Rugby league, verso il 29 ottobre – A tu per tu con Simone Boscolo (Italia A)

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Sabato 29 ottobre Monza sarà davvero – come suggerisce l’hashtag scelto della FIRL – #lacasadelRugbyLeague.

Non solo Italia-Galles, non solo le qualificazioni alla Rugby League World Cup 2017: alle 14 infatti risuoneranno gli inni nazionali di Italia e Belgio per la una sfida di tutto rispetto, tra l’Italia A e il Belgio.

L’Italia A è espressione del movimento autoctono, locale alternativa alle stelle che affronteranno la difficilissima sfida del Galles; ma è anche la versione a 13 dell’Italia Emergenti, o dei Saxons inglesi. Una tradizione che forse anche un certo sport con la palla rotonda potrebbe e dovrebbe ripristinare: si vedrebbero meno “esordienti” assaggiare il livello internazionale già nelle sfide che contano.

Molti dei giocatori dell’Italia A hanno già giocato nella nazionale maggiore; né questa convocazione è una retrocessione, tutt’altro: il Belgio è una squadra in crescita e si sta affacciando al rugby che conta. Sa il fatto suo e ce lo ha detto il suo capitano in un’intervista telefonica: “Da noi il league sta un po’ all’ombra dell’union, ma c’è spazio per entrambi. Contro l’Italia dovremo spingere al massimo“.

Incontriamo, per avvicinarci alla partita, Simone Boscolo (Arieti Este), tra i 23 convocati in vista di Italia A-Belgio. Non si può dire sia timido, né che gli manchi la voglia di parlare: il rugby a 13 (anche) come occasione di crescita dopo le difficoltà in certe esperienze a 15, un legame fortissimo con la maglia azzurra.

Ciao Simone. Anche tu vieni dal mondo del rugby union? Quali esperienze hai fatto a XV? 

Sì, vengo pure io dal XV. Ho iniziato all’età di 7-8 anni, per cui posso dirti che gioco a rugby a una quindicina d’anni. Mi sono avvicinato a questo sport per via del terzo tempo, poi col tempo mi sono innamorato delle due dinamiche e dei suoi valori. Ho iniziato a giocare a Este, col C’è l’Este Rugby; le giovanili le ho fatte con una squadra mista tra Este e Badia, ho esordito a 18 anni nel campionato di A2 col Badia (c’era Stefano Bordon allenatore). Fu un ottimo anno, a un buon livello, mi permise di crescere ma ahimè dopo inizò un periodo difficile per me; messo in disparte e poco considerato per favorire qualche giocatore più vecchio di me o qualche straniero nell’attesa che crescessi. Cosa impossibile, essendo stato lasciato in un angolino da solo nella speranza che accadesse qualcosa dal nulla. La cosa che mi fa ridere e arrabbiare allo stesso tempo è che avevo e ho delle potenzialità per diventare un ottimo giocatore; questo perché quelle volte che mi facevano giocare arrivavano puntuali i complimenti per le prestazioni; purtroppo, subito dopo tornavo in panchina e il campo lo rivedevo solo dopo che il titolare del mio ruolo si infortunava. Ho quindi provato a cercare fortuna nei Rangers di Vicenza (non ti dico le difficoltà a livello di cartellino), ma anche lì non è andata bene quasi per gli stessi motivi. Nonostante tutto lì ho trovato un bel gruppo al quale sono tuttora attaccato e in contatto. Ora, per motivi personali, sono ritornato a giocare a casa, a Este in serie C2, in  quanto ho alcuni progetti sportivi che voglio assolutamente sviluppare.

Come e quando ti sei avvicinato al league? 

Mi sono avvicinato al rugby league grazie a Tiziano Franchini (vice presidente della FIRL), che ha creato la squadra degli Arieti Este per la prima volta nel 2012 (secondi nel campionato italiano, battuti in finale dall’esperta squadra di Piacenza). Era maggio, i campionati di union erano finiti, idem gli allenamenti: andai andato al campo da rugby a Este per giocare al tocco e passare un po’ di tempo insieme ai ragazzi della prima squadra di Este (che al tempo militavano nel campionato amatoriale di rugby union)…

Prime impressioni?

