Un mondiale normale

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Il dado è tratto, dunque. L’Italia è stata inserita nel gruppo D della Coppa del Mondo 2014, insieme a Uruguay, Inghilterra e Costa Rica.

Una cricca interessante, senz’altro. Non fosse altro per la bacheca e la storia prestigiosa di tre delle quattro nazionali coinvolte, per certi incontri recenti, e per farsi un’idea di cosa può realmente accadere di qui a giugno.

La verità è che gli azzurri, al netto dell’imprevedibilità di certe individualità inglesi (Gerrard, Lampard, Sturridge e altri), danno l’impressione di poter dire la loro con fare autoritario, partendo alla pari con l’Uruguay nella griglia di partenza, appena davanti ai Tre Leoni. Vietato sentirsi più forti, ma anche mancare di realismo.

Chi scrive è un vecchio amante della nazionale inglese, sedotto da annate ruggenti: oggi la maggior parte dei tifosi sa che la squadra partirà in terza fila, proseguirà a farsi spenti, si leccherà le ferite e tenterà l’arrembaggio. È un problema di mancanza di sistema, con le ultime manifestazioni internazionali votate a quell’improvvisazione che raramente paga, ai mondiali o agli europei.

Sono situazioni-limite, che possono essere un vantaggio o una brutta sabbia mobile.

I sorteggi mondiali, del resto, restano materia complessa. Serve essere stregoni, perché siano davvero portatori di significato: certa stampa giocò sulla parola E.A.S.Y. (letto per esteso: facile) riguardo al mondiale 2010, eppure la nazionale quasi mancò la qualificazione, contro le non proprio portentose Slovenia, Stati Uniti e Algeria.

The Sun Coppa del Mondo 2010 InghilterraAnche l’Italia, un’edizione fa, onorò poco il titolo iridato del 2006, eliminata da Slovacchia, Nuova Zelanda e Paraguay. Anche qui, non il Brasile di Pelè, anche perché quelli erano gli All Whites e non gli All Blacks: le kermesse iridate occorre prepararle bene, senza sottovalutare nessuno.

La verità è che precedenti e cabale contano, ma fino a un certo punto. Perché abbia successo una campagna iridata occorre che mille dettagli vadano a posto, le gambe dei calciatori reggano per un mese ancora dopo l’usurante calendario della stagione di club (ed è qui che gli inglesi spesso pagano dazio), i commissari tecnici si mostrino abili psicologi oltre che degni tattici.

Chi farà le ore piccole per guardare le partite del gruppo D, comunque, si stropiccerà gli occhi davanti al talento dell’attacco de La Celeste, perché se è vero che da noi Cavani lo conoscono tutti, è innegabile che Suàrez a Liverpool sta tenendo ritmi da capogiro, con delizia di chiunque ami anche solo vedere uno dare del tu alla palla. Divertirsi giocando a pallone.

E allora deve essere anche un po’ il mondiale che scaccia i pensieri cattivi, che magari si è emancipato da vecchi scandali e polemiche stantie.

L’inizio da questo punto di vista non è stato dei migliori, perché in pratica tutti sono certi del complotto in favore della Francia, del dolo dietro al sorteggio effettivamente abbordabile per i Bleus, in un coro di dietrologia e complottismo sinceramente stancante. Fermo restando che un problema nelle regole e nella prassi è giusto segnalarlo.

Non fosse altro perché poi in campo bisogna davvero andarci.

O che altre volte il sorteggio facile lo hanno avuto gli altri.

O che la Francia, se davvero avesse avuto modo di “truccare”, per assurdo, le cose, avrebbe evitato di avere la Spagna nel girone di qualificazione.

O anche solo perché semplicemente per un mese vorremmo sentire parlare di calcio.

Con milioni di italiani estasiati e lasciati di stucco dalle scelte di Prandelli, dalle gioie e i dolori di Balotelli, dalla sfida all’Uruguay e all’Inghilterra. Gli uruguaiani più anziani felici al pensiero di cosa accadde all’ultimo mondiale brasiliani, gli inglesi super pessimisti eppure forse proprio per questo liberi dalle solite pressioni, i costaricani non a loro agio nei panni di vittima sacrificale.

Ci sono tutti gli ingredienti per immergersi nella magia, per dare la parola a quella sfera che rotola per il campo e nel frattempo scrive la storia.

Per dire buon mondiale, buon mondiale normale.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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