel punto, l’eliminazione è certificata dalla matematica. Nell’ultimo turno i biancocelesti riposano, e vedono le altre contendenti chiudere il raggruppamento: Middlesbrough (9 punti), Villarreal (8 punti) e Partizan Belgrado (5 punti) si qualificano per il turno successivo, mentre salutano la Lazio che racimola 3 punti in 4 partite e l’Egaleo che può festeggiare solamente il 2-2 casalingo con i biancocelesti.

…E POI?
L’avventura di Caso sulla panchina biancoceleste avrà vita breve: il 19 dicembre del 2004 la Lazio è travolta 3-0 a Udine e, con un vantaggio a dir poco risicato sulla zona retrocessione, il tecnico dei biancocelesti viene sollevato dall’incarico anche per la possibilità di concedere al suo successore, Giuseppe Papadopulo, di sfruttare la pausa natalizia. La cosa riesce benissimo ai biancocelesti, che alla ripresa del Campionato hanno una gara non banale ad attenderli nel giorno dell’Epifania: il derby con la Roma. Tra le difficoltà di una stagione travagliata, il 6 gennaio 2005 i biancocelesti vivono uno dei derby più memorabili in loro favore dell’epoca moderna: Di Canio, Cesar e Rocchi scrivono un 3-1 netto ai danni dei giallorossi e, per una notte, in casa Lazio c’è spazio solo per l’euforia.

Papadopulo, comunque, riuscirà nell’invertire la rotta: alla fine per la Lazio, raccolta a pochi passi dalla zona rossa, arriverà additirrua un 10/o posto con il club del presidente Lotito che nella stagione successiva parteciperà (senza fortuna) anche all’Intertoto.

Per due delle avversarie dei biancocelesti nel girone di Coppa UEFA, il cammino europeo si interromperà contro le finaliste di quella edizione. Il Partizan Belgrado infatti dopo aver superato il Dnipro (2-2 e 1-0) sbatte sul CSKA Mosca agli Ottavi (1-1 in Serbia, 2-0 in favore dei russi al ritorno), mentre il Middlesbrough liquida a fatica il Grazer (2-2 in Austria, 2-1 in Inghilterra) prima di cedere il passo agli Ottavi allo Sporting Lisbona corsaro 3-2 in Inghilterra e vittorioso 1-0 all’Alvalade. Il Villarreal elimina Dinamo Kiev e Steaua Bucarest imponendosi 2-0 dopo un pari a reti inviolate, ma ai Quarti cede all’AZ Alkmaar (1-2 in casa, 1-1 ad Alkmaar). A rappresentare il calcio italiano sarà ottimamente il Parma dei giovani, capace di disegnare una lunga cavalcata fino alla semifinale contro il CSKA Mosca vittorioso 3-0 i casa dopo lo 0-0 del Tardini: proprio i russi dei brasiliani Daniel Carvalho e Vagner Love, vinceranno il trofeo piegando 3-1 lo Sporting Lisbona nella finale disputata proprio nello stadio dei biancoverdi, il José Alvalade.

EUROTONFI – L’Italia e la Coppa UEFA: ci eravamo tanto amati

 

Michael Anthony D'Costa
Michael Anthony D'Costa
Nato a Roma nel 1989, si avvicina al calcio grazie all’arte sciorinata sui campi da Zidane. Nostalgico del “calcio di una volta”, non ama il tiki-taka, i corner corti e il portiere-libero.

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