Abbiamo diritto al calcio pulito. Via chi ci ruba i sogni

-

A me qui non interessa entrare nel merito di scartoffie, indagini, interrogatori, lavoro che è d’altri e che, per fortuna, non riguarda un incompetente come me, semplice tifoso di un’idea (in frantumi) che si chiama calcio.

A me, qui, non preme andare a spulciare fatti e ignobili faccende che, spero, saranno abbondantemente e severamente punite. Io, qui, voglio gridare come qualsivoglia amante del pallone la mia indignazione, il mio sconforto, il mio sogno rubato. Questi signori, che guadagnano fior fior di quattrini ci stanno prendendo in giro: noi, che lottiamo perché nel nostro mondo, nelle nostre giornate, non manchino pranzo, cena, amore e calcio, siamo costretti a subire tutto ciò. Dobbiamo subire l’illusione di uno sport che della passione ha solo il profumo effimero, che della cattiveria agonista ha solo una debole parvenza, che della riconoscenza verso chi questo sport dà tutto, sempre, non ha nemmeno la più sbiadita immagine.

Esagerato, direte voi. E invece no. Noi italiani siamo tra i più grandi rappresentanti di quello che una volta era il calcio, quello che una volta era un gioco che avvicinava e amava tutti: che col sudore della fronte e col prezzo dei polmoni e della classe dava a quei miliardi di occhi appassionati e attoniti un motivo di gioia e pace. Noi italiani siamo quelli di Paolo Rossi, siamo quelli della pizza, del mandolino e del catenaccio, della Grande Inter di Herrera, della filastrocca “Sarti, Burnich, Facchetti..”, di Mazzola, Suarez, Corso, l’Inter di Ronaldo, di Mourinho, siamo quelli del Milan di Rocco, Sacchi, Capello, Berlusconi, di Van Basten, di Rijkaard e di Gullit, di Baresi e di Maldini, siamo quelli della Juve di Trapattoni, di Platini, di Scirea, di Del Piero, Zidane e chi più ne ha più ne metta.

Noi, che siamo questo e molto, molto altro, non possiamo accettare tutto questo. Non possiamo accettare che quei 90 minuti di sogni siano preparati e decisi a tavolino da qualcun altro, non possiamo permettere che quel pallone giri in un certo modo solo perché qualche ‘illustre’ individuo ha deciso che doveva essere così. Dovrei dire che quel che gira non è il pallone, ma credo sia sottinteso.

Il prestigio di cui ci siamo resi artefici non può essere infangato dalle stravaganti voglie e manie di qualcuno che, per qualche migliaio di euro, rischia di rendere tutto questo spettacolo una misera pagliacciata, che rischia di rendere tutto il nostro paradiso una buffonata e noi i burattini di un piano che minaccia la credibilità del sistema tutto.

Deve essere abbandonata questa mentalità machiavellica, questa sfrenata voglia di raggiungere un fine che è la rovina, un obiettivo che è una mancanza di rispetto, un traguardo che è la rabbia. Perché a noi lo scandalo scommesse degli anni ’80, perché a noi Calciopoli, perché a noi quest’ultima ingiuria del calcioscommesse-bis? Siamo noi che “ce la cerchiamo”?

Beh, spontaneamente verrebbe da dire sì: perché, oltre alle grandi squadre e alle grandi mentalità che hanno fatto storia, siamo anche quelli che se non vincono sono gli indegni, quelli in crisi, quelli che sono esposti alla pubblica critica. Vincere, in un ambiente colmo di furenti pressioni come il nostro, non è più uno scopo, un obiettivo, un traguardo di gloria, diventa una necessità, un dovere, un obbligo. Non importa come si vince, ciò che conta è che alla fine, in bacheca ci siano trofei e, soprattutto, che nelle casse entri lo scintillante e ammaliante denaro.

Beh, è ora di dire basta. Basta a tutto questo, basta a questa esasperazione, a queste mentalità di circostanza e a questa mancanza di rispetto, per noi, per tutti. Basta ad un calcio malato, ad un’Italia derisa, ad un mondo del pallone che ci guarda con occhi di sospetto. Vogliamo divertirci, rilassarci, riderci su e, magari, rimanere per qualche ora affranti. Ma desideriamo tutto questo in conseguenza di un atto vero, agonistico, privo di subdoli accordi o contratti. Quello che accade in quel manto verde deve essere trasparente, limpido, non macchiato dalla sete di denaro.

Ce lo devono, ne abbiamo diritto. Il calcio è stato creato per noi, altrimenti non esisterebbero gli stadi e le tv. Il calcio siamo noi, non le monete o le banconote. Chi corre dietro al guadagno ci sfrutta e ci deride. Noi, che siamo i sognatori e siamo l’alimento del pallone, non dobbiamo permetterlo. Perché se c’è qualcuno che può e che deve provare rabbia, siamo noi. E’ l’operaio juventino/torinista della FIAT che non aspetta altro che la domenica per andare allo stadio e poter deridere i rivali cittadini, sono i tifosi interisti/milanisti che bramano di poter festeggiare una vittoria nel derby sotto il Duomo o, come loro, i romanisti/laziali che vogliono dominare la città del Colosseo fino al prossimo girone, è il contadino toscano fiorentino che ama la Viola più della sua stessa terra, è il napoletano che è orgoglioso del Vesuvio, della pizza e di Maradona; come loro, tanti altri, Questo è il calcio. Punto. Abbiate rispetto per tutti noi che vi adoriamo e che vi paghiamo, nonostante veniamo traditi ogni domenica, ogni partita, ogni giorno.

Via chi ci nega il diritto di gioire per quel pallone che rotola, via chi ci roba il nostro sport, via chi ci ruba i nostri sogni. Non ne possiamo più. Siamo italiani, non siamo stupidi.

 

Marco Macca
Marco Macca
Vive a Formia (Latina) e studia Scienze della comunicazione a Roma. Collabora, oltre che con Mondopallone.it, con Calciomercato.it e con seriebnews.com.

L’Italia ha perso a Milano dopo 96 anni

La sconfitta con la Spagna, al Giuseppe Meazza, esclude l'Italia dalla finale di UEFA Nations League. Quella con la Furia Roja era una semifinale,...
error: Content is protected !!