ATP World Tour Finals: quando lo “spettacolo” batte la tradizione

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Ogni tennista o appassionato di tennis che si rispetti sa che in questo sport la sconfitta in un qualsiasi torneo significa essere eliminati e quindi non poter più giocare un’altra partita nella stessa competizione. Questo accade ovunque tranne che nelle imminenti ATP World Tour Finals di Londra e nelle WTA Finals di Singapore conclusesi con la vittoria di Serena Williams. Il grande evento londinese a cui prendono parte i migliori otto giocatori del circuito (in questo caso ci sarà il nono, Raonic, al posto del terzo, Nadal) si è giocato per la prima volta a Tokyo nel 1970, anno in cui trionfò l’americano Stan Smith, a cui saranno poi intitolate anche delle scarpe “abbastanza” famose; e viene disputato con la formula dei gironi “all’italiana”.

I protagonisti vengono divisi in due raggruppamenti da quattro giocatori ciascuno e ogni tennista gioca così almeno tre partite indipendentemente dai risultati. Per ovvie ragioni di marketing questo rappresenta un vantaggio per gli organizzatori e per i ricchi sponsor, ma molti appassionati e addetti ai lavori, tra cui il grande Gianni Clerici, storcono il naso di fronte a questa formula che stona con i principi e le tradizioni del tennis.

Come detto prima, la “sacralità” di questo sport prevede che un giocatore non possa proseguire il suo cammino e addirittura vincere una competizione incappando in una sconfitta negli incontri precedenti. Inoltre, la formula a gironi fa sì che spesso i terzi incontri si rivelino inutili per uno dei due tennisti in campo e rischino così di falsare l’andamento del torneo avvantaggiando l’avversario diretto o un altro giocatore magari già sceso in campo. Questo si verifica anche perché non potendo esserci la contemporaneità degli incontri (oltre a esserci un solo campo ovviamente questo andrebbe contro il volere di sponsor e televisioni), i giocatori dell’ultima partita in programma scendono in campo sapendo già il risultato degli altri due componenti del girone.

Fortunatamente la professionalità dei giocatori può evitare episodi contrastanti la sportività che suggerirebbe di dare sempre il massimo quando si scende in campo. Il caso più recente è quello di Simona Halep, che poche settimane fa a Singapore aveva la possibilità di eliminare Serena Williams perdendo contro Ana Ivanović, ma ha invece giocato la sua partita lottando e perdendo in tre set. Così facendo la rumena ha permesso alla numero uno del mondo di passare il turno. In finale poi la Williams ha spazzato via la Halep, che però si è guadagnata l’apprezzamento di tutti per la sua grande sportività.

Se si vuole guardare la cosa pensando all’obiettivo di un tennista, e cioè vincere il torneo che sta giocando, una scelta come quella della Halep potrebbe però essere opinabile. Il punto è che questo sport non è fatto per lasciare spazio a questi discorsi in quanto non ci sono né pareggi né campionati; un giocatore sa che dipende solo da sé stesso (con l’eccezione della Coppa Davis, paragonabile in un certo senso alla Ryder Cup nel golf), come in ogni sport individuale che si rispetti.

Tuttavia questa formula garantisce 15 incontri contro i 7 che sarebbero richiesti dalla classica, e lasciatemi dire perfetta, eliminazione diretta (quarti di finale, semifinale e finale in questo caso). Inutile dire che i guadagni per chi organizza l’evento sarebbero quindi inferiori, ma di sicuro le partite sarebbero più entusiasmanti e poi essendo le ATP World Tour Finals a fine stagione non si vede il bisogno di avere un numero di partite più elevato per dei giocatori che arrivano già stremati all’appuntamento.

Probabilmente le speranze di vedere un tabellone “normale” resteranno ridotte al lumicino per gli amanti delle tradizioni e dello storico spirito del tennis, ma sognare non costa nulla e allora, in attesa che Federer provi a vincere il suo settimo titolo e Djokovic vada alla ricerca della terza affermazione consecutiva, ecco come sarebbe il programma di Londra se invece dei gironi di calcistica memoria ci fosse il tanto caro “uno contro uno” (o “knock-out tournament”, per dirla all’inglese):

Djokovic-8 Čilić
4 Nishikori-Murray

Wawrinka-Berdych
Federer-Raonic

Riccardo Bozzano
Riccardo Bozzano
Nato a Genova, dove vive attualmente. Ama molti sport tra cui basket, calcio, football americano e tennis. Segue il calcio italiano, europeo e sudamericano, con una forte passione per il campionato argentino.

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