Il Benfica sbriciola la Juve. A Torino scatta l’allarme rosso

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Non c’è due senza tre, e il quattro vien da sé. Così recita il proverbio ma, si sa, l’eccezione è sempre dietro l’angolo: e così chi sperava in poker di vittorie italiane in Champions dopo un 1/o turno agrodolce rimane deluso. Milan e Napoli fanno infatti eco all’Inter corsara a Plzeň, ma la Juventus finisce k.o. contro il Benfica.

Il tabellone dell’Allianz Stadium recita 2-1 per i lusitani; il risultato finale della gara però non rende giustizia al dominio assoluto dei portoghesi, che non escono da Torino con un successo storico nelle proporzioni solo per la loro controproducente (e quasi dannosa, dato il pari randomico sfiorato dai bianconeri nel finale) leziosità sotto porta. Eppure la gara era inizia come meglio non poteva per la Juventus: quattro giri di lancette e Milik di testa incorna in rete una pennellata di Paredes facendo esultare un Allianz Stadium ricco di vuoti sulle proprie tribune, a sottolineare ulteriormente gli umori attualmente contrastanti del tifo bianconero.

Sull’onda dell’entusiasmo i locali, senza rischiare più di troppo, rischiano anche di trovare il 2-0: Kostić ciabatta sul fondo e, come Cuadrado, sciupa malamente un paio di ripartenze. Passata la buriana il Benfica prende coraggio e campo costringendo i bianconeri a uno spartito ormai non più causale in questo inizio di stagione: costretta nella propria metà campo, la Juventus vede infatti i portoghesi affacciarsi a più riprese dalle parti di Perin fino a trovare un pari che definire “nell’aria” risulta un eufemismo. Miretti stende Gonçalo Ramos in area di rigore; Zwayer, aiutato dal VAR, concede un rigore sacrosanto che l’ex-interista João Mário insacca sotto la traversa.

Si va al riposo sull’1-1, ma dagli spogliatoi esce solamente il Benfica: nella ripresa i lusitani annichiliscono una Juventus lenta, lunghissima e in definitiva in completa balìa dell’avversario. Il gol dell’1-2 arriva quasi scontato, all’ennesima folata offensiva dei lusitani che penetrano tra le maglie bianconere come una lama nel burro: David Neres sigla il raddoppio delle Aquile di Lisbona e, virtualmente, fa calare il sipario sulla partita. La Juve, infatti, in campo non c’è più: attonito, il pubblico dell’Allianz assiste per oltre mezz’ora ai leziosi attacchi alla porta di Perin da parte degli ospiti, che si divorano letteralmente l’impossibile.

Finisce 2-1 per il Benfica, e alla Juventus va quasi di lusso. La strada in Europa per i bianconeri, però, si fa davvero in salita: a 0 punti dopo due partite, ai ragazzi di Allegri servirà fare bottino pieno con il Maccabi Haifa e poi regalarsi almeno il blitz al Da Luz di Lisbona per centrare gli Ottavi di Finale (ammesso che il Paris Saint-Germain faccia bottino pieno con un Benfica che si conferma osso durissimo).

Tabelle, calcoli, speranze. E’ quello che rimane ai tifosi juventini. La verità, però, è che la gara odierna dei bianconeri e in generale l’attuale momento dei ragazzi di Allegri lascia basiti per una serie di limiti nascosti sotto al tappeto nelle prime uscite stagionali che, purtroppo per la Juventus, emergono prepotentemente ora che al tappeto ci sono finiti i bianconeri.

