Bundesliga: come ci è sembrata la Fase 2 del calcio ai tempi del Covid-19

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La Fase 2 del “calcio-covid” la inaugura la Germania, nazione abituata a fare da locomotrice all’Europa. Dopo 70 giorni di stop, la Bundesliga riapre gli impianti. Per ora solo a giocatori, staff tecnico ed operatori del settore. Due le curiosità maggiori, alla vigilia: quale sarà l’atteggiamento dei giocatori in campo, come appariranno ai nostri occhi in queste cattedrali deserte e, soprattutto, quale sarà il livello? Torneremo al calcio camminato degli anni ’50, i giocatori boccheggeranno dopo il primo tempo? Tutte queste domande hanno avuto, più o meno, la medesima risposta. Il ritorno al calcio è stato un ritorno alla (quasi) normalità. Con le dovute accortezze del caso: soltanto quattro raccattapalle, con mascherina, idem dicasi per gli uomini presenti a bordocampo e sulle panchine. Il ritmo di gioco non ha particolarmente risentito dello stop. Certo, non si è viaggiato a ritmi da Champions League, piuttosto è stato come ritrovarsi alle classiche prime partite di ogni campionato, che di solito ammiriamo da metà agosto in poi. Il livello, quindi, è apparso più che dignitoso.

Di tutti i campi tedeschi su cui si è giocato oggi, ovviamente, l’attenzione e la curiosità maggiore è andata al Signal Iduna Park, palcoscenico della sfida tra Borussia Dortmund e Schalke 04. Il derby della Ruhr, acciaio contro carbone. Si è capito che il pubblico è parte integrante di questo gioco, non solo per atmosfera, ma come componente che incide sull’andamento di partite e campionati interi. Senza di esso, prevale solo ed esclusivamente il dato tecnico. Il che può far piacere ai giustizialisti del calcio, ma toglie il fascino e il romanticismo delle imprese impossibili che, ogni tanto, diventano magicamente realizzabili. E, in questo caso, non c’è stata partita.

Troppo più alto il tasso tecnico dei gialloneri, che hanno dovuto rinunciare nel riscaldamento a Reyna per un risentimento muscolare e hanno potuto contare su un sostituto che tale non è, cioè Thorgan Hazard, fratello belga meno glamour di Eden. Da un suo geniale colpo di tacco nasce l’azione per il primo gol della ripartenza del calcio e da un cross con il goniometro di Brandt la rifinitura per l’implacabile Haaland, cui il coronavirus non può che fare un baffo. Il gol è suo, la firma di questa rinascita ha il biondo scintillante del norvegese.

Sugli altri campi il copione è più incerto, a Lipsia gli unici spettatori sono i tori dipinti della Red Bull, che incutono un certo timore, ma non al Friburgo che si porta in vantaggio e ci insegna che oggi esiste “l’esultanza di gomito”, la nuova gioia anti-contagio del pallone. A Dortmund Raphaël Guerreiro raddoppia e sul 2-0 gli uomini di Favre vanno a rinfrescarsi negli spogliatoi. Al rientro c’è subito gloria anche per Hazard, un mattacchione, perché va ad esultare a braccia spalancate sotto la mitica Südtribüne completamente deserta. E le urla arrivano fino all’ultima delle gradinate, richiamando gli echi delle partite scapoli contro ammogliati che noi giornalisti ostinatamente giochiamo, per dimostrare a noi stessi che non sappiamo solo scrivere.

Non è questa, in fondo, la patetica bellezza del calcio? A proposito, che effetto strano che fa guardare la Die Gelbe Wand (“il Muro giallo”), che conta 24.454 postazioni, la più larga d’Europa, completamente deserta. Lì, dove Grosso e Del Piero ci hanno regalato la più grande soddisfazione degli ultimi vent’anni, ora il vuoto degli spalti rimpicciolisce la sensazione di “miedo escenico” che solo i grandi palcoscenici sanno incutere. A Guerreiro tocca firmare la doppietta con un bel duetto con Haaland e una finalizzazione pregevole d’esterno sinistro, che vale il poker ai danni di uno Schalke sempre più in crisi, mentre Schick a Lipsia liscia clamorosamente il pallone dei tre punti ed arresta i sogni di titolo di Rangnick e Nagelsmann. Due che da tori potrebbero trasformarsi presto in diavoli, portando con sé nelle corna quella mentalità vincente e auto-conservativa che sembra voler essere la nuova filosofia dei rossoneri. Insomma, alla fine il fatto è questo: il calcio senza tifosi non mi piace, ma la vita senza calcio non è vita, almeno non al 100%. Perciò, bentornato campionato. Anche se è solo quello tedesco.

Roberto Tortora
Roberto Tortora
Laureato in Scienze della Comunicazione, a Salerno. Master in Giornalismo IULM, a Milano; Giornalista professionista.

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