Una chiacchierata con…Emanuele Fracascia

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Dopo l’intervista a Francesca Indelicato, il prossimo ospite della nostra chiacchierata alla scoperta delle stelle meno conosciute dell’universo dello sport italiano è Emanuele Fracascia, Commissario Tecnico della Nazionale Italiana Maschile di Sitting Volley. Una Nazionale che in questo fine settimana si è piazzata quinta al torneo di Porec, in Croazia, non riuscendo a strappare la qualificazione per gli Europei di Budapest dello scorso luglio. Ma, nonostante questo, la realtà e il messaggio di questa Nazionale vale più di 1000 vittorie. Ed è giustissimo conoscerla e diffonderla.

Salve, CT. Grazie per aver accettato il nostro invito. Innanzitutto, per i non addetti ai lavori, potrebbe descrivere la disciplina del Sitting Volley?
Il Sitting volley è una disciplina paralimpica che fa parte del programma dalle Paralimpiadi fin del 1980 al maschile e dal 2004 al femminile. Si tratta della pallavolo per atleti con disabilità fisiche e/o locomotorie.

Perché iniziare a praticare Sitting Volley? Si può iniziare a qualunque età oppure è preferibile incominciare in una determinata fascia di età?
Perché iniziare a giocare a sitting volley? Perché è uno sport di squadra coinvolgente, veloce e allo stesso tempo faticoso. Quando iniziare? Beh, da giovani si assimilano determinati schemi motori più velocemente, ma in ogni caso non c’è un limite d’età per iniziare a giocare. In Nazionale abbiamo atleti che hanno cominciato a quarant’anni, recuperando da un incidente. Atleti che hanno provato diverse attività sportive e tra queste anche il sitting volley e si sono divertiti molto, approfittando di tutte le qualità di questo gioco che oltre a essere divertente è anche inclusivo.

Per chi vuole iniziare a praticare Sitting Volley, quali sono i passi da seguire?
Chi vuole iniziare deve prima di tutto avere l’idoneità medica sportiva e poi scandagliare nella zona se ci sono società attive. In questo momento, in Italia vi sono una trentina di società attive tra maschile e femminile sparse un po’ a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. Per verificare la vicinanza a una di queste società si può andare sul sito della Federazione Italiana Pallavolo dove è collocato il link dedicato al sitting volley oppure attraverso i canali social come ad esempio Facebook.

Quale è il bilancio del 2018 della Nazionale maschile? Si ritiene soddisfatto?
Nel 2018, abbiamo partecipato a un solo torneo internazionale a marzo, un torneo di qualificazione ai Campionati del Mondo ma non siamo riusciti a qualificarci. Quindi ci siamo concentrati sia sull’attività promozionale sia su quella di preparazione agli impegni di quest’anno e dei prossimi. Quindi, squisitamente dal punto di vista tecnico il bilancio del 2018 non può essere soddisfacente, però almeno si è consentito ai nostri giocatori di acquisire esperienza internazionale. Non ci dimentichiamo che in Italia abbiamo iniziato a giocare più tardi a sitting volley, quindi abbiamo un gap da recuperare rispetto ad altri paesi. Un processo che necessariamente fa passare inizialmente attraverso delle sconfitte che servono per crescere sia come giocatori che come squadra per alzare il nostro livello tecnico. Da questo specifico punto di vista, il 2018 è stato un anno di crescita rispetto al livello di partenza del nostro movimento.

E le prospettive del 2019? Quali sono gli obiettivi principali? E come si sta preparando la Nazionale per raggiungerli? *
Per il 2019, il momento più importante è adesso dato che abbiamo un torneo di qualificazione per i Campionati Europei di Budapest di luglio che sarà in Croazia dal 21 al 24 di febbraio. Oltre a noi ci saranno altre sei squadre. Ci siamo preparati con due collegiali, sia a Missaglia e a Montesilvano e faremo un ulteriore collegiale prima della partenza per il torneo di Porec a Milano 

Quali sono le avversarie più forti a livello internazionale?
L’Iran Campione del Mondo e campione paralimpico, poi Bosnia-Erzegovina, Egitto e Russia. Queste sono le nazionali a livello mondiale da seguire.

