Formula 1, GP Canada: Rosberg il ragioniere, Ricciardo l’opportunista

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A un certo punto, il Gran Premio del Canada è diventato bellissimo: sì, la solita Mercedes (Rosberg) davanti a tutti, ma subito dietro si era formato un trenino con Pérez, Ricciardo e Vettel, tutti racchiusi in meno di 3 secondi; scendendo giù fino all’ottavo posto, trovavamo anche Hülkenberg, Bottas, Massa e Alonso, entro gli 8 secondi dalla testa. Mancavano 15 giri alla fine: si direbbe che le modifiche regolamentari avessero pagato, con uno spettacolo senza pari.

Cinque giri alla fine: Ricciardo rompe gli indugi e sorpassa all’esterno, alla prima curva, la Force India di Pérez, subito poi insidiata da Vettel. Tutto questo mentre Massa aveva già superato il compagno di squadra e Hülkenberg, attaccandosi al primo trenino in un paio di giri. Due giri dalla fine: Ricciardo sorpassa Rosberg, che da molti giri stava gestendo una monoposto diventata difficile.

Come siamo arrivati a questa situazione? Dopo una prima metà di GP in cui l’unica incertezza riguardava quale Mercedes fosse destinata a tagliare per prima la bandiera a scacchi, entrambi i piloti Mercedes in sequenza contattano il muretto: hanno perso potenza tutto d’un botto, e i tempi sul giro sono peggiorati di almeno due secondi. Massa recupera un secondo a giro, mentre Rosberg e Hamilton ci capiscono poco.

Perché è successo questo: nel circuito che doveva esaltare la potenza (e quindi il motore Mercedes), i protagonisti annunciati hanno trovato il proprio limite. Il regolamento è stato interpretato in modo perfetto, la vettura è ancora la più performante… ma è ancora vulnerabile. Vince, domina, stravince – ma va anche saputa gestire. Rosberg, in questo, è ben più equilibrato del suo compagno di squadra: sa quando premere e quando gestire e accontentarsi.

Hamilton accelera e frena al massimo, e questo ieri gli ha girato contro (il guasto al motore elettrico gli ha tolto parte della potenza frenante, e lì l’inglese ci ha messo del suo per perdere anche ciò che gli restava). Venivamo da cinque doppiette consecutive, ma l’affidabilità a volte chiede il conto. In questo, è il mondiale di due personalità opposte: aggressività (anche verbale) contro raziocinio.

Problemi di freni, e la gara si riaccende. E viene da pensare che potenzialmente questo Mondiale potrebbe essere bellissimo da seguire. Un campionato dell’equilibrio, lo abbiamo visto in quei due trenini che hanno caratterizzato la fase finale del GP. Tolte (o “normalizzate”) le Mercedes, le altre sono un po’ tutte lì. Tutte, o quasi: perché se le Williams stupiscono (grande gara di Massa, fino all’errore finale che gli costa un possibile podio), se le Force India sono sfidanti credibili, ieri poi le Ferrari non si sono viste.

Problemi di affidabilità, a Maranello, non se ne vedono; di velocità e competitività, beh, sì. Ieri gli eventi avevano riaperto la gara: malgrado l’uscita di due piloti (Massa e Pérez) proprio durante l’ultimo giro, non si va oltre il sesto (Alonso) e il decimo posto (Räikkönen, che curiosamente raggiunge il suo predecessore, Massa, in classifica). Era un’occasione da cogliere, e le rosse non erano lì, anzi: non erano neanche vicine a essere lì.

Alla fine abbiamo capito come mai Ricciardo (al terzo podio consecutivo, e al primo timbro personale) continuava a dispensare sorrisi, a inizio stagione: tutti gli pronosticavano mesi duri, inseguendo il compagno di squadra, ma lui ne sapeva di più. Sapeva che era lì proprio con l’obiettivo di cogliere occasioni: per possibili defaillance di Vettel o di chiunque altro.È (anche) così che si vincono prima le gare, e poi (magari) i titoli.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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