Il nostro ridicolo “spezzatino”

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La storia è nota e arcinota, nonché ormai trita: in principio tutte le partite di campionato erano alle 15,00 della domenica pomeriggio. Stop. Poi vennero le pay TV che chiesero e ottennero il posticipo in prima serata, di fatto comprandoselo a suon di (allora) miliardi. Dopodiché vennero anche gli anticipi del sabato, la partita alle 18 della domenica, l’anticipissimo saltuario del venerdì e poi il cosiddetto lunch match delle 12,30 o il Monday night per quei poveracci che giocano l’Europa League (neanche sempre, a essere onesti). Tutto molto bello? Ma anche no.

Il calcio “spezzatino” che ci godiamo – per così dire – in televisione oggidì è un figlio bastardo di mamma esigenza televisiva e di papà sistema estero. In sintesi: diverse partite spalmate su più orari possibili consentono alle televisioni private (che sganciano enormi quantità di denaro ogni anno per poterle trasmettere) di rinfoltire una programmazione altrimenti limitata alla fascia 15,00-17,00 della domenica, in cui – peraltro – lo spettatore può scegliere una sola opzione. O al massimo la diretta gol, ossia: vederle tutte per non vederne nessuna. All’estero – l’esempio principe è l’Inghilterra ma se ne potrebbero fare anche altri senza problemi – è pratica consueta sostanzialmente dal minuto successivo all’introduzione delle pay tv uno scaglionamento delle gare in modo che non ci sia quasi un minuto libero in tutto il weekend, garantendo all’appassionato la possibilità di vedere qualunque gara in programma. O quasi, insomma.

Il punto, però, è che fuori dall’Italia un orario vale l’altro per tutti. Se la FA decide di piazzare il derby di Manchester alle 12,30 del sabato, il derby di Manchester si giocherà alle 12,30 di sabato. Allo stesso modo, se ai vertici del football d’Oltremanica pare una buona idea concedere i riflettori del Monday night a Stoke City-West Bromwich Albion sarà questa la sfida che chiuderà la giornata. Da noi non succede così. Il derby di Milano, nove volte su dieci, si gioca di sera, per garantire il prime time televisivo all’evento (a livello europeo, ovviamente). Lo stesso dicasi per Inter-Juventus, Milan-Juventus, il derby di Genova, Juventus-Roma, Fiorentina-Roma o Roma-Napoli (e così via). Fa parziale eccezione il derby della nostra capitale per mere questioni di ordine pubblico, ché altrimenti sarebbe anch’esso sempre di sera.

Di contro, alle 12,30 abbiamo spesso interessantissimi ChievoVerona-Palermo, Empoli-Crotone o Milan-Carpi, con le grandi coinvolte nel lunch match praticamente solo quando tutte le altre big si sfidano tra loro e non c’è altra possibilità. Lo stesso vale quasi sempre per l’anticipo delle 18,00 del sabato: un’orario sostanzialmente ingrato che viene evitato con cura da chi deve scegliere quando far giocare partite di cartello. Chiariamoci, ogni tanto può capitare un’eccezione ma si sa fin dall’inizio che sarà destinata a rimanere tale.

Eppure sarebbe infinitamente più giusto ed equo sparpagliare le gare della nostra Serie A lungo i vari orari possibili senza pensare al peso della singola partita, senza contare che per ogni spazio scelto nella programmazione c’è sempre un possibile risvolto positivo della medaglia: alle 12,30 non c’è il pubblico della prima serata per Milan-Inter? Magari è la volta buona che si fa il record di accessi dall’Asia, dato il fuso a loro favorevole, magari si riesce a ritagliare una fetta più ampia di quel mercato così importante. Magari.

Purtroppo, invece, il nostro spezzatino da palinsesto è la tipica soluzione di compromesso all’italiana che privilegia la logica dei grandi club (che, in questo caso, sono miopi perché giocare spesso il lunch match domenicale o un ipotetico turno del sabato alle 15,00 o alle 16,00 ne aumenterebbe parecchio la visibilità in Asia) a discapito dei piccoli, un po’ come con la Coppa Italia. Al contempo, però, non si vuole rinunciare a inseguire la mobilità dei calendari dei maggiori altri campionati del continente, la programmazione delle coppe europee nonché i desiderata delle televisioni e dunque gli spazi riempibili dalle gare si moltiplicano (si sono già moltiplicati, in realtà). Solo che non sono tanti quanti invece servirebbero per garantire una sovrapposizione nulla o minima tra le partite e, come si diceva, ci sono squadre che giocheranno in orari “sgradevoli” molto più spesso di altre.

Ha senso continuare a fare così?

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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