Paolo Casarin parla agli arbitri ticinesi: “Voi siete il calcio”

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Dal nostro inviato a Canobbio (CH)

Serata particolare, in compagnia di Paolo Casarin, nell’aula magna della SUPSI di Canobbio, vicino a Lugano. L’ex arbitro e designatore italiano era infatti ospite della Federazione ticinese di calcio, nell’ambito degli aggiornamenti periodici agli arbitri, gestiti dagli instancabili Francesco Bianchi e Silvio Papa (quest’ultimo recentemente premiato anche dall’ASF).

Dopo un’introduzione strettamente tecnica, dove Bianchi ha spiegato, con l’ausilio anche di alcune immagini, le nuove regole in vigore dal 1° luglio, è stata la volta dell’ex arbitro italiano, che ha tenuto una sorta di Lectio magistralis, spaziando tra i propri ricordi, anche personali, e il VAR.

Moderato da Sergio Ostinelli, grande conduttore radiofonico svizzero del passato, Casarin ha deliziato la platea con una lunga chiacchierata, partita raccontando le origini del calcio. L’ex arbitro ne ha sottolineato la semplicità e la genialità al tempo stesso, oltre che il suo ruolo, anche sociale, dalla sua nascita in poi.

Molto interessante, anche, la storia e l’evoluzione del ruolo dell’arbitro di calcio. Secondo Casarin, la svolta ci fu dopo i Mondiali del 1990, disastrosi sotto il profilo arbitrale. Nacque a quel punto la necessità, secondo l’ex designatore, di creare un sistema che consentisse un aumento del gioco effettivo, e soprattutto una riduzione delle possibilità di errore dell’arbitro.

Troppi gli interessi (anche economici) in gioco. Sul campo, ci furono l’abolizione del retropassaggio al portiere, come lo avevamo conosciuto sino a quel momento, e ritocchi alla regola del fuorigioco che, secondo Casarin, è la base del gioco del calcio.

Soprattutto, però, vennero poste le fondamenta per la più grande delle riforme del calcio degli ultimi decenni: il VAR. Invenzione utilissima e indispensabile, secondo l’ex arbitro: ma bisognosa di una lunga preparazione psicologica e culturale da parte di tutti gli attori in gioco. Col tempo, bisognerà imparare a parlare con la stampa e gli appassionati, spiegando il perché delle scelte fatte. Sarà una vera e propria rivoluzione culturale.

Parlando a degli arbitri, Casarin ha voluto sottolineare l’importanza di questo ruolo, e la necessità che lo stesso abbia un nuovo approccio alla partita. Ha raccontato della propria esperienza personale, di quanto abbia contribuito a creare una figura nuova, molto più professionale di quanto lo fosse ai suoi tempi.

La serata è quindi volata via tra racconti di aneddoti, anche divertenti, domande dei presenti (diversi anche i giornalisti, non solo elvetici: abbiamo riconosciuto, tra il pubblico, anche firme importanti della stampa sportiva della Penisola), tutti accomunati dalla grande passione: il calcio.

Proprio su questo aspetto l’ex arbitro italiano ha voluto soffermarsi. Il calcio, per chi lo pratica, per chi lo segue, è una passione. Certo, conta il numero dei praticanti, perché si accresce il bacino di scelta. Tuttavia, l’arbitro fa storia a sé, e si può essere bravi anche arrivando da luoghi dove non si pratica calcio ad alti livelli. E il ruolo dell’arbitro è talmente importante da renderlo protagonista al pari dei 22 in campo. In sintesi, l’arbitro è il calcio, a pari dignità con il giocatore.

È stata sottolineata l’importanza dell’allenamento fisico, ma non solo. Bisogna lavorare interiormente su sé stessi per diventare bravi, lavorare sulla psicologia, avere carisma e carattere per consentire alla partita di correre veloce, perché le perdite di tempo ammazzano il gioco. In futuro, bisognerà avere la forza e la capacità di lavorare in team. Perché l’arbitro del VAR non sarà come il guardalinee, che pure, col tempo, ha aumentato la propria influenza e abilità.

Difficile, anche per un giornalista di grandissima esperienza come Sergio Ostinelli, arginare il fiume in piena di Casarin, che ha poi risposto ad alcune domande del pubblico, prima di congedarsi. Davvero un lunedì sera inusuale, insomma: ma ne valeva veramente la pena.

 

 

Silvano Pulga
Silvano Pulga
Da bambino si innamorò del calcio vedendo giocare a San Siro Rivera e Prati. Milanese per nascita e necessità, sogna di vivere in Svezia, e nel frattempo sopporta una figlia tifosa del Bayern Monaco.

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