Il basket europeo e una “speranza” chiamata 2024

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Di Conte e del suo annunciatissimo addio (o arrivederci, visto che come tecnico è relativamente giovane?) alla Nazionale abbiamo già detto. Lo stesso degli Europei che dovrebbero comunque giocarsi a porte aperte, malgrado il temporale sia ben lungi dal finire. E proprio mentre sale la febbre degli Europei, si va a spegnere Johan Cruyff (diciamo solo questo: a Barcellona si sono dovuti sorbire il figlio Jordi, ma è stato Johan a portare il modello Ajax che ha via via sfornato squadre fantastiche).

Ma c’è un’altra Europa a cui guardare con attenzione. Meglio ancora: guardare con una attenzione che si affaccia su tutto il globo. Ed è l’Europa della pallacanestro: quella di Trento che sbanca Milano ed entra in semifinale di Eurocup, quella che diventerà protagonista con il Preolimpico a Torino. E quella della lotta tra la FIBA e la ULEB (cioè: le federazioni e le squadre).

Ne avevamo già parlato, sempre su questi schermi, non più tardi di due mesi fa: l’associazione delle squadre, la ULEB, ha lanciato un nuovo formato per l’Eurolega, e l’associazione delle federazioni ha proposto la propria Champions League. Nel mezzo, schermaglie tattiche; in campo italiano, la Lega Basket (che fa parte della ULEB) è rimasta a guardare e lasciar fare, mentre la Federazione Italiana Pallacanestro ha mostrato il pugno duro.

I fatti: se per l’Eurolega (contratti decennali a 11 squadre, tra cui Milano), a oggi, non ci sono problemi, per la seconda coppa firmata ULEB ce ne sono anche troppi. L’accelerazione è avvenuta quando sono stati proposti contratti triennali ad alcune compagini (in Italia sono Reggio Emilia, Trento e Sassari); la Lega si è schierata per la libertà individuale, la FIP ha risposto riprendendosi l’organizzazione della Serie A e diffidando le squadre dal firmare i triennali. Posizione inappuntabile, in punta di diritto.

Facciamo un passo indietro: all’inizio del millennio, quando nacque la nuova Eurolega, si parlava di licenze triennali che, così, potevano sia garantire il diritto sportivo (la licenza si guadagnava con i risultati nelle competizioni nazionali), sia una programmazione a media gittata. Da parte di chi spende per ottenere risultati, è un criterio legittimo, e dopo un anno di separazione anche la FIBA ne prese atto.

Solo che poi i passi successivi sono andati tutti in una direzione sola, radicalmente differente. Criteri extrasportivi (capienza del palazzetto, percentuale di riempimento del medesimo, e così via) si sono sommati al resto, fino all’attuale licenza decennale che tanto sa di eternità. Diciamo pure: di franchigia (chi vuole capire, capisca).

È chiaro che dietro c’è un interesse chiamato denaro: da un lato, i club che vogliono garanzie; dall’altro, le federazioni che mettono sul piatto il proprio lavoro (pensatela come volete, ma senza il loro lavoro le nazionali non esisterebbero). E sia i club che le federazioni vogliono vendere i biglietti in prima persona. Ma un lato un po’ più poetico ci permette di dire, come minimo, che la licenza decennale è il contrario della programmazione: è l’anticamera dello sbracamento, per chi ce l’ha; e crea una strettoia impossibile per chi non la ottiene.

La FIBA ha rinunciato all’Europa di primissimo piano (l’Eurolega non è a rischio), ma vuole prendersi la scena immediatamente inferiore. Per farlo, però, si ritrova a puntare contro le licenze triennali (tacendo sulle decennali): penalizza chi vuole programmare, tacendo invece su chi vuole bloccare la situazione per dieci anni in barba a ogni merito sportivo. Suona strano, ma è la realtà.

Così come la realtà italiana è ancora un filo più complessa: incassato il Preolimpico, il CONI ha bisogno dell’appoggio della FIBA per la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024. Appoggio che a parole c’è – ma verrà presumibilmente meno nel momento in cui la FIP dovesse fare regali ai club.

Un gioco di incastri non semplice, dal quale la candidatura di Parigi ha tratto vantaggio: tutti allineati in Francia, nessuna crepa, e progetto che viaggia spedito. Se davvero non vogliamo perdere il treno, dobbiamo riacciuffarlo; e, per farlo, dobbiamo riuscire a mettere assieme una bolgia di interessi contrastanti. Auguri.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

L’anatema di Maurìto

Dietro questo pezzo c'è una premessa, che sa di promessa fatta ad uno dei caporedattori storici di Mondopallone. Non faccio il nome per motivi...
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