Un matto bello

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Una sera di qualche anno fa, come a volte mi capita, mi trovavo ad ascoltare Cordialmente, il programma radio condotto da Elio E Le Storie Tese. Tra salti insensati tra argomenti diversissimi e citazioni messe lì per ridere e far ridere, è spuntato fuori il nome di Mike Patton, cantante dei Faith No More, che Elio stesso ha definito: «Un matto assoluto. Ma un matto bello, di quelli belli» per descrivere la lucida follia del personaggio, passato dal dominare le classifiche col suo famosissimo gruppo a dischi da solista sperimentali più o meno assurdi (uno cantato interamente in italiano, peraltro).

Ecco, non saprei trovare altra definizione possibile per Walter Sabatini, DS dimissionario (e già dimissionato) dell’AS Roma.

Sabatini non è normale, questo è palese. È – nel suo piccolo – un bug del sistema in cui si trova inserito, un personaggio che ha alcuni tratti tipici dell’operatore di pallone tipo, magari anche di quello che ne sa, e altri che non c’entrano assolutamente nulla. Prendiamo il suo passato da calciatore più che mediocre: quanti ex giocatori di dubbio valore sono poi risorti dalle proprie ceneri riaffermandosi nel mondo del calcio in altre vesti? Tanti, non è una novità.

Meno normale è invece un direttore sportivo che si intenda di letteratura, che curi l’eloquio in maniera maniacale: in una dialettica talmente banale da essere fin troppo spesso sconcertante nella sua ripetitività qual è quella che ruota attorno al calcio, in un mondo dove la composizione di una frase attraverso pochissimi stilemi fissi (l’unico rimedio è il lavoro, il calcio è fatto di episodi, X è un giocatore importante… aggiungerne altri a piacimento) è la prassi, le conferenze stampa di Sabatini risplendono come un Rembrandt circondato da opere di fiamminghi minori.

Va anche detto che questa sua pretenziosità verbale (e culturale, suvvia) gli è concessa soprattutto dall’indubbio talento nello svolgere il suo lavoro, altrimenti sarebbe soltanto una macchietta. Intendiamoci, errori ne ha fatti e alcuni nemmeno piccolissimi però, nel complesso, il buon Walter ha ammassato negli anni un tale parterre di calciatori azzeccati che non si può non vedere il saldo positivo della faccenda. Sui social, anzi, spesso e volentieri è stato preso come esempio del DS che non ne sbaglia una (esagerando) e certamente anche il suo carisma tabagista da Bukowski del pallone lo ha aiutato: un uomo che scova talenti ignoti o ignorati e li lancia, cita Pirandello parlando di attaccanti che fanno le bizze, ha una raucedine da sigaretta che neanche Joe Cocker e il volto scavato da esistenzialista col male di vivere colpisce, non c’è niente da fare. Gli elementi per tirare fuori il guru da Sabatini Walter ci sono e infatti più di uno l’ha fatto.

Però la sua alterità, il suo essere anomalo, se non necessariamente piacere, lo porta senz’altro a interessare l’astante – anche questo gli va senz’altro riconosciuto. Perché spesso è una voce fuori dal coro, perché è un uomo a cui piace non solo parlare ma anche mettersi più a nudo di tantissimi altri – altro fattore che lo distingue dalla massa. Sinceramente passionale e antagonisticamente alieno, questo è Sabatini.

Finché non troverà una nuova squadra ci mancherà.

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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