Verso #Euro2020 – 1964: la Spagna alla rivincita del “partido fallido”, e la prima “prova tv”

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Foto: Uefa.com

Quante cose accomunano il 1964 con l’attuale 2020. Scavare nelle pieghe della storia serve anche a questo. La seconda edizione dell’Europeo, innanzitutto, verrà ricordata per il primo caso da “VAR” televisivo della storia. Non tanto per una decisione arbitrale, quanto per la dinamica del gol che decide il torneo e di cui parleremo in seguito. Proseguiamo, dunque. Così come il coronavirus attanaglia la vita degli italiani in queste giornate e, chissà, nei prossimi mesi, all’epoca il nemico era un altro. Una malattia sconosciuta ai più fino al XX secolo: la poliomielite, una patologia che colpisce i motoneuroni presenti nel midollo spinale e porta ad atrofia muscolare e paralisi. In Italia il vaccino per combatterla viene adottato nel 1957, negli anni immediatamente successivi si arriva al picco di 8000 casi dichiarati, poi il numero scende e si assesta intorno ai 3000 proprio nel 1964 ed è nella primavera di quell’anno che comincia una campagna di vaccinazione massiva per le persone dagli 0 ai 20 anni. Addirittura, una legge del Ministero della salute rende obbligatoria la vaccinazione nel primo anno di vita dei neonati ed un ricarico nel terzo anno. In un contesto psicotico che, in parte, trova delle somiglianze con ciò che stiamo vivendo. Alle porte, in estate, le Olimpiadi.

Allora, come oggi, la sede è Tokyo e il Giappone. L’Italia chiuderà al quinto posto con 27 medaglie, suddivise in 10 ori, 10 argenti e 7 bronzi, uno dei migliori risultati di sempre. La speranza, quest’anno, è di poter eguagliare o, chissà, migliorare tale bottino. In politica, l’Italia vive una fase di tumulto, in questo caso ben più acceso del pur labile assetto PD-M5S. Per farla breve, si sfiora il colpo di Stato! Quando cade il primo governo Moro, infatti, il generale dell’arma dei Carabinieri De Lorenzo presenta ai capi delle tre divisioni dell’Arma un progetto che prevede l’occupazione delle grandi città e la repressione e il confino in Sardegna degli oppositori politici. Piano Solo. Negli Stati Uniti, la commissione Warren presenta il rapporto sull’assassinio di Kennedy, individuando come unico colpevole il militare Lee Harvey Oswald. Lui si era sempre dichiarato innocente, nei due giorni successivi all’arresto e prima di essere freddato nel commissariato di polizia di Dallas dal fanatico Jack Ruby. Passando alle frivolezze (al calcio ci arriviamo a breve, non preoccupatevi), al Festival di Sanremo trionfa Gigliola Cinquetti con il brano “Non ho l’età” e fa il double, conquistando a Copenaghen anche l’Eurovision Song Contest. Parallelismi con il 2020? Ovviamente, la speranza che Diodato possa “far rumore” allo stesso modo. Al cinema, Sergio Leone avvia la sua celeberrima trilogia western del dollaro con il film “Per un pugno di dollari”. Forse ve lo ricorderete, se non avete visto il film, per la citazione in Ritorno Al Futuro II e III di una scena in realtà tagliata dalla pellicola originale. Un duello tra Clint Eastwood e Gian Maria Volonté, vinto dal primo grazie ad un panciotto antiproiettile, che gli consente di evitare le pallottole e che gasa moltissimo sia il perfido Biff Tannen che l’astuto eroe Marty McFly.

