A 20 anni di distanza, il 31-0 di Australia-Samoa Americane è ancora una storia unica

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A vent’anni precisi dall’11 aprile 2001, nessuna partita si è mai più avvicinata ai record di Australia-Samoa Americane. Il 31-0 finale della gara che si giocò a Coffs Harbor è ancora oggi la vittoria più larga di sempre in una sfida riconosciuta dalla FIFA, caratterizzata anche dal record di gol segnati da un giocatore in una singola partita (Archie Thompson con 13 gol), ma di quell’umiliazione si è parlato tanto negli anni, costruendo una vera e propria storia. Un fardello che, in realtà, alcuni giocatori delle Samoa Americane si sono portate sulle spalle per tutta la carriera.

Davanti a 3mila spettatori, l’Australia scendeva in campo per l’esordio casalingo nelle Qualificazioni ai Mondiali del 2002. Erano gli anni in cui i Socceroos dominavano in lungo e in largo questa fase tutta giocata in Oceania, tanto da portare la FIFA qualche anno dopo, nel 2007, a inserirli nella Federazione asiatica: un compromesso ideale per permettere all’Australia di crescere ancora di più a livello calcistico con gare maggiormente allenanti e impegnative e non soffocare completamente le prospettive di qualificazione a un Mondiale delle altre Nazionali del continente oceanico. D’altra parte, alla gara contro le Samoa Americane i Socceroos ci arrivarono dopo aver inflitto un sonoro 22-0 a Tonga, già segnale più che chiaro di come sarebbe stato il canovaccio del resto delle qualificazioni.

Dietro all’umiliazione delle Samoa Americane, però, c’è anche una vicenda rimasta ignorata per tempo e che in un certo modo ha avuto un impatto non di poco conto sulle speranze della squadra davanti a un gigante come l’Australia. Nel febbraio 2001, il ct Tunoa Lui si ritrovò a dover fare i conti con un problema enorme creato direttamente dalla FIFA: per il primo turno preliminare, la Nazionale del piccolo arcipelago avrebbe potuto convocare solo giocatori con passaporto statunitense valido. Quella che poteva sembrare una formalità per un’isola che è di fatto territorio non incorporato degli Stati Uniti, si trasformò in un ostacolo invalicabile visto che una larga parte della popolazione proviene dalla vicina Samoa: come risultato, Lui si ritrovò a non poter convocare ben 19 dei 20 giocatori inseriti inizialmente in lista. Faceva eccezione il portiere, ancora senza presenze, Nicky Salapu, essendo nato nella capitale delle Samoa Americane Pago Pago.

Seguendo un copione talmente assurdo da essere degno di un film comico, anche la selezione Under 20 si rivelò quasi totalmente inutilizzabile: la gran parte dei giocatori non sarebbe stata disponibile perché impegnata negli esami scolastici. Il ct Lui, alla fine, si dovette arrendere: venne improvvisata una squadra di 16 giocatori, con una media di 18 anni e ben due 15enni. Molti, ammetterà poi Salapu, non avevano nemmeno mai giocato 90 minuti nella propria vita. A pochi giorni dalla gara contro l’Australia, si fece anche male Alex Savea, uno dei migliori giocatori della rosa, ma che pochi mesi prima aveva preso parte a un umiliante 0-30 infinito proprio dall’Under 17 dei Socceroos. Quasi un preludio di quello che avrebbe atteso la Nazionale maggiore.

Consapevole delle difficoltà degli avversari, già tra le peggiori squadre al mondo e sempre sconfitti in tutte le gare ufficiali giocate, il ct australiano Frank Farina evitò quantomeno di schierare la miglior formazione possibile: dai titolari venne lasciato fuori anche la stella del momento John Aloisi, attaccante di origini italiane con un passato anche alla Cremonese. Non bastò nemmeno questo per evitare un vero e proprio massacro per le Samoa Americane: alla fine del primo tempo si era già sul 16-0, per poi arrivare al finale 31-0. L’Australia aveva segnato così tanto che anche il tabellone del risultato sbagliò, attribuendo 32 reti, salvo poi correggersi dopo il riconteggio. Thompson, come detto, segnò 13 reti, seguito da Zdrilic con 8 e i Socceroos infransero un record che era stato detenuto per circa un anno dal Kuwait, vincente per 20-0 sul Buthan nel 2000.

Il pesante risultato non fece mancare le accuse verso gli australiani. Il portiere delle Samoa Americane Salapu rivelò a FourFourTwo che “era stato uno schifo. Se l’Australia non sapeva della nostra situazione, sarebbe bastato vedere la gara persa per 13-0 contro le Fiji. Come facevano a non sapere quale sarebbe stato il risultato? Quando segni dieci volte in 15 minuti, non ha senso dire che non si sapeva nulla. Nella nostra squadra c’erano ragazzini e studenti. Ciò che mi fa più male è che se ami il calcio, non dovresti ridere quando il risultato e 28, 29-0. Se si vedono le immagini, è invece ciò che stavano facendo”. Nemmeno Dick Advocaat, ai tempi allenatore dei Glasgow Rangers, prenderà benissimo il risultato, al punto da escludere i suoi giocatori Moore e Vidmar dalla successiva partita contro il Dundee.

Il ct dei Socceroos Farina racconterà di accuse di razzismo per non aver tolto il piede dall’acceleratore, ma la verità è che l’obiettivo dell’Australia era quello di ottenere un risultato così importante da convincere tutti che quel sistema di qualificazioni non funzionasse più. Una visione che condivideva anche la FIFA, sempre più convinta che fosse necessario un turno preliminare per fare un’iniziale scrematura. Non sembrava vederla così, però, la Oceanian Football Confederation, che difese strenuamente il diritto delle Nazionali meno famose di affrontare “big” come Australia o Nuova Zelanda, salvo poi arrendersi all’introduzione di una fase preliminare in vista delle qualificazioni ai Mondiali 2006.

Le gare rimanenti nelle qualificazioni non andarono molto meglio per le Samoa Americane: alla fine della fase di qualificazione, la squadra arrivò ultima nel girone con 0 punti, 0 gol fatti e 57 subiti. E per liberarsi di questa maledizione, Salapu e i suoi compagni dovranno attendere il novembre 2010, quando arrivò la prima vittoria in una gara ufficiale con un 2-1 rifilato a Tonga. Ma la storia delle Samoa Americane ha attirato l’attenzione in ogni parte del mondo, diventando anche oggetto di un docufilm del 2014, “Next Goal Wins”: un racconto di una risalita dall’inferno della Nazionale oceanica, dai bassifondi del calcio mondiale fino ai sogni, sistematicamente smentiti sul campo, di ottenere la qualificazione alla Coppa del Mondo del 2014, anche se l’arrivo del tecnico Thomas Rongen sembra essere una potenziale, straordinaria occasione per svoltare. Storia che, a breve, sarà ripresa anche in un film diretto da Taika Waititi.

 

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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