L’esplosione di Diogo Jota, l’uomo che sta cambiando l’attacco del Liverpool

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Prima o poi, per forza di cose, persino uno dei tridenti offensivi più forti al mondo come quello del Liverpool sarebbe dovuto arrivare a un momento di crisi. Per tanto tempo, Klopp non ha visto altri giocatori nel suo attacco: Salah sulla destra, Mané sulla sinistra e Firmino al centro nel ruolo di “falso nueve”. Un trio perfetto, riuscito a creare un’intesa straordinaria in un arco di tempo tutto sommato ristretto, anche grazie alla straordinaria mentalità offensiva del loro tecnico, e soprattutto capace di vincere quasi tutto. In primis, una Champions League e una storica Premier League che mancava da 30 anni ad Anfield Road.

Negli ultimi anni, in casa dei Reds si sono studiate tante alternative al terzetto titolare, provando a valutare possibili innesti capaci di dare un cambio e permettere di far respirare tre giocatori così importanti, ma quasi sempre messi in campo. Gli acquisti di Shaqiri e Minamino e la decisione di trattenere Origi, effettivamente, erano stati pensati proprio per fornire a Klopp un’alternativa in più, anche per non rischiare di rendere i Reds troppo scontati nelle scelte dell’undici titolare. C’è stato poco da fare: Salah, Firmino e Mané erano troppo forti, era impossibile non schierararli in campo il più possibile. Hanno saputo dare profondità e velocità al gioco, con giocate sopraffine, ma soprattutto hanno garantito valanghe di gol e assist: assieme, fino alla scorsa stagione avevano siglato complessivamente 217 reti, numeri difficili da trovare.

Dal ritorno in campo dopo il lockdown, però, qualche ingranaggio ha cominciato a non funzionare più. Uno, in particolare, è sembrato entrare profondamente in crisi soprattutto nel lavoro offensivo: quello di Firmino. Lo dicono le prestazioni, con il brasiliano che ha perso la sua brillantezza, la capacità di tessere le trame di gioco con i due compagni come un tempo, ma soprattutto i numeri: da giugno, l’ex Hoffenheim ha siglato appena 2 reti e 3 assist, ma in generale le occasioni da rete create sono davvero poche.

Ed ecco che qualcuno comincia già a pensare che per Firmino si stia avvicinando alla conclusione della sua avventura al Liverpool, ma in realtà non è esattamente così: il brasiliano resta ancora oggi, pur con le polveri bagnate, un uomo fondamentale nel fare pressing, recuperare palloni, lavorare spalle alla porta. Fa, insomma, quel lavoro nascosto tanto necessario, anche se meno appariscente rispetto a quello di Salah e Firmino. Nella logica del gioco di Klopp, fatto di pressing e recuperi immediati una volta perso il pallone, resta ancora oggi un protagonista fondamentale. Il vero problema per Firmino, però, è un altro: ai Reds è arrivato Diogo Jota.

Se cercate ovunque il nome del centravanti ex Wolverhampton, la triste tendenza a far girare il mondo dello sport attorno ai soliti nomi lo ha portato a essere definito come “vice Cristiano Ronaldo”, in riferimento al suo ruolo nella Nazionale portoghese. Una definizione a dir poco riduttiva e di cui forse potrebbe essersi liberato finalmente ieri sera, nella straordinaria tripletta siglata all’Atalanta in Champions League, nella notte che potrebbe averlo consacrato anche a livello europeo. Nel tridente offensivo, assieme a Salah e Mané, stavolta c’era Jota, con Firmino rimasto in panchina fino al 66′. Ed è il più chiaro segnale che nei Reds qualcosa sta davvero cambiando, almeno a livello offensivo.