In questo contesto storico veniamo, finalmente, agli Europei. La prima edizione del 1960 è stata un successo? Sì, ma monco, per il rifiuto di nazionali illustri a parteciparvi, tra cui anche l’Italia. La Spagna, poi, si era rifiutata ai quarti di finale di volare a Mosca, volontà di Francisco Franco di evitare una possibile sconfitta in casa dei “comunisti”, spianando di fatto la strada ai sovietici. Anche questa volta, purtroppo, assistiamo ad un forfait: la Grecia, infatti, si rifiuta di affrontare nel doppio confronto del primo turno l’Albania, un Paese con il quale ufficialmente era ancora in guerra dal secondo conflitto mondiale. Gli azzurri, ai nastri di partenza questa volta ci sono, guidati da Edmondo Fabbri. La formula è la stessa, gare di andata e ritorno fino ai quarti di finale, sfide secche in semifinale e finale, da tenersi in uno dei Paesi che arrivano fino in fondo. Ai nastri di partenza stavolta ben 29 squadre, manca soltanto la Germania Ovest, per bizzarra volontà del Ct Herberger, che non contempla competizioni che non siano i mondiali. L’Italia ha grandi ambizioni, ci sono talenti del calibro di Rivera, Mazzola, Bulgarelli, Trapattoni, in difesa Maldini e Facchetti, in attacco Pascutti, il bomber da 296 presenze e 130 gol in tutta la sua carriera con la maglia del Bologna. Passato agevolmente il primo turno ai danni della Turchia, agli ottavi ci tocca l’URSS campione uscente. A Mosca i sovietici s’impongono per 2-0, frutto di velocità, ma anche di tacchetti e mani rudi sulle caviglie e i volti degli azzurri. Pascutti passa alla storia non per i gol che è chiamato a segnare, ma perché reagisce male ad un colpo subìto e viene espulso, finendo per essere il capro espiatorio della sconfitta. La gara di ritorno, a Roma, non porta la rimonta sperata. I sovietici sono letali in contropiede e vanno in vantaggio con Gusarov. Rivera trova il pari solo all’89’, ma insieme a Bulgarelli non trova mai lo spunto; Mazzola ha classe, ma non è un bomber e sbaglia anche un calcio di rigore, gli altri azzurri hanno le gambe molli. Finisce 1-1, Italia eliminata, ma non è l’ipogeo di Fabbri, che riuscirà a far peggio due anni dopo, facendosi eliminare nel girone ai mondiali inglesi, per mano di un dentista sudcoreano che nessuno dimenticherà mai più: Pak Doo-ik.

Ai quarti di finale il confronto più sorprendente è quello tra il Lussemburgo e la Danimarca. Ci vogliono ben tre sfide per decretare un vincitore, perché le prime due gare, non prevedendo né bonus per gol in trasferta né rigori, terminano in assoluta parità: 3-3 all’andata, 2-2 al ritorno. Sarà un gol del danese Madsen a portare la sirenetta tra le migliori quattro d’Europa. Spagna, URSS e Ungheria si sbarazzano agevolmente e di goleada dei rispettivi avversari: Irlanda, Svezia e Francia. Dunque semifinali, ma dove? L’occasione per la Spagna franchista di mettersi in mostra agli occhi del vecchio continente e di riscattare l’abbandono di quattro anni prima è troppo ghiotta. Dunque… Spagna! Il Camp Nou di Barcellona ed il Santiago Bernabeu di Madrid le due fantastiche sedi iberiche. Il sorteggio mette di fronte i padroni di casa all’Ungheria e i sovietici alla Danimarca. Quest’ultima sfida non ha storia, la velocità e la forza russa e l’efficacia di Voronin, Ivanov e Ponedel’nik tracciano il 3-0 indiscutibile. URSS di nuovo in finale.

