Lugano, partenza falsa: la parola ai protagonisti

-

Intendiamoci: perdere a San Gallo, di questi tempi (i biancoverdi, da domenica sera, sono secondi in classifica, a tre punti dallo Young Boys capolista) ci sta. Poi, però, bisogna anche andare a vedere come si è perso: e, a quel punto, qualche distinguo va fatto.

Erano partiti bene, i ticinesi. Un buon primo tempo, dove avevano imbrigliato le bocche da fuoco avversarie, facendo paura in un paio di ripartenze (bellissima l’occasione capitata a Holender, che si è fatto ipnotizzare dal portiere avversario), e andando in gol nel finale della prima frazione, con un colpo di testa di Bottani si traversone di Lavanchy.

Poi, nella ripresa, il capitombolo: prima il pareggio biancoverde, con tante responsabilità da parte di Baumann e, 2′ più tardi, il vantaggio dei Brodisti, ottenuto con la collaborazione di buona parte della compagine bianconera. Da quel momento in poi, è calato il sipario, e la terza rete di Ruíz, con Baumann immobile, ha certificato una mezz’ora di gioco dove i bianconeri sono stati spettatori non paganti.

Dura la reazione del presidente Renzetti, a fine partita (FC Lugano, RSI)“Siamo stati puniti da degli errori individuali: Baumann, sul primo e terzo gol, praticamente non si è mosso. Peccato, perché sino a quel momento eravamo stati in partita, e qua, visto l’ambiente, non è mai facile. Poi, però, incassato il primo gol, non siamo stati capaci di contenere la loro reazione. Holender? Sapevamo già che non è un centravanti. Gerndt? Non sta bene, e si vede. Così è inutile che vada in campo, meglio che stia fuori a curarsi.”

Il tecnico Jacobacci è stato più clemente con i suoi (FC Lugano): “Fino al pareggio abbiamo gestito bene: poi, tutto si è girato con quel tiro sul primo palo, sul quale il nostro portiere poteva fare di più. Ma tutta la squadra doveva mantenere calma e tranquillità, gestendo la partita in un altro modo. Invece abbiamo perso palloni pesanti in zone nevralgiche. Siamo un gruppo: vinciamo o perdiamo tutti insieme. Gli errori non li ha commessi solo Baumann. Porto a casa quanto di buono fatto vedere nella prima frazione.”

In definitiva, ancora una volta, la squadra è sembrata essere prigioniera di un problema di testa. A un primo tempo solido e ben giocato ha fatto eco una ripresa dove, a scendere in campo, sono state le fotocopie degli undici dei primi 45′. Nel calcio capita d’incassare gol evitabili, così come di giocare davanti a 10.000 tifosi avversari. Le squadre mature affrontano queste situazioni senza problemi. Il Lugano, ieri, dopo aver incassato il gol del pareggio, con la testa è andato sotto la doccia. Non ci siamo.

Peccato. Prima di tutto perché il primo tempo è stato giocato bene: certo, probabilmente Margiotta, al posto di Holender, avrebbe segnato. E, probabilmente, non è un caso che Celestini abbia vinto a Zurigo, sabato sera, con in campo una prima punta vera (e non solo). Però, anche senza centravanti di ruolo, e con gli stessi spettatori sugli spalti, si era vista un’altra partita. Quella che è venuta a mancare, nella ripresa, è stata la cattiveria agonistica.

Il secondo gol, sotto questo aspetto, è da manuale: respinte molli, seconde palle recuperate dagli avversari, mancate chiusure. Sulla rete del pari, Baumann ha sicuramente sbagliato: tuttavia, si aspettava una chiusura più efficace da parte dei compagni, e quindi si stava probabilmente concentrando sul palo lontano. Aggiungiamoci il fatto che i biancoverdi hanno fatto girare bene palla, ma tutto è partito da un errore di Holender nella propria tre quarti.

Intendiamoci: è ancora presto per le preoccupazioni, e anche i risultati dagli altri campi hanno aiutato. Però, sabato sera, a Cornaredo arriverà lo Xamax che, all’andata, ha fatto bottino pieno in Ticino e che, tradizionalmente, è squadra ostica. Sarà meglio fare risultato, anche senza sfoderare una grande prestazione. Perché, in Svizzera, lo sappiamo, la classifica è corta. E quelle dietro non si arrendono mai.

 

Silvano Pulga
Silvano Pulga
Da bambino si innamorò del calcio vedendo giocare a San Siro Rivera e Prati. Milanese per nascita e necessità, sogna di vivere in Svezia, e nel frattempo sopporta una figlia tifosa del Bayern Monaco.

Addio Pasquale Casillo, viva Zemanlandia!

Lo chiamavano il “re del grano”, perché negli anni ’80 raggiunse il successo diventando il principale esportatore di grano dal Sudamerica su scala globale....
error: Content is protected !!