Le assenze di Pogba, Chiesa e Di María (prediche nel deserto per l’argentino nei 30 minuti di campo con il Benfica), per citare i tre uomini copertina, non bastano a giustificare una squadra di cui si fatica a capire l’essenza. Esageratamente attendista, in difficoltà tanto nello sviluppare il proprio gioco quanto nel limitare quello degli altri, alla Juventus di Allegri non riesce nemmeno di essere “corto musista”; il rischio, di questo passo, è quello di compromettere la stagione già in autunno. Dall’avvio della stagione in un ormai lontano Ferragosto l’unica prestazione convincente sfoderata dai bianconeri rimane quella casalinga con la Roma e, senza aprire paragrafi dedicati al “gioco” o “bel gioco” inutili a parere di chi scrive, è l’assenza di caratteristiche ben più radicate nel dna dei torinesi a preoccupare dell’attuale Juventus allegriana: compattezza, organizzazione e determinazione.

Contro il Benfica, così come con la Salernitana, la Juventus è apparsa lunghissima sul terreno di gioco, scollegata tra i reparti e senza idee. La difesa, completamente sguarnita da un centrocampo nel quale Paredes non fornisce alcun tipo di filtro e le due mezz’ali (Miretti e McKennie) girano spesso a vuoto, vede per 90 minuti il Benfica gozzovigliare nella metà campo bianconera non facendo pagare dazio ai locali solo per delle polveri incredibilmente bagnate. Sugli esterni Cuadrado vive un inizio di stagione decisamente opaco, mentre il volenteroso Kostić è spesso impreciso tecnicamente o in ritardo nel timing delle giocate; logica conseguenza è che  Vlahović vive la gara dello Stadium isolato in avanti  come la nota particella di sodio dello spot di un’acqua in bottiglia di qualche tempo fa (finendo per risulta evidentemente nervoso e frenetico nelle giocate) e Milik, arretrando spesso sulla trequarti, è l’unico a portarsi la sufficienza a casa tra i bianconeri dalla cintola in avanti.

Alle mancanze tattiche si sommano quelle tecniche: la Juventus non prova quasi mai “la giocata”, il dribbling che di questo sport sarebbe l’essenza. Anche in questo caso, trattasi di un fondamentale che il solo Di María sembra padroneggiare, anche perché Cuadrado e Kostić vivono di spunti raramente vincenti. In ultimo, l’elemento che più ha fatto sgranare gli occhi al pubblico dello Stadium e che, forse, è il più preoccupante: il senso di “paura e disorientamento” palesato dalla Juventus al cospetto di un Benfica minuto dopo minuto sempre più padrone di campo e partita. Una paura tangibile al punto da potersi tagliare a fette sul prato dell’Allianz, che suggerisce come una prestazione così brutta da parte della Juventus abbia ragioni più profonde di quelle tecniche e abbia una matrice psicologica sulla quale è fondamentale che Allegri riesca a lavorare restituendo serenità alla squadra.

Anche il tecnico livornese sembra però essere in difficoltà: se da una parte le pesanti assenze un alibi parziale lo costituiscono, dall’altro si fatica a intravedere uno spartito di fondo nella Juventus. Come se non vi fosse alle spalle un anno di lavoro e lo spartito di squadra andasse ricostruito da zero; come se, invece che fare passi in avanti suffragati dalla campagna di rafforzamento estiva, la sua Juventus facesse passi indietro.

Passi indietro, come quelli che Juventus-Benfica ha fatto fare alla mente degli spettatori della gara: una serata così a Torino, infatti, non la si viveva da quel Juventus-Ajax 1-2 dell’aprile 2019 che costò virtualmente la panchina ad Allegri all’epoca della prima esperienza juventina. La gara di Champions con i lusitani non porterà a decisioni così drastiche per il tecnico livornese ma, a tutti i livelli, dopo un k.o. di questo tipo un allarme rosso non può non scattare in casa Juventus; anche, e soprattutto, per salvare una stagione iniziata davvero in malo modo.

 

Michael Anthony D'Costa
Michael Anthony D'Costa
Nato a Roma nel 1989, si avvicina al calcio grazie all’arte sciorinata sui campi da Zidane. Nostalgico del “calcio di una volta”, non ama il tiki-taka, i corner corti e il portiere-libero.

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