Il buongiorno si vede da Infantino

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Quante volte li abbiamo sentiti: «Nei primi cento giorni del mio mandato farò…». Una dichiarazione che peraltro, in media, trovo insultante: cosa farete poi, dopo i primi cento giorni in cui viene fatto di tutto e di più?

Beh, di sicuro possiamo dire che i primi 42 giorni di Gianni Infantino da presidente della FIFA non sono stati irresistibili. Già la campagna elettorale aveva avuto le sue criticità, e su queste colonne avevamo titolato Purché non sia un Blatter 2.0. Non ci era piaciuta l’idea del mondiale a 40 squadre: concepibile che l’Europa voglia spazio, ma tante più squadre si hanno, tanto maggiori diventano gli introiti, e tanto minore diventa la competitività.

Si ritorna sempre lì: «quando penso alla FIFA, mi chiedo se il calcio sia ancora un’arte (in senso lato) o soltanto vil denaro». Perché ovviamente nei cosiddetti Panama papers ci sono anche nomi importanti del pallone mondiale: incluso Messi (che già qualche contenzioso col fisco spagnolo lo ha avuto), incluso il nuovo che avanza, ovverosia Infantino.

Mettendo per un attimo da parte l’entusiasmo dell’attivista per le libertà digitali (i Panama papers sono una dimostrazione di quanto la sicurezza e la crittografia siano fondamentali, e a diritto dei cittadini), cerco di guardare ai soliti noti. E sarà sicuramente una coincidenza che Platini, a meno di un anno dall’elezione alla UEFA, cercasse i servigi della Mossack Fonseca per aprire una società in un paradiso fiscale. Non il massimo, per un “moralizzatore”.

Poi cerco oltre e capisco: «Blatter ha fatto molto, ha commesso qualche errore, ma ha fatto anche cose buone, adesso c’è bisogno di trasparenza e Infantino può portarla», ha dichiarato Le Roi. Con Blatter che passa da amico a nemico pubblico numero uno, e adesso che entrambi sono fuori dal giro diventa quasi un anziano bonaccione che ha fatto tanto, e qui e lì ha sbagliato, poverino. Diciamo pure che, a livello di strutture di potere, è chiara la fazione vincente.

Difatti Infantino, chiamato a rispondere sulla compravendita di diritti televisivi UEFA in Sudamerica, ai tempi in cui era a capo dell’ufficio legale, risponde dalla Bolivia: sta svolgendo un giro di visite per ringraziare i propri grandi elettori. Ed è chiamato a smentire di avere avuto rapporti con figure che la UEFA si vantava di non conoscere (a differenza di Blatter & co.). Sarà una bolla di sapone, sarà quel che sarà, ma proprio trasparente non sembra.

Non mancheranno ad arrivare le voci che gridano al gombloddo mondiale: perché, usando la logica stringente, in realtà nessuna azione umana è realmente spiegabile, figurarsi quelle che hanno conseguenze milionarie (ahi, se penso a Roma 2024). E perché, usando una logica binaria, niente funziona più – a essere più esatti: nel mondo del bianco e del nero, non c’è spazio per l’infinità di grigi che pervade la realtà dei fatti. Si è buoni o cattivi, “furbi” non è previsto.

Ed è su quel grigio, su quella enorme zona grigia, che la Commissione etica della FIFA sarà chiamata a lavorare. Senza guardare in faccia a nessuno, perché se Blatter e Platini si sono presi sei anni, non mi pare che il nuovo che avanza possa dirsi lindo, giovane e distaccato. Meglio: scusatemi la figura volutamente ributtante, ma non penso che il raffreddore si possa curare ingerendo robuste dosi di muco. Se il buongiorno si vede da Infantino.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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