Riguardo a Sarri e alla Juventus, sarete d’accordo con noi
Magari, nella conferenza stampa della vigilia Sarri ha colto l’assist per buttarla dentro a porta vuota, e dire la sua. Oppure, magari, in quella circostanza è soltanto uscita fuori, ancora una volta, la sua toscanità, nel senso di schiettezza, quella naturale propensione a dire la propria e dirla in modo verace, concreto, profondamente vero. Altrimenti, spiegateci il perché di una risposta del genere, a domanda precisa se considerasse il fatto che quella col Lione potesse essere l’ultima partita sulla panchina bianconera.
Ora, non è che uno debba per forza leggere le cose tra le linee, però: dire al giornalista che una domanda del genere precluda il fatto che il collega consideri dilettanti i dirigenti della Juventus, equivale a mandare un messaggio a quei dirigenti stessi, no? Che nel caso, quasi quasi stessero pensando veramente a un suo esonero in queste ore, beh, ecco, vuol dire che quel dilettantismo professato gli sarebbe appiccicato addosso per filosofia dichiarata dallo stesso allenatore. No?
Che Sarri rischi, ormai è fuori discussione. Juventus-Lione è stata la massima espressione del vorrei ma non posso bianconero, in questa stagione fatta di troppi bassi e pochi alti, nonostante uno scudetto vinto di cui però tutti ne erano convinti già in estate, e che qualcuno osi dire il contrario (non lo crederemmo). Il 2-1 dello Stadium col Lione manda fuori una Juve che dovrà pensare molto alle proprie strategie, al proprio futuro, a una riorganizzazione che a questo punto non è più qualcosa di così assurdo (e Agnelli, nel post-partita, lo ha dichiarato: “Confido in questa dirigenza, studieremo come fare per ripartire al massimo delle forze”).
Dicevamo, uno scudetto vinto, ma alzi la mano chi ad agosto pensava possibile davvero che la Juventus avesse veramente chance di non vincerlo, il nono tricolore di fila. Ok l’Inter di Conte e la sua energia, ok un mercato forse neanche così adatto allo stile Sarri, ok perfino la pandemia. Ma la Juventus, quest’anno, ha lasciato a casa Supercoppa, Coppa Italia e Champions League, e quest’ultima se l’è fatta sfuggire di mano perfino agli ottavi di finale.
Tornando alla sfida col Lione, assolutamente vero che le sviste di arbitro e sala VAR hanno influito, ma è totalmente fuori luogo accettare di doversi aggrappare a sviste arbitrali e giustificazioni che non riguardino invece una squadra senza logica, trascinata dalle fiammate di Ronaldo, e con una guida in panchina che più di un errore lo ha fatto, per esempio rischiando – male – Dybala (entrato da acciaccato nel finale, uscito poco dopo per infortunio).
In sostanza, a non convincere è stato un po’ tutto, quest’anno, nella Juventus. Perfino le dichiarazioni dell’allenatore bianconero a fine partita (“Abbiamo difficoltà a mettere gente in area”, “Buona partita, abbiamo perso per il risultato dell’andata”, “Se non avessi messo Dybala sareste stati tutti qui ad accusarmi ugualmente”). E per quanto, senza alcun dubbio, il Sarrismo abbia bisogno di tempo per nascere, crescere ed esplodere, in casa Juve c’è bisogno di proseguire un lavoro decennale, e vincere, subito, e convincere, subito. Inoltre, la Champions è l’unica cosa che manca, adesso, e che conta davvero. È “il” trofeo, è la coppa che per Sarri poteva voler dire spazzar via dubbi e polemiche, era il traguardo da raggiungere al secondo anno di CR7, e con una squadra con un’età media che colleziona primavere. Questo, in casa bianconera, è un periodo pieno di pressioni. E non aiuta questo finale di stagione, che anche stavolta, soprattutto in Europa, rimane assolutamente senza gloria.