A Losanna il Lugano è re per una notte

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Dal nostro inviato a Losanna (CH)

Re per una notte. In una fredda e umida serata losannese, in uno stadio deserto per il Coronavirus, non si poteva che fare una citazione cinematografica. Del resto, erano tanti gli elementi che hanno scritto, ieri sera, una piccolo paragrafo della grande storia del calcio.

Non c’eravamo, ovviamente, il 17 giugno 1954, quando gli Azzurri vennero sconfitti 2-1 dai rossocrociati e vennero eliminati dai campionati del mondo. C’erano, invece, 43.000 spettatori, retaggio di un’epoca di stadi differenti, meno attenti alla comodità e alla sicurezza. Lo Stade Olympique de la Pontaise, ieri sera, ha chiuso con il calcio: resterà arena dell”Athletissima, meeting di atletica leggera che si tiene qua annualmente dal 1977.

Un piccolo paragrafo di storia del calcio elvetico e ticinese lo ha scritto anche il Lugano, che si è issato solo in testa alla classifica, a 19 anni dall’ultima volta. Re per una notte, perché già stasera, al fischio finale dell’atteso confronto tra Young Boys e San Gallo, i campioni in carica potrebbero riprendersi la vetta. Però, in questa stagione così strana, per tanti motivi, i sottocenerini si sono trovati a guardare tutti dall’alto. E meritatamente, diciamo noi.

Certo, il Losanna di Contini, squadra tosta, corta, veloce e fisica quando serve, aveva fuori diversi titolari (Turkes su tutti, poi Joel Monteiro e capitan Kukuruzović). Però, anche Jacobacci ha dovuto fare a meno di Bottani e Sabbatini. E, a fine partita, Giorgio Contini, tecnico dei vodesi, ha proprio voluto sottolineare che le assenze non sono una scusa: “La verità è che questo Lugano, semplicemente, si è dimostrato più forte di Servette e Zurigo. Non c’è molto altro da dire.”

I bianconeri stanno crescendo, partita dopo partita, come ci ha detto Jacobacci a fine gara. Ride poco l’ex attaccante del Wettingen dei miracoli che, 30 anni fa sfidò Maradona; lui, nato a Berna, ma di origini campane, in campo a Fuorigrotta, contro il calciatore all’epoca più forte che ci fosse in circolazione. E anche ieri, in sala stampa, ha accennato solo un piccolo sorriso quando gli hanno chiesto se, vista la classifica e non solo, si può andare oltre la salvezza.

Anche Marić, seppur soddisfatto, pur mettendo in risalto i meriti di una squadra che sta maturando, partita dopo partita, non ha voluto riscaldare troppo l’ambiente: “Siamo lontanissimi da ogni obbiettivo: stiamo facendo bene, siamo contenti per i tifosi, ma non possiamo pensare a niente, in un campionato lungo e con poche squadre. Abbiamo imparato dagli errori passati, stiamo maturando, c’è una base che gioca assieme da tre anni e che accoglie i nuovi, integrandoli e facendoli crescere.”

Al capitano abbiamo chiesto come avevano preparato la partita di ieri: “Non era facile perché sapevamo che avrebbero avuto tante assenze, e tante opzioni tattiche conseguenti ai sostituti. Però siamo stati bravi a chiuderli, ad adattarci quando loro hanno provato a inventarsi qualcosa di nuovo per metterci in difficoltà.”

Siamo i primi a dare ragione ai protagonisti, naturalmente. Anche qua, come ovunque, siamo di fronte a una stagione con l’asterisco tra quarantene, stadi vuoti, rinvii, disinfettanti e trasferte con al seguito autocertificazioni, tessere e documenti vari. In una situazione del genere, serve andare avanti a piccoli passi, un po’ per volta: e, a Lugano, ci sono in squadra quelli che hanno la testa giusta per tenere in mano le redini del gruppo.

Poi ci sono i giovani, quelli che vogliono crescere, che hanno fame di minuti, di visibilità, quelli che sognano in grande. E un allenatore che non pretende di far credere che abbia inventato il calcio, ma che legge le situazioni, fa delle sostituzioni, cambia la disposizione tattica dei suoi a partita in corso. Ci sono allenatori più celebri e più pagati ai quali viene rimproverato di non farlo. Per dire.

Certo, Cornaredo è un piccolo teatro alla periferia dell’Europa. Però, in tempi normali, diverse volte all’anno ti trovi a giocare davanti a decine di migliaia di spettatori come a Berna o a Basilea, in stadi caldi come quello di San Gallo, di Sion. Senza contare che tante volte, in questi anni, abbiamo visto il piccolo stadio di via Trevano ribollire di passione, né più né meno di tante arene del nostro Sud.

Insomma, se fossimo un giovane promettente della Penisola, francamente, per crescere, verremmo a bussare alla porta del presidente Renzetti, se ce ne fosse l’occasione, anziché a qualche padre padrone della nostra cadetteria. Ma è solo una nostra opinione.

Tornando alla realtà bianconera di quest’anno, mai come quest’anno il gruppo si ritrova a essere ben amalgamato, in un equilibrio, appunto, di esperienza, gioventù ed entusiasmo, forza fisica e piedi buoni. Questo ha fatto sì che, negli ultimi mesi, i sottocenerini abbiano dimostrato di poter vincere contro tutti, avendo messo sotto tutte le rivali tradizionalmente più attrezzate: Young Boys, Basilea, San Gallo, Zurigo, Servette, Sion.

Quindi? Mentre scriviamo, sul calendario c’è scritto 8 novembre. Prestissimo. Però il Lugano è primo in classifica, imbattuto, con un gioco concreto, prospettive di crescita. Cresce il rispetto, per i ticinesi. Certo, ieri Contini doveva commentare una sconfitta: ma, ammettendo la superiorità degli avversari, ha scelto forse una strada facile, ma che si usa normalmente con squadre di un altro spessore, e con altri budget. E anche questo è un segno dei tempi.

Quindi: avanti, tenendo i piedi per terra, con uno sguardo affettuoso al presidente Renzetti, che sta lentamente migliorando, dopo i timori dei giorni scorsi. Ieri, in tanti (per modo di dire, visto che, a causa del Coronavirus, la capienza era limitata) abbiamo pensato a lui, al triplice fischio.

C’è tanta voglia di normalità, qui come altrove, e il Pres è una nostra certezza. Ed è davvero stato uno scherzo del destino non averlo potuto vedere, ieri sera, incoronato Re per una notte. Ma ci piace pensare che accadrà ancora, e che questa stagione gli regalerà tante soddisfazioni. Sotto le quali, ovviamentetirare la riga. 

Silvano Pulga
Silvano Pulga
Da bambino si innamorò del calcio vedendo giocare a San Siro Rivera e Prati. Milanese per nascita e necessità, sogna di vivere in Svezia, e nel frattempo sopporta una figlia tifosa del Bayern Monaco.

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