Tutti sono utili, qualcuno è indispensabile

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Piatto forte del turno di Campionato pre-Natale, Juventus-Roma era inevitabilmente additata da addetti ai lavori e non come il big-match del diciassettesimo turno del Campionato di Serie A in corso. Big match. Due semplici paroline che per Mario Mandžukić da Slavonski Brad (piccola cittadina croata di circa 60 mila anime, sita nella parte più interna del piccolo paese balcanico) hanno lo stesso effetto che sull’umore di un toro ha un drappo rosso sgargiante.

La Roma di Di Francesco, ironia della sorte di rosso vestita, non ha potuto dunque evitare quella che con il passare delle settimane sta assurgendo sempre più al rango di “legge non scritta“: quella del gol di Mandžukić contro le grandi. A voler cercare un ulteriore spolverata di ironia da parte degli dei del calcio all’interno della metafora di cui sopra, il “centravanti” croato decide la gara dell’Allianz Stadium con un’incornata, piatto forte della casa. Affondati dalla zuccata del croato, i Capitolini vanno a fare compagnia a Napoli (colpito due volte dal croato), Inter, Milan e Lazio, cui per completezza si aggiungono Parma e SPAL.

La straordinaria capacità di refertare timbri decisivi in partite importanti di Mandžukić registra un esponenziale sviluppo nella stagione in corso (limitatamente all’esperienza juventina), contribuendo ad accrescere il valore aggiunto di un giocatore che fondamentale nello scacchiere tattico di Allegri ci era già in verità. L’upgrade il possente centravanti croato lo effettua in una soleggiata domenica di gennaio 2017: è in quella sede che, per la prima volta, Allegri vara il 4-2-3-1 nel quale a Mandžukić è affidato (non senza lo scetticismo di molti) il ruolo di “esterno sinistro“; l’intuizione dell’allenatore livornese si rivelerà un vero e proprio colpo di genio, con il croato che con molto sacrificio si adatta alla perfezione a un ruolo nel cui cantando e portando la croce fa da collante (alla sua maniera) tra centrocampo e attacco in una Juventus all’epoca orfana da qualche mese degli strappi di Paul Pogba.

L’applicazione, la generosità, la forza fisica e il comunque ottimo bagaglio tecnico, fanno di Mandžukić un calciatore imprescindibile per Allegri a scapito di calciatori di assoluto livello come Douglas Costa, Cuadrado e Bernardeschi, con il croato capace di fornire un contributo tangibile a quell’equilibrio di cui Allegri fa un dogma. Sempre presente in fase di ripiegamento sugli affondi di Ünder e Santon nella partita contro la Roma di sabato sera,  Mandžukić si fa trovare presente all’appuntamento con il gol che a conti fatti regala gli ennesimi tre punti ai piemontesi, ora a un’incredibile striscia fatta di 16 vittorie e 1 pari in 17 uscite stagionali in Campionato. Oltre ai pesantissimi gol menzionati in precedenza, il ruolo del numero diciassette juventino è reso (qualora ce ne fosse bisogno) ancora più importante nell’incastro perfetto che Allegri è riuscito a trovare nei movimenti tra Mandžukić, Cristiano Ronaldo e Dybala; se quest’ultimo infatti agisce oramai ufficialmente da rifinitore, il portoghese e il croato stanno sviluppando un’intesa sempre convincente (nonché vincente) basata su un’alternanza continua dei due tra l’out di sinistra e il cuore di rigore, con il croato che per ovvi motivi è il più dedito in questa strana coppia alla fase di ripiegamento.

Non più tardi di qualche settimana fa, prima della partita di Champions League con il Valencia (decisa proprio da Mandžukić), parlando del proprio modulo Allegri lo definì un “4-3-e un pò di casino“, proprio a sottolineare l’atipico tridente di cui i bianconeri possono fregiarsi. Un tridente che nella partita dello scorso sabato all’Allianz Stadium ha permesso ai bianconeri di far propri i tre punti per l’ennesima volta in questa stagione, e sul quale da qui a febbraio il tecnico dei livornesi lavorerà al meglio per fare “casino” contro una delle fasi difensive più “ordinate” d’Europa: quella dell’Atlético Madrid.

Michael Anthony D'Costa
Michael Anthony D'Costa
Nato a Roma nel 1989, si avvicina al calcio grazie all’arte sciorinata sui campi da Zidane. Nostalgico del “calcio di una volta”, non ama il tiki-taka, i corner corti e il portiere-libero.

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