Giocatori diversi ma il Vitesse non cambia: la nuova forza di Eredivisie

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Poche squadre possono dire di avere un progetto vero, e non solo millantare di averne uno. Una programmazione a lungo termine, un ricambio di giocatori sensato, magari continuo, ma mai (s)travolgente, l’obiettivo di vincere più prima che poi. Tutte queste sono caratteristiche che si possono ascrivere alla filosofia societaria e calcistica del Vitesse di Arnhem, ormai una realtà sempre più solida di Eredivisie.

Dopo il quarto posto della scorsa stagione, la squadra esistente sino a maggio è stata modificata notevolmente dagli interventi di mercato della società. Nonostante la perdita di elementi chiave come Bony, van Ginkel o Kalas ( i primi due venduti a Swansea e Chelsea, il terzo tornato ai Blues di Londra dopo un anno di prestito ad Arnhem), la compagine è diventata persino più forte in questa stagione.

Gli innesti di nuove colonne portanti come Piazon, van Aanholt o Atsu, tutti provenienti da Stamford Bridge e dei quali il Chelsea detiene ancora il cartellino (poiché Roman Abramovich se la intende alla grande con il connazionale Aleksandr Chigirinski, azionista di maggioranza del club, così come col georgiano Merab Jordania, ex presidente del Vitesse dal 2010 al 2013). La proprietà straniera, oltre a essere la prima non olandese nella storia di Eredivisie, ha lanciato nel 2010, al momento del cambio di società quando quindi il presidente era ancora Jordania, l’ambizioso Projekt 2013, stabilendo una data entro il quale la squadra avrebbe dovuto primeggiare in campionato forte anche della mai sottaciuta partnership col Chelsea, che ha di fatto utilizzato il Vitesse come “palestra” per tanti dei suoi giocatori.

Tuttavia, dopo il primo anno di nuova gestione, nell’estate 2011, la dirigenza di Arnhem ha deciso di spostare il termine entro il quale diventare campioni d’Olanda al 2014 e, infatti, mai come quest’anno i gialloneri hanno cercato di imporsi nelle vette del calcio oranje, nonostante una piccola crisi negli ultimi tempi li abbia fatti retrocedere al ruolo di quarto incomodo tra Ajax, Feyenoord e Twente.

Molto ha fatto la collaborazione coi Blues, inutile negarlo, che ha garantito al Vitesse giovani promettenti di prim’ordine ma non solo: gli uomini mercato di Arnhem non sono affatto degli sprovveduti e sono riusciti a effettuare ottimi colpi senza dover per forza puntare su giocatori in uscita da Londra per fare esperienza. Degli esempi? Wilfried Bony, prelevato dalla Repubblica Ceca, Kelvin Leerdam, acquisito in estate dal Feyenoord, Marko Vejinović preso a zero dall’Heracles o l’ecuadoregno Ibarra, scovato nel 2011 quando giocava ancora nell’El Nacional.

Anche il settore giovanile è stato potenziato notevolmente e i frutti non sono tardati: non solo ne è uscito Marco van Ginkel, adesso in Premier League, ma anche e soprattutto Davy Pröpper, classe 1991 e numero 10 della formazione, giocatore originario proprio di Arnhem. I tifosi si augurano ovviamente che possa ripercorrere le orme dell’adesso infortunato Janssen, tornato all’ovile nel 2012 dopo aver girovagato tre anni tra Twente e Ajax (con le quali ha comunque vinto tutto in Olanda). Dopo un solo anno tra i Lancieri, però, il richiamo di casa è stato troppo forte e Theo è tornato (è di Arnhem anche lui) per guidare questo nuovo progetto vincente anche se l’ennesimo infortunio in carriera lo sta costringendo ai margini della rosa.

In poche parole, il successo del Vitesse negli ultimi anni può essere sintetizzato in quattro mosse: collaborazione stretta con un grande club europeo dal quale avere in prestito i talenti migliori, mercato intelligente e competente, un’academy nuova di zecca che funzioni bene da subito dove allevare i talenti del futuro e uno stadio di ultima generazione. Tutto questo si potrebbe ridurre a due semplici parole: programmazione intelligente.

Chissà che prima o poi anche in Italia un progetto del genere possa essere sviluppato. Intanto non s’è ancora vinto nulla ad Arnhem ma tutti tifosi gialloneri già lo sanno: il Projekt funziona davvero.

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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