Serie A, l’analisi della nona giornata

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Ciò che era successo negli anticipi del sabato ci faceva ben sperare, su una domenica che non ha deluso le aspettative. Partiamo dalla fine: il Napoli mette il petto in fuori, e alla prima nel nuovo “Diego Maradona” (sì, ok, si chiama anche Comunale. “Stadio Comunale Diego Maradona”, ma lasciateci dire che non siamo d’accordo con questa autocelebrazione politica. Ma ne parleremo meglio in futuro) piazza un clamoroso poker a una Roma stordita dall’esplosione di energia di una squadra che aveva una marea di motivazioni per stravincerla, questa partita. Bellissima la maglia celebrativa dei partenopei, male Džeko, al rientro post coronavirus (il bosniaco, ancora fuori fase), incredibilemte negativa la prestazione Mirante: goffo negli interventi, ha di fatto responsabilità su tutti i gol del Napoli.

Cagliari: quant’è bello rivedere Pavoletti in gol. Falcidiato dagli infortuni, si sta dimostrando più forte di tutte le avversità. Il 2-2 della Sardegna Arena serve effettivamente poco sia ai sardi, sia a uno Spezia che si dimostra una gran bella squadra, con un gran bravo tecnico, e che ha voglia di lasciare la lotta salvezza ad altre meno organizzate. Sì, pur essendo una neopromossa. Al Dall’Ara, udite udite: il Bologna non ha subito gol! Sorrideranno, finalmente, i fantacalcisti che hanno Skorupski come primo portiere (a patto che ne esista qualcuno): dopo ben 41 giornate, i felsinei segnano, e non concedono. Basta un gol di Soriano, e arrivano i tre punti. Strano ma vero. Prima della chiosa finale, doverosa, sul Milan, capitolo Lazio: capitombolo, harakiri, inciampo, svenimento, chiamatelo come volete, ma il successo dell’Udinese per 3-1 all’Olimpico va oltre i meriti di Gotti e di un’Udinese che infila la seconda vittoria consecutiva in campionato (terza partita senza sconfitta). I ragazzi di Inzaghi hanno giocato male, dicendolo in parole povere. Può capitare, sicuramente, dopotutto gli impegni son tanti e un flop può capitare; l’importante, che se ne capiscano le ragioni, e Simone Inzaghi starà sicuramente facendo nottata per capire cosa ha sbagliato.

Siore e siori, eccola: la chiosa finale. Milan: dicevano che senza Ibrahimović fosse una squadra con enormi limiti. Ecco: nel 2020, senza lo svedese, in sei partite giocate ne ha vinte cinque, e una pareggiata. Perse: zero. Paradossalmente, senza lo svedese in campo la percentuale di vittorie della squadra rossonera è più alta: 83,3%, contro il 62,5% di quando Ibra è in campo (dati Opta). Sia chiaro: son numeri che si basano anche sul numero di partite giocate, e quelle con Ibrahimović in campo sono molte di più, e quindi con più risultati diversi a disposizione. Quindi, non deve stupire né generare false convinzioni il fatto che la percentuale di successo aumenti senza Ibrahimović. Diciamo che la notizia è che non cala drasticamente, ecco. Tornando alla sfida con la Fiorentina: due a zero categorico, Kessié segna un rigore e ne sbaglia un altro, Prandelli perde la seconda partita consecutiva (su due). Milan a 23 punti dopo 9 giornate: nell’era dei tre punti a partita, non era mai successo. Possiamo dirlo? Sì possiamo dirlo, e gli scaramantici non leggano: questo Milan è da scudetto.

SERIE A, 9^ GIORNATA: RISULTATI, CLASSIFICA, HIGHLIGHTS
(Dal canale Youtube della Lega Serie A)

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