Il “maledetto” numero 24: così Gabigol e gli altri combattono l’omofobia in Brasile

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Per la prima volta dalla sconfitta subita nella finale di Coppa del Mondo contro il Liverpool, il Flamengo è tornato a giocare ieri notte con tutti i suoi titolari, riuscendo a vincere in rimonta nel finale per 3-1 contro il Resende. Tra i marcatori rossoneri, ancora una volta, è finito il nome di Gabriel Barbosa “Gabigol”, per la prima volta sceso in campo come giocatore dei brasiliani a tutti gli effetti dopo essere stato riscattato dall’Inter nel mercato di gennaio. Un “ritorno” che l’ex nerazzurro ha battezzato subito con il suo 35esimo gol con la squadra di Jorge Jesus, permettendo ai suoi di passare in vantaggio a 5′ dal termine con un colpo di testa da grande centravanti.

Il numero 9 del Flamengo si è subito riconquistato il suo posto, confermando la bontà dell’investimento fatto dalla dirigenza per riportarlo in patria. Ma, nel prossimo week-end, Gabigol ha già deciso che sulle sue spalle non comparirà più il 9, bensì il numero 24. Un riferimento a Kobe Bryant? In parte sì, ma la ragione di questa scelta è molto più profonda ed è il simbolo di una battaglia che anche l’ex nerazzurro ha deciso di intraprendere: la sfida all’omofobia in Brasile.

Per quasi 130 anni, in Brasile si è svolta una lotteria teoricamente illegale ma generalmente tollerata, in cui ogni numero corrispondeva a un animale. Un legame simbolico assolutamente non casuale, in realtà, perché la lotteria era nata storicamente con l’intento di raccogliere i fondi da destinare allo zoo di Rio de Janeiro.

In questa lotteria, il numero 24 era associato alla figura del cervo che, tuttavia, in Brasile corrisponde anche al termine peggiorativo per definire un omosessuale. E questa associazione mentale è stata così forte nel tempo da aver portato tanti calciatori a scegliere qualsiasi numero di maglia. Tranne il 24.

All’inizio dell’anno, però, le cose sono cambiate improvvisamente. Durante il mercato, il Corinthians si è assicurato l’interessante centrocampista colombiano Victor Cantillo che, curiosamente, in patria vestiva proprio la maglia numero 24, priva di riferimenti nel suo Paese. Ma quando un direttore del club gli ha fatto notare che avrebbe dovuto cambiare maglia, Cantillo ha sfatato con evidente tranquillità questo tabù omofobo, rivelando che non si sarebbe fatto problemi a indossarlo ancora. D’altronde, si diceva, se non si era mai fatto problemi un campione Kobe Bryant a indossare quel numero, dov’era il problema?

Un gesto simbolico che ha così improvvisamente acceso la luce nell’oscurità di questo pregiudizio. In tutto il Paese, numerosi club hanno annunciato che avrebbero iniziato a utilizzare la maglia numero 24. Lo ha fatto anche Flàvio, centrocampista del Bahia, che ha dichiarato di “indossare questo numero con molto orgoglio” e che “l’idea è deve sempre prevalere il rispetto delle differenze e, indipendentemente dall’orientamento sessuale, ogni giocatore possa usare il numero che preferisca”.

E Gabigol, uno dei personaggi più in vista e apprezzati del calcio brasiliano, si è messo in prima fila per promuovere questo cambiamento. Per rendere “normale” ciò che fino a poco tempo fa sembrava strano, ingenuo e aprendo le porte al superamento di un tabù che non faceva altro che lasciare un’enorme e vergognosa ombra nel mondo del calcio verdeoro sul rispetto dell’orientamento sessuale.

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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