I Pionieri del Calcio – Andrew Watson e Arthur Wharton, i primi calciatori neri della storia

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Le carriere di Andrew Watson e Arthur Wharton, pur essendo praticamente contemporanee, non si sono mai incrociate. Sarebbe stato un atto simbolico di grande impatto, quello di vederli calcare lo stesso terreno di gioco. Perché oltre alle iniziali dei loro nomi e cognomi e allo spasmodico amore per il calcio, un altro fatto accomunava questi due ragazzi: erano entrambi di pelle nera. A ragione Watson e Wharton possono essere definiti i primi calciatori neri della storia.

Andrew Watson nacque nel 1857, da padre scozzese e madre guyanese. A quel tempo la Guyana era colonia britannica e lui era il frutto di una relazione clandestina. Successivamente il padre Peter Miller Watson, produttore di zucchero, morì prematuramente e gli lasciò una fortuna che Andrew investì nella propria istruzione. Quando a 19 anni si iscrisse all’Università di Glasgow, la sua carriera calcistica era in crescendo: aveva giocato nel Maxwell e nel Parkgrove, le squadre che avevano svezzato la sua carriera; di lì a poco sarebbe stato ingaggiato dal Queen’s Park, la squadra più prestigiosa dell’intera Scozia. Le buone prestazioni gli valsero la convocazione in Nazionale: scese in campo, da capitano, nella partita vinta dalla Scozia contro l’Inghilterra il 12 marzo 1881, divenendo il primo calciatore nero a vestire la maglia di una Nazionale di calcio.

Watson era un calciatore completo, poteva giocare su tutti i lati di difesa e centrocampo. Un’ala moderna, verrebbe da dire, dotata di gran corsa. La sua carriera proseguì in Inghilterra: nel 1882 passò ai Swift di Londra, poi militò nel glorioso club Corinthian. Nell’estate 1887 si trasferì a Liverpool per giocare nel Bootle. Molti ritengono che questo ultimo passo rappresentò una sorta di “passaggio al professionismo”, che all’epoca non era ben visto. Dopo aver lasciato il calcio e aver terminato gli studi, divenne un ingegnere e girò il mondo: prima in Australia, poi negli Stati Uniti, prima di tornare a Londra negli ultimi anni della sua vita. Morì cento anni fa, l’8 marzo 1921, a causa di una polmonite ed è sepolto nel cimitero di Richmond.

Arthur Wharton era invece originario del Ghana. Nato nel 1865, a Jamestown (l’attuale Accra), si era trasferito in Inghilterra all’età di 19 anni, inizialmente per diventare padre missionario. Ma una volta a Londra Arthur lasciò perdere la vita monastica e cominciò a dedicarsi a tempo piano al calcio. Aveva sempre avuto un debole per lo sport: era un atleta di talento, nel 1886 aveva eguagliato il record mondiale (10 secondi) nella corsa di 100 yard; inoltre aveva praticato ciclismo e soprattutto cricket, giocando per formazioni locali in Yorkshire e Lancashire. La sua carriera calcistica ebbe inizio nel 1885 nel Darlington, proseguì l’anno successivo nel Preston North End, dove fu ingaggiato come portiere.

Wharton era considerato un bravo calciatore, uno dei migliori nel suo ruolo. Ma anche a causa dei pregiudizi razziali, non riuscì mai a esordire con la maglia della Nazionale inglese. Come il suo predecessore Watson, divenne professionista (precisamente nel 1889 quando venne ingaggiato dal Rotherham United). Successivamente venne chiamato dallo Sheffield United, ma la sua avventura durò il tempo di sole tre partite, visto che il portiere titolare era un certo William “Fatty” Foulke, uno dei migliori dell’epoca. Gli ultimi anni della carriera lo videro vestire le casacche di Stalybridge Rovers, Ashton North End e Stockport County.

A causa di problemi di alcolismo, fu costretto ad abbandonare il calcio nel 1902 e trovò impiego come operaio di trasporto in miniere di carbone presso la Yorkshire Main Colliery di Edlington. Morì nel 1930, abbandonato e dimenticato: solamente nel 1997 la sua storia venne scoperta da un progetto attivista contro il razzismo, “Football Unites Racism Divides”, che provvide a mettere una lapida sulla sua tomba anonima, presso il cimitero di Edligton. Nel 2003 Wharton è stato inserito nella Football Hall of Fame per i proprio meriti sportivi. Due statue sono state realizzate in suo onore: una è stata posta permanentemente nella sede della FIFA, l’altra trova posto, dal 2014, nel St. George’s Park National Football Center di Burton Upon Trent, dove ha sede la Football Association.

 

 

 

 

 

 

 

Simone Galli
Simone Galli
Empolese e orgoglioso di esserlo, ha cominciato ad amare il calcio incantato dal mito di Van Basten. Amante dei viaggi, giocatore ed ex insegnante di tennis, attualmente collabora con pianetaempoli.it.

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