Quando arrivai notai che i ragazzi, invece che provare qualche acrobazia col pallone da rugby, si stavano scaldando spalle e tutto, come se dovessero placcare; cosa alquanto strana a fine campionato. In  quell’occasione conobbi meglio Tiziano, che mi invitò ad unirmi a loro in questo nuovo sport chiamato “Rugby League” e mi chiese di affrontare il campionato insieme a loro. All’inizio ero un po’ titubante, ma visto che arrivavo da un brutto periodo personale e l’estate si preannunciava vuota, decisi di accettare l’invito e provare questa nuova avventura, nonostante gli esami di maturità. Presto quella titubanza si sarebbe trasformata in passione per questo meraviglioso sport. Devo quindi ringraziare Tiziano che quella volta mi invitò a fare questa nuova esperienza, di cui non sono per niente deluso, anzi! 

Foto © Giuseppe Maugeri
Foto © Giuseppe Maugeri

Praticare entrambi i codici ti ha aiutato, come crescita a livello di gioco?

Credo importante premettere che sono cresciuto in piccole realtà, e facevamo fatica ad ogni allenamento ad essere in 15, questo dal mini rugby fino all’ultimo anno di giovanile. Detto questo, ciò che mi ha trasmesso maggiormente l’union sono i valori del rugby, valori che sono condivisi da entrambi i codici: umiltà, sacrificio, fratellanza, divertimento, duro lavoro, onestà e passione (spero di averle dette tutte). Oltre a questi bellissimi valori, il rugby negli anni non mi ha trasmesso molto a dal punto di vista tecnico: mi sono sempre sentito un po’ abbandonato a me stesso: per migliorare, mi mi mettevo da solo ad allenarmi o a guardare dei video che trovavo in
internet. Conoscere Tiziano mi si aprì un nuovo mondo. Ho imparato a placcare come si  deve, ad analizzare ciò che avevo davanti e a prendere decisioni di gioco in base alla situazione e ho scoperto gli angoli di corsa. Queste sono solo alcune delle cose tattico-tecniche che mi ha insegnato il league e che mi hanno permesso di migliorare notevolmente come giocatore.

Quali sono le principali differenze? 

Beh, la prima differenza che si nota è che ogni squadra ha 6 fasi per poter andare in meta e che dopo ogni placcaggio bisogna tornare indietro di 10 metri dal punto dove è avvenuto il placcaggio. Questo provoca, ed è la seconda cosa che viene subito all’occhio ad un neofita del rugby league, una maggior velocità e continuità di gioco, dove i tempi statici vengono ridotti al minimo. Un’altra differenza importante è la quasi totale assenza dei calci tattici presenti nel rugby union, cosa che spesso fa addormentare lo spettatore. Poi, nel league c’è una grossa padronanza dei fondamentali tecnici, da parte di qualsiasi giocatore in campo, dal pilone all’estremo, cosa che a volte manca a 15. Quest’ultima cosa spesso comporta, specialmente nei campionati di altissimo livello come NRL o Super League, azioni spettacolari e mozzafiato che lasciano a bocca aperta spettatori ed avversarsi. Poi il league ha scontri “da film apocalittici”, oltre a una velocità/intensità di gioco pazzesca (di 80 min di gioco, 75 saranno gli effettivi, se non di più). Se posso aggiungere, poi, dopo una partita entrambe le squadre si fermano a far festa e a mangiare assieme a tutti quelli che sono venuti, dando vita ad un vero e proprio terzo tempo, creando una grande famiglia, la famiglia del rugby league (infatti l’hastag “#unaFamiglia” non è a caso). A parer mio questa cosa nell’union si è persa molto, infatti una volta finita la partita, si mangia la pasta, si scambiano due chiacchere se si conosce qualcuno della squadra avversaria, altrimenti si torna subito a casa.

Simone boscolo FIRL

Hai già giocato con l’Italia di RL? 