Jota, classe ’96, ha una straordinaria qualità: ovunque lo metti, sa quello che deve fare. Contro i bergamaschi, Klopp ha deciso di lasciargli il ruolo di centrale nel tridente offensivo e, come abbiamo visto, la scelta è stata premiata: il portoghese ha dato enorme profondità al gioco dei Reds, riuscendo a infilarsi con enorme facilità tra le maglie della difesa nerazzurra per tutto il tempo che è rimasto in campo. Velocità, gamba, ottima tecnica, ma anche intelligenza tattica: tutte qualità che stanno rendendo questo ragazzo, sconosciuto ai più (se non agli amanti di Football Manager e FIFA, consapevoli del potenziale di questo ragazzo espresso nei videogiochi), il nuovo potenziale titolare del tridente dei Reds, fino a poco tempo fa intoccabile.

Cresciuto nelle giovanili di Gondomar e Pacos de Ferreira, Diogo Jota ha esordito tra i “grandi” proprio con questi ultimi, dimostrandosi subito un talento fuori dal comune: alla seconda stagione, ad appena 20 anni, il portoghese si era reso protagonista con 12 reti e 8 assist in 31 presenze. Numeri che gli hanno permesso il salto di qualità al Porto, in cui ha giocato soltanto una stagione ma facendo intravedere delle importanti qualità. Poi, la scelta che ha cambiato la sua vita: l’addio al Portogallo coincide con il trasferimento addirittura in Championship al Wolverhampton, una colonia di portoghesi diretti sotto il controllo del super agente Jorge Mendes. Ed è qui che, con gli insegnamenti di Espirito Santo, Jota è diventato un vero fenomeno: con i Wolves sono arrivati 44 gol e 19 assist in 139 presenze, assumendo un ruolo tattico fondamentale, diventando una pedina non necessariamente sempre titolare, ma utilizzabile per ogni evenienza. Ma che cominciasse dal primo minuto o subentrasse, Jota ha sempre dimostrato delle qualità uniche, degne di palcoscenici importanti.

Con la crisi di Firmino in corso, in estate Klopp ha capito che fosse necessario fare un importante colpo offensivo per iniziare a pensare anche al futuro. Jota era l’uomo giusto al momento giusto: un giocatore abituato a essere schierato anche a gara in corso, in posizione di esterno, seconda o persino prima punta, dotato della tecnica e della gamba giuste per poter giocare negli schemi di questo Liverpool. Per assicurarselo, i Reds hanno sborsato 45 milioni di euro, ma ecco che oggi arrivano già i frutti di quello che potrebbe essere l’ennesimo investimento intelligente fatto negli ultimi anni.

È partito come riserva di lusso al trio lì davanti, ma ora sono in tanti a chiedersi se questo stato di forma non sia meritevole di ben altro riconoscimento. Garantisce meno pressing rispetto a Firmino, ma è più veloce nel disegnare il gioco, attaccare la profondità e, soprattutto, al momento vede anche meglio la porta rispetto al numero 9. In 10 presenze, il portoghese è ora arrivato a quota 7 reti, rimanendo perfettamente in linea con i numeri di Mané (9 presenze e 5 reti) e Salah (11 presenze e 9 reti) e rendendo il tridente dei Reds nuovamente devastante. In più, si sono aggiunte alcune ultime prestazioni che lo hanno reso un uomo fondamentale: lo scorso week-end, è stato un suo gol (pur su un’imbeccata geniale di Shaqiri) ad aver deciso l’ostica gara contro il West Ham. Dopo 70′ di un Firmino ancora una volta troppo spento e di scarso impatto, Jota ha riacceso la luce. Ed è forse in quel momento che ha fatto scattare qualcosa in Klopp. Un qualcosa che ha fatto diventare l’attaccante portoghese il grande protagonista di questi martedì di Champions League.

È una bocciatura definitiva di Firmino? Assolutamente no: il tecnico tedesco continuerà a credere nell’ex Hoffenheim, con l’obiettivo di fargli riaccendere anche la sua qualità in fase realizzativa. Ma Jota fornisce un’alternativa in più, a maggior ragione in questo suo momento di forma straordinario. Così il portoghese sta cambiando l’attacco del Liverpool, rendendolo ancora più imprevedibile in campo, a partire dalle scelte iniziali, fino alle modalità di gioco. L’alternativa al terzetto intoccabile davanti è finalmente arrivata e ora rischia di far fare un salto di qualità in più a un attacco che già così ci aveva fatto divertire parecchio.

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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