Tu quoque, Sneijder, fili mi!

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Doveva finire così. O forse no, perché in fondo nell’ambiente Inter tutti speravano, anche solo nell’inconscio, che Sneijder continuasse a vestire il nerazzurro; colori che hanno dato tanto all’olandese, e per il quale lui stesso ha combattuto mille battaglie.

Arrivato quasi in sordina, nonostante il blasone internazionale, si presentò al grande pubblico di San Siro nella maniera migliore, sul palcoscenico più bello: un tiro dei suoi, forte e teso, nel derby della Madonnina, sul quale Storari dovette compiere un miracolo. Era agosto, era un derby, faceva molto caldo e quella squadra era il prototipo dell’Inter di Mourinho. Quella stessa squadra che, calcisticamente, seppe conquistare tutto: prima l’Italia, poi l’Europa e infine il Mondo intero. Tutto il gioco scorreva attraverso i piedi dell’olandese, sia che fossero semplici passaggi che verticalizzazioni decisive, con un’armonia tutt’altro che scontata: insomma, era un giocatore decisivo in tutto e per tutto.

Poi l’addio di Mourinho e l’inizio di un tracollo che ha come epilogo la serata di domenica sera. Per carità, Wesley ha continuato a contribuire alla causa interista, ma senza ritrovare quella voglia e quella caparbietà che l’avevano contraddistinto nei primi 365 giorni in maglia nerazzurra. Qualche alibi c’è sicuramente, a partire dalla lunga catena di allenatori cambiati e ricambiati, tutti (o quasi) con un modulo di gioco che non metteva particolarmente a proprio agio le caratteristiche del nativo di Utrecht.

La sensazione è che, a bloccare Sneijder, sia stato più un fattore emotivo che gli infortuni subiti. Il non essere più il fulcro del gioco nerazzurro l’ha costretto a ritagliarsi un ruolo più ai margini, e questo non gli è stato chiaramente congeniale. Ha sbagliato la società in primis a voler insistere con allenatori non all’altezza della situazione, con moduli che mal si adattavano agli elementi già presenti in rosa, Ranieri su tutti; Sneijder, dal canto suo, avrebbe potuto dimostrare un po’ di attaccamento in più alla maglia, magari accettando quel rinnovo al ribasso (date le ultime stagioni deludenti) che avrebbe potuto risolvere la cosa in positivo.

Non stiamo parlando di un campione, ormai in età avanzata, che cerca gloria in un campionato di secondo livello: Sneijder scollinerà le 29 primavere a giugno, ed è quindi nel pieno delle sue capacità atletiche e tecniche. Avrebbe potuto dare ancora tanto all’Inter, la squadra che lo ha rilanciato dopo la parentesi madrilena, e a tutti quei tifosi che lo hanno sempre sostenuto, anche quando le prestazioni non erano all’altezza.

Avrebbe potuto, perché no, ereditare anche la fascia di capitano, giurando amore eterno all’Inter. Anche perché nessuno ha mai dubitato delle qualità tecniche dell’olandese, al massimo è stato messo in discussione, negli ultimi tempi, il rapporto rendimento/prezzo, decisamente sotto al par, per usare un termine golfista.

Diverso anche il discorso rispetto a Samuel Eto’o, altro campione del triplete nerazzurro che è andato a cercare fortuna (e soldi) altrove, più precisamente nella fredda Russia. Quell’Eto’o era uno dei giocatori più decisivi del pianeta, in grado di scardinare qualsiasi difesa al mondo, ma alla fine Moratti decise di accettare l’offerta dell’Anzhi, soprattutto nell’ottica di abbassare il monte ingaggi. La differenza vera con l’olandese, però, è che a Eto’o non venne proposto un rinnovo del contratto a cifre più contenute, mentre all’ex numero 10 sì.

Indipendentemente da chi prenderà il suo posto, da questa vicenda escono soltanto sconfitti; Moratti ha svenduto forse l’ultimo vero campione dell’era Mourinho (considerando l’età degli altri intoccabili), mentre Sneijder alla fine si è comunque dovuto accontentare di uno stipendio inferiore. Sì, pagando un prezzo altissimo, però: la Süper Lig turca non è esattamente la competizione dei propri sogni, tanto per usare un eufemismo.

Non era meglio, forse, rimettersi in gioco senza accoltellare chi, in passato, ti aveva comunque dato la possibilità di vincere una Champions League?

Alessandro Lelli
Alessandro Lelli
Nato a Genova nel maggio 1992; è un appassionato di calcio, basket NBA e pallavolo (sport che ha praticato per molti anni). Frequenta la facoltà di Scienze Politiche, indirizzo amministrativo e gestionale.

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