Si, la prima volta che ho indossato la maglia azzurra è stato con la nazionale Under 18 a Piacenza, contro la Germania; in quell’occasione ero un fuori quota di un anno ed abbiamo pure vinto. Ricordo di aver segnato più di qualche meta. L’anno dopo ho avuto la fortuna e l’onore di indossare la maglia azzurra della nazionale maggiore nello European Shield, contro la Germania in terra tedesca e subito dopo con la Serbia in casa…Mia ad Este, davanti alla mia famiglia e ai miei cittadini. Fu davvero un grandissimo onore indossare la maglia dell’Italia. Ricordo che in quella partita riuscii a segnare una meta…Un ricordo che porterò nel cuore per sempre. Dopodiché sono riuscito a guadagnarmi una convocazione quasi per ogni partita dello Shield. Unico rammarico è non esser riuscito ad entrare nella rosa per le qualificazioni alla coppa del mondo: sono dovuto stare fermo quasi tutta l ’estate per motivi di studio,  per poter portare a termine il mio primo percorso universitario ed è solo da un mese che ho ripreso gli allenamenti. Ora come ora il mio obbiettivo è rimettermi in forma dal punto di vista atletico e affrontare al meglio il match contro il Belgio.

Torniamo al league locale…

Ho giocato sia con gli Arieti Este che con il XIII della Ghirlandina (Modena). In entrambe le città il league non è riuscito a prendere molto piede, per cui si è stati costretti in qualche stagione ad unire le forze. L’anno in cui è stata creata la squadra degli Arieti eravamo una trentina di persone ed siamo riusciti perfino a presentare due squadre. Un giorno spero di poter andare all’estero (in Australia o in Inghilterra) a provare il vero rugby league: non che il nostro sia una brutta copia, è che il livello in quei paesi è certamente più alto del nostro e voglio confrontarmi con gente più brava e forte di me.

Cosa ti aspetti dal test col Belgio?

Contro il Belgio sarà una partita dura. Molti di noi non si vedono dalla partita contro il Libano di inizio giugno, dove si riuscii a creare una bel gruppo con una forte intesa (tanto è vero che siamo ancora in contatto, nonostante le distanze). I nuovi innesti poi sono sicuro che saranno all’altezza. Se siamo uniti nessuno può fermarci. Inoltre molti di noi non sono riusciti a entrare nella rosa per le qualificazioni un ottimo palcoscenico, per metterci in mostra in vista degli impegni e convocazioni future.Personalmente, poi, ho visto che tra i convocati sono uno dei “veterani”, ciò mi sprona ancor di più a far meglio, insieme al legame con la maglia azzurra.

FIRL Rugby League Italia

L’esordio di Mirco Bergamasco in Nazionale di rugby league ha dato una scossa all’ambiente? 

Non sapevo della sua passione leagu. Devo dire che dal punto di vista del movimento italiano è una bella botta di pubblicità, che non può altro che far bene, magari facendo avvicinare persone che fino ad oggi erano rimaste un po’ diffidenti nel provare questo bellissimo sport (oltrettutto, nelle interviste dice che si è divertito molto e gli è piaciuto). Nella mia zona ci sono molte persone che non guardano di buon occhio il rugby league. Tra l’altro, la maggior parte di queste persone sarebbero molto più portate a questo sport che all’union e sono certo che lo troverebbero molto più divertente. Non ho potuto vedere la partita per vari problemi, ma di certo so che Bergamasco ha fatto una bella figura e che si è adattato facilmente al gioco. Inoltre il suo stile di gioco era molto in linea col XIII. E poi la sua esperienza internazionale ha giovato. Ora speriamo solo di vincere contro il Galles davanti il nostro pubblico e portarci a casa questa qualificazione subito, visto che ce la meritiamo!

In bocca al lupo per Monza e grazie della disponibilità. P.S.: segui la NRL?

Grazie Matteo e grazie a te per questa intervista. Ne approfitto per fare un grosso in bocca al lupo ai tutti i miei compagni, specialmente a Celerino e a Pagani con cui ho sputato sangue assieme sullo stesso campo più volte, che affronteranno Serbia e Galles. Purtroppo non ho tempo per seguire la NRL. L’unico momento in cui mi ritaglio un po’ di tempo per seguirla è durante lo State Of Origin, che me lo godo in diretta streming da casa, oppure tramite gli highlights che si trovano su YouTube o Facebook.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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