Ciclismo, le grandi squadre italiane – Carrera Jeans

-

L’emergenza coronavirus ha interrotto, come è giusto che sia, qualunque tipo di attività sportiva. Ciclismo compreso. In questo periodo di forzato stop, è bello aprire il libro della storia di questo meraviglioso sport e ripercorrere le vicissitudini delle più importanti squadre italiane. Quest’oggi è il turno della Carrera Jeans.

Enzo Ferrari soleva dire: “Date a un bambino un foglio di carta, dei colori e chiedetegli di disegnare un automobile, sicuramente la farà rossa“. Ebbene, immaginate di teletrasportarvi nel tempo nella seconda metà degli anni ’80 e/o nella prima metà degli anni ’90 e mettetevi nei panni di un bambino dell’epoca appassionato di ciclismo. E immaginate che qualcuno vi dia un foglio di carta, dei colori e vi chieda di disegnare la divisa di una squadra di ciclismo. State pur certi che colorereste la maglia di blu ai lati, lasciando il centro bianco. E colorereste i pantaloncini (ovvero, la parte visibile della salopette da ciclista) di un acceso blu jeans. Sì, disegnereste la divisa della Carrera Jeans.

Non ce ne vogliano le altre, ma la formazione sponsorizzata dalla famosa ditta di abbigliamento di Caldiero (Verona) dei fratelli Tito, Imerio e Domenico Tacchella è stata ed è ancora oggi un’icona per tutti gli appassionati di ciclismo. Una storia che ha inizio nel 1984 e che è durata fino al 1996, fatta di grandissimi campioni e di straordinarie imprese.

1984, dicevamo. La Carrera Jeans corre in soccorso di Davide Boifava, direttore sportivo della Inoxpran subentrando a questa azienda come primo sponsor del gruppo sportivo. E come primo uomo immagine dal punto di vista ciclistico ha Roberto Visentini. Il gardesano, dopo aver sfiorato il successo nel 1983 ed essersi ritirato in Maglia Rosa nel 1985 per infortunio, nel 1986 finalmente riuscì a conquistare il Giro d’Italia e a regalare il primo grande trionfo alla Carrera. L’anno dopo era tutto apparecchiato per il bis, ma l’avversario più accreditato se lo ritrovò in casa. Si trattava dell’irlandese Stephen Roche, ingaggiato dalla Carrera per far classifica al Tour de France e per aiutare Visentini al Giro.

Sulla carta, però. Roche infatti prese la Maglia Rosa alla 3/a tappa e la tenne fino alla 13/a, la cronometro di San Marino, quando Visentini ristabilì le gerarchie, conquistando tappa e maglia. Ma, due giorni dopo, nella tappa che porta a Sappada, il patatrac. Roche attaccò due volte con altri corridori, costringendo i suoi compagni di squadra (tranne uno, Schepers) a tirare invano. Nella salita finale verso Sappada, Visentini andò in crisi di nervi e fame e crollò, senza avere alcun compagno in forze per aiutarlo. O meglio, uno ci sarebbe pure stato, Schepers, ma se ne guardò bene essendo fido di Roche. Risultato? Roche andò in Maglia Rosa e vinse quel Giro, Visentini prese 6 minuti, provò a rimediare nelle tappe successive ma nella penultima con arrivo a Pila cadde e si ruppe lo scafoide, ritirandosi. Non sarà mai più competitivo.

Roche si fece però ben perdonare dalla Carrera, dato che in quel magico 1987 conquistò anche il Tour de France e vinse finanche il Mondiale. Anche se nel 1988 cambiò aria, accasandosi alla Fagor-MBK (tornerà alla Carrera però nel 1992, conquistando una tappa al Tour). Passati Roche e Visentini, proprio sulle strade della Grande Boucle 1990, spuntò un nuovo astro in casa Carrera: Claudio Chiappucci. Gregario nelle sue prime stagioni in bianco-blu jeans, in quel Tour andò in fuga nella 1/a tappa di Futuroscope con altri quattro elementi, conquistando un pacchetto di 10 minuti sul gruppo. Un pacchetto che gli garantì di vestire la Maglia Gialla nella 12/a tappa. Chiappucci fece sognare gli italiani, ma l’inesperienza nella gestione della corsa (soprattutto un attacco poco acuto tatticamente nel tappone pirenaico con Tourmalet e Aspin) consentì a Greg Lemond di operare il sorpasso al penultimo giorno, nella cronometro di Lac de Vassivière.

Chiappucci arrivò comunque secondo, conquistando il primo dei suoi sei podi tra Giro e Tour. In Francia, infatti giunse terzo nel 1991 e secondo nel 1992, mentre nella Corsa Rosa fu due volte secondo nel 1991 e nel 1992 e terzo nel 1993. In quattro di queste cinque occasioni a sbarrargli la strada fu Miguel Indurain (ah, se non ci fossero state quelle maxi-cronometro di 60 km). Podi che gli regalarono l’etichetta di “eterno secondo“, ma noi tutti preferiamo il soprannome di “Diablo“, per il suo temperamento di grande attaccante. Come dimenticare la vittoria al Tour 1992 (una delle quattro tappe vinte tra Giro e Tour) nella frazione di Sestriere, al termine di una fuga solitaria da leggenda di 200 km in cui scalò da solo Saisies, Cormet de Roseland, Iseran e Moncenisio oltre la salita finale? E la Sanremo 1991, con quell’attacco in gruppo nella discesa del Turchino e l’ultimo assolo sul Poggio, fiaccando la resistenza di Sorensen? Imprese che impreziosirono un palmarès che comprende anche un Giro dell’Appennino, una Tre Valli Varesine e una Classica di San Sebastian.