La Spagna suda di più, i riflettori sono puntati tutti su di lei, Franco tiene un discorso motivazionale ai giocatori che mette più pressione che carica, il Ct Villalonga ha preso scelte impopolari, che dovrà giustificare con un solo risultato: la coppa sollevata al cielo di Madrid. Ha, infatti, escluso dai convocati i big del Real Madrid Puskás, Di Stefano, Gento e Del Sol, preferendo corsa e grinta dei più giovani e puntando in attacco su Amancio, Marcelino e Pereda.
L’Ungheria è avversario tosto, reagisce al vantaggio delle Furie Rosse di Pereda con Ferenc Bene e porta la gara ai supplementari. Ci pensa il delantero del Real Madrid, Amancio, a siglare il gol che vale la finale al 112’.
A Franco tremano le gambe, il Generalísimo teme disfatta e figuraccia, inammissibili dopo “el partido fallìdo” di quattro anni prima. Così lo definirà lo scrittore e malato di calcio, Eduardo Galeano. El caudillo è tentato ad una nuova rinuncia. Ormai, però, è troppo tardi e il 21 giugno 1964, sugli spalti del Santiago Bernabeu, ci sono circa 125.000 persone assiepate sui gradoni e ben oltre la capienza di allora di 79.000 posti.

Il clima, fortunatamente, non è più teso come una volta, la politica del disgelo voluta da Kruscev, pian piano, mostra i suoi frutti e anche per parte iberica si avverte serenità. Addirittura, al risuonare dell’inno nazionale sovietico partono gli applausi dagli spalti. Se non è già questa una vittoria… ma andiamo avanti. Già in avvio si capisce che i sovietici sono intimoriti, non appaiono veloci e smaliziati come sempre. La Spagna, al contrario, parte a razzo e segna subito con Pereda al 6’. In un sussulto d’orgoglio, la nazionale di Beskov pareggia subito i conti all’8’ con Kushainov. Il caldo si fa sentire, l’afa sembra togliere ossigeno e idee ai sovietici. Luis Suarez, fuoriclasse dell’Inter già campione d’Europa, appare invece ispiratissimo e fa ammattire la difesa avversaria a suon di lanci lunghi e imbucate geniali. Quando mancano cinque minuti al 90’, il colpo di testa di Marcelino non lascia scampo a Jašin, Pallone d’Oro in carica. Al fischio finale il tripudio per le Furie Rosse è incontenibile, José Villalonga diventa il primo tecnico a diventare campione d’Europa sia a livello di club (con il Real Madrid due volte) che a livello di nazionale. La vittoria spagnola è meritata.

Ed ecco, infine, il caso da “VAR” o, se vogliamo, da prova televisiva. Durante la diretta tv della finale, il cameraman perde il cross che porta la palla sulla testa di Marcelino. Nei giorni seguenti Antonio García Valcálcer, che fa anche da tecnico del telegiornale di propaganda franchista Noticieros y Documentales, mostra un video realizzato con l’ausilio di una seconda telecamera, che mostra Amancio crossare e Marcelino colpire di testa. C’è, però, una discrepanza nello sviluppo dell’azione, per la distanza dal pallone di un difensore russo e per l’incongruenza del cross, così come lo ricordavano anche i calciatori presenti in campo. Questo dubbio rimarrà sepolto per 43 anni, fino al 2007 quando TVE, grazie all’aiuto di un’immagine rivelatrice di un’altra telecamera, questa volta russa, smaschera la realtà mostrando l’azione intera. Si vede benissimo che l’assist a Marcelino lo fornisce Pereda e non Amancio. Nell’ottica di perfezione franchista e nell’impossibilità di avere un’immagine rivelatrice, il montatore per evitare figuracce creò un fake, prendendo il cross di un’altra azione, che nulla aveva a che fare con il gol-vittoria, e montandolo ad hoc sulle riprese originali. Questo sì, essendo pervasi oggi dall’ultra-tecnologia nel calcio, è il vero spread tra il 1964 ed il 2020, due anni incredibilmente simili.

VERSO EURO2020, USCITE PRECEDENTI:

PUNTATA #1 – 1960, URSS campione e la stella che non c’è: Ėduard Strel’cov

Roberto Tortora
Roberto Tortora
Laureato in Scienze della Comunicazione, a Salerno. Master in Giornalismo IULM, a Milano; Giornalista professionista.

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