La Partita di un’intera generazione

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ITALIA-GERMANIA, SERVE ALTRO? – Basta semplicemente nominarle, Italia e Germania, per far partire i ricordi e i racconti a qualunque italiano appassionato di calcio. Scrivere di Italia-Germania, o Germania-Italia in questo caso, è come scrivere un po’ di noi tutti: un onore, indubbiamente, ma anche una responsabilità considerate le penne, reali o virtuali, che ne hanno tracciato l’epopea.
Non me ne vogliano dunque il buon Gramellini (fantastico il suo pezzo di nemmeno un anno fa) o i colleghi “mondopallonari” De Vivo e Chichierchia – che in questa rubrica han già raccontato la loro di partita – se mi metterò in ottima compagnia nel raccontare la “mia” Germania-Italia. E son sicuro non avranno da ridire nemmeno i miei coetanei se oserò definire la semifinale dei Mondiali 2006 “La Partita di un’intera generazione”: a voi – anzi – a noi tutti sento di dedicare in maniera particolare queste mie righe.

Una generazione nata a cavallo di un decennio, tra la fine dei tumultuosi anni ’70 italiani e l’inizio degli illusori anni ’80… un gruppo di bambini venuti al mondo troppo tardi per potersi godere il Mundial spagnolo, i gol di ‘Pablito’ Rossi, la corsa gioiosa di Tardelli, il saluto festoso di Pertini; un po’ come chi arriva in ritardo per pochi secondi all’appuntamento col destino o fallisce il rigore che vale una vita…

Il rigore, già… troppi ne hanno visti fallire questi ragazzi nella loro rincorsa al sogno mondiale: beffardi quelli del 1990, dove una Napoli poco amica spense le nostre “notti magiche” interrompendo sul più bello quell’estate non più calcisticamente italiana… consegnammo in lacrime la Coppa a loro, appena riunificatisi politicamente, senza sapere che sarebbe stato solo “uno scambio di favori”.

Ancora rigori, ancora lacrime: amare quelle a stelle e strisce, con a simbolo un distrutto capitan Baresi a stento consolato da Sacchi; immeritate quelle francesi, dove pochi centimetri di troppo ci furono letali. Sembrava una maledizione senza fine, una beffa continua: Trezeguet e il suo golden gol, Moreno e le mazzette “forse” incassate, Svezia e Danimarca e la ormai celeberrima “torta scandinava”; di estate in estate, di delusione in delusione…

IN “GROSSO” MA PERDONABILE RITARDO – All’alba del 2006 l’adolescenza se ne era già andata ormai per tutti e con essa molti dei nostri sogni giovanili ma uno, quello calcisticamente più importante, batteva ancora fortissimo… Calciopoli non ci divise, non ancora almeno, bensì unì: non solo noi tifosi ma pure quel gruppo di ragazzi in maglia azzurra che come noi – anche se loro più spesso sul campo – condivise sviluppo e sofferenze sportive.
Ci ritrovammo tutti insieme ventiquattro anni dopo quella finale vinta ma “persa”: sul rettangolo verde ancora Germania-Italia; sugli spalti, al contrario, una moltitudine di tedeschi, perché… sì, per riprenderci la “nostra” estate italiana non potevamo far altrimenti che andare a casa di coloro che l’avevano usurpata.

La partita non sto a raccontarvela, l’avrete vista e rivista chissà quante volte, riascoltato l’audio, rivissuto quei momenti. Ecco, il rivivere insieme le emozioni di quella sera, di una partita speciale per alcuni di noi, credo sia più il senso di questa rubrica. Io, da buon pesciarolo, l’ho vista con gli amici d’infanzia in uno chalet in riva al mare a Porto San Giorgio, il mio paese. Sarà stata la situazione, la compagnia, l’evento… o forse solo la memoria ballerina e “result oriented” ma raramente ricordo uno 0-0 tanto divertente. E così si andò ai supplementari: non saranno stati quelli del Mondiale messicano del ’70, di Italia-Germania 4-3, delle braccia al cielo di Rivera, però viverli fu un sussulto continuo… il palo di Gilardino, la traversa di Zambrotta… e poi il tuffo di Buffon su Podolski e quello di Lehmann su Pirlo: sembrava ancora maledetta, con i rigori già scritti come titoli di coda, sembrava… e invece:

3, 2, 1… BOOM! – L’effetto fu simile a una deflagrazione (o almeno credo, non avendone mai vissuta una): un’esplosione di adrenalina che investì tutto il corpo, e non solo… ci ritrovammo tutti in piedi, con sedie, birre e tavolini volati un po’ ovunque, come shakerati in un cocktail di incredulità, panico, gioia. “Manca un minuto e siamo sopra…”: già, mancava ancora un minuto… ma chi se lo ricorda? Nemmeno il tempo di calmarsi, dar una parvenza di ordine e sedersi che ti vedi Cannavaro in versione Bolt liberare prima l’area e poi recuperar palla 20 metri e 2 secondi più avanti, Totti scansarlo in stile “pubblicità Nike” e lanciare Gilardino… e quel folle incredibilmente altruista vedere sbucargli alle spalle Del Piero in sella con Valentino Rossi e servirlo sulla “staccata”: “incredibile amisci” avrebbe detto Altafini! Non bastasse tutto ciò a farsi prendere a pizzicotti per domandarsi “sogno, o son desto?”, la “derapata” di Alex produce un tiro a effetto, praticamente perfetto, che si insacca “là dove non batte il sole”, a togliere le ragnatele da lui graziate a Euro 2000. L’apoteosi.

E poi? E poi… il “poi” lo lascio a voi, ai vostri commenti, ai vostri racconti di come festeggiaste quella sera; mancava ancora una finale, è vero, ma una partita così non può non esser festeggiata. Ci eravamo ripresi le nostre notti magiche, la nostra “estate italiana”, seppur a tinte nere, rosse e gialle, con la consapevolezza e la convinzione che su quella Coppa c’era già scritto Italia e che il destino, in viaggio insieme dalla nascita, si fosse semplicemente divertito, scherzando e giocando con noi, per poi premiarci regalandoci l’estate calcistica più bella della nostra vita. Per la finale vi lascio dunque alle parole del collega Zecca, mentre per riprenderci la Gioconda, beh… per quello siamo sempre in tempo no?

Francesco Davide Scafà
Francesco Davide Scafà
Da Porto San Giorgio a Milano, passando per Monaco di Baviera. Da scout per Perform a Data Editor per DAZN, a SMM per Forbes Italia, oggi gestisce social e comunicazione per Betclic Italia, parlando di sport ed eSports. Polemico per natura e critico per vocazione.

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