Avvertite una sorta di “rivalità” nei confronti di discipline del movimento paralimpico più note anche ai non addetti ai lavori, come basket in carrozzina e/o paraciclismo?
Mah, dove il sitting volley si è riuscito a sviluppare, ha già preso molto campo. Si tratta di una disciplina unica. A livello italiano abbiamo sviluppato un campionato nazionale per dare la possibilità di giocare, con squadre formate da due giocatori disabili e quattro che possono essere normodotati. Cioè possono giocare sia giocatori con disabilità che normodotati e questo è un modello di integrazione che non esiste in altre discipline sportive, quindi non sento alcun tipo di rivalità con loro, anzi sono convinto che proprio grazie a questa forza di inclusione, questa disciplina avrà un grande futuro. E forse saranno gli altri sport a sentire una sorta di rivalità nei confronti del sitting volley.

Da 1 a 10, che voto darebbe al movimento paralimpico italiano? Un voto che racchiude tutte le voci: strutture, risultati, diffusione mediatica, interesse, partecipazione.
Il movimento paralimpico italiano è in forte crescita. Il mio voto è un 8 pieno. Da Londra 2012 a Rio 2016 sono aumentate non solo le medaglie, quanto il rendimento complessivo degli atleti. Poi è in aumento anche il numero degli atleti paralimpici, quindi di persone con disabilità che praticano attività sportive. Frutto di una particolare promozione del movimento paralimpico che ha trovato grande sensibilità culturale in questo periodo. Gran parte del merito sul seguito del nostro movimento va al nostro presidente Luca Pancalli, che da ex atleta conosce tutte le dinamiche dello stesso e quindi come promuoverlo al meglio all’esterno. Se vogliamo trovare proprio un neo è che nelle ultime paralimpiadi non abbiamo partecipato a uno sport di squadra e speriamo che alle prossime ce ne possa essere uno. Che sia basket o sitting volley, perché no?

Spesso circolano voci che vorrebbero le Paralimpiadi essere definitivamente unite alle Olimpiadi. Cioè disputare gare olimpiche e paralimpiche nello stesso periodo e contemplare i risultati in un unico medagliere. Un’unione che sarebbe producente o controproducente, casomai dovesse avvenire?
A parte le difficoltà organizzative, farlo contemporaneamente sarebbe problematico e neanche producente condividere il tempo con le discipline olimpiche durante la giornata. Insomma, un’idea che boccerei subito.

Testimonial come Bebe Vio o Alex Zanardi quanto sono importanti per il movimento paralimpico italiano affinché le luci della ribalta non siano accese solo in occasione delle Paralimpiadi?
Bebe Vio e Zanardi sono atleti e personaggi fantastici, oltre i risultati hanno capacità mediatiche molto dirette e sono la copertina del movimento paralimpico. Loro aprono la porta e noi dobbiamo essere bravi ad attraversare questa porta, entrando realmente nel territorio e a contatto con le persone. Sono importanti le giornate paralimpiche, i progetti che si fanno, come il progetto europeo per portare il sitting volley nelle scuole dove si coinvolgono i ragazzini con diverse disabilità, sitting volley integrato a disabilità cognitive e sensoriali. Un progetto molto reale e molto diretto e se troviamo già una porta aperta grazie a persone come Zanardi, Bebe Vio e il nostro presidente è più facile veicolare il messaggio.

In conclusione, un suo pensiero da “addetto ai lavori” sul 2018 delle Nazionali italiane di pallavolo, sia quella maschile che quella femminile. In particolar modo, sui due mondiali disputati dalle nostre rappresentative.
Per quanto riguarda il Mondiale maschile, l’evento ha dimostrato ancora una volta le capacità organizzative dell’Italia, con palazzetti pieni e un entusiasmo del pubblico davvero notevole. Dal punto di vista tecnico, la Nazionale ha raggiunto quello che poteva raggiungere. Mancava un po’ di qualità per giocarsi la finale. Per la femminile è stata una cavalcata entusiasmante dove abbiamo conosciuto tante giocatrici giovani, brave e affamate. Una nazionale multietnica che rappresenta pienamente il nostro Paese. Qualcosina è mancata, soprattutto in termini di esperienza. Ma quest’ultima arriverà, nel frattempo non si può che definire il mondiale 2018 come positivo.

Giuseppe Pucciarelli
Giuseppe Pucciarelli
Nato a Salerno il 3 maggio 1986, laureato in Fisica, ex arbitro di calcio FIGC. “Sportofilo” a 360° con predilezione per calcio e ciclismo, è un acceso e convinto fantacalcista.

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