Nel 1994, il passaggio di consegne nella frazione del Giro d’Italia che va da Merano ad Aprica e che comprendeva le scalate di Stelvio e Mortirolo. Chiappucci andò in fuga, ma questa volta funse da apripista. In casa Carrera, il giorno prima, era nata una nuova stella. Sebbene fosse di Cesenatico, località marina della Romagna, andava forte, fortissimo in salita. Il suo nome era Marco Pantani. Il 24enne romagnolo raggiunse Chiappucci sul Mortirolo e si invola a vincere la tappa, la sua seconda, e impensierì seriamente la Maglia Rosa Berzin. Alla fine, in quel Giro fu secondo nella generale. Pantani andò anche al Tour e alla sua prima Grande Boucle chiude terzo, dietro Indurain e Ugrumov. Nel 1995, il romagnolo saltò il Giro per infortunio, ma al Tour regalò a tutti le sue prime perle con i successi a Guzet-Neige e sull’Alpe d’Huez. Sempre in quell’anno, però, Pantani fu vittima alla Milano-Torino di una drammatica caduta che gli costò tutta la stagione 1996. Una caduta che praticamente pose termine alla sua avventura in Carrera.

Ma vi sono tantissimi altri corridori che hanno dato lustro alla Carrera. Cominciando dagli stranieri, non si può non partire da due svizzeri. In primis, Erich Machler, che nel 1987 si impose alla Milano-Sanremo da fuggitivo della prima ora, resistendo alla rimonta del gruppo e che nel 1988 fece sua la Tirreno-Adriatico. E poi Urs Zimmermann, che nel 1986 arrivò terzo al Tour de France (e per poco non fece il colpo grosso) dopo essersi aggiudicato il Delfinato. Seguono Rolf Sorensen, danese che nella Carrera corse un solo anno, il 1993, ma si portò a casa Liegi-Bastogne-Liegi, Coppa Bernocchi e Milano-Torino, Peter Luttenberger, austriaco trionfatore al Giro di Svizzera 1996 e Djamolidine Abdujaparov, spericolato velocista uzbeko, vincitore alla Gand-Wevelgem 1991 e di diverse tappe al Giro, Tour e Vuelta.

E gli italiani? Beh, l’elenco deve partire giocoforza da Guidone Bontempi, passista e velocista. Con un palmarés invidiabile, fatto di due Gand-Wevelgem, due Coppa Bernocchi, due Tre Valli Varesine e 21 frazioni nei Grandi Giri. E prosegue con Massimo Ghirotto, due Tre Valli Varesine e tre tappe nei Grandi Giri. Poi, Enrico Zaina, scalatore bresciano vincitore di tre tappe al Giro d’Italia, con la perla del successo sul Pordoi nel 1996, anno in cui giunse secondo in classifica dietro a Tonkov. E poi Bruno Leali, una Agostoni e il titolo italiano nel 1987 e Fabio Roscioli, trionfatore di una grande tappa al Tour de France a Marsiglia nel 1993.

Una storia fantastica, quella della Carrera Jeans. L’azienda dei Tacchella è stata più volte tirata per la giacchetta affinché tornasse nel mondo del ciclismo. Per ora, ha sempre risposto di no. Ma tentar non nuoce. Quanto sarebbe bello rivedere quella maglia leggendaria bianco-blu jeans in gruppo.

Carta d’identita e palmarès

Nome: Carrera Jeans
Periodo di attività: 1984-1996
Colori sociali: bianco-blu jeans
Grandi Giri: 3; Giro d’Italia 1986 con Visentini, 1987 con Roche; Tour de France 1987 con Roche
Podi nei Grandi Giri: 14 (oltre alle tre vittorie, Chiappucci, 2° nel 1991 e 1992, 3° nel 1993 al Giro d’Italia; 2° nel 1990 e 1992, 3° nel 1991 al Tour de France; Pantani, 2° nel 1994 al Giro d’Italia, 3° nel 1994 al Tour de France; Zaina, 2° nel 1996 al Giro d’Italia; Zimmermann, 3° nel 1988 al Giro d’Italia, 3° nel 1986 al Tour de France, )
Tappe nei Grandi Giri: 63; 30 al Giro d’Italia, 25 al Tour de France, 8 alla Vuelta a España
Classiche Monumento: 3; Liegi-Bastogne-Liegi 1993 con Sorensen; Milano-Sanremo 1987 con Machler, 1991 con Chiappucci
Altre grandi classiche internazionali: 4; Classica di San Sebastian 1993 con Chiappucci; Gand-Wevelgem 1984 e 1986 con Bontempi, 1991 con Abdujaparov;
Grandi classiche italiane: 12; Coppa Agostoni 1987 con Leali;  Coppa Bernocchi 1987 e 1988 con Bontempi, 1993 con Sorensen; Giro dell’Appennino, 1990 con Giupponi, 1992 con Chiappucci; Milano-Torino, 1993 con Sorensen; Tre Valli Varesine, 1986 e 1991 con Bontempi; 1992 e 1993 con Ghirotto; 1994 con Chiappucci
Grandi corse a tappe di una settimana: 4; Giro del Delfinato 1986 con Zimmermann; Giro di Romandia 1987 con Roche; Giro di Svizzera 1996 con Luttenberger; Tirreno-Adriatico 1988 con Maechler

Giuseppe Pucciarelli
Giuseppe Pucciarelli
Nato a Salerno il 3 maggio 1986, laureato in Fisica, ex arbitro di calcio FIGC. “Sportofilo” a 360° con predilezione per calcio e ciclismo, è un acceso e convinto fantacalcista.

Quella volta che il Lugano sbancò San Siro, facendo lo sgambetto...

In assenza di calcio giocato, con lo stadio di Lugano (e non solo deserto), vale la pena di rispolverare qualche ricordo, anche di carattere...
error: Content is protected !!