Atalanta, l’unico difetto dell’inesperienza

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Si tratta della legge più antica del calcio. Quando due squadre si equivalgono, a far pendere la bilancia da una parte o dall’altra è l’episodio. Una legge assolutamente democratica. Valida dalla più classica partita tra scapoli e ammogliati alle finali dove sono in palio trofei.

E l’ultimo atto della Coppa Italia 2018/2019 disputato ieri all’«Olimpico» di Roma tra Atalanta e Lazio ha rispecchiato pienamente questa legge. Chi si attendeva una partita tutta fuoco e fiamme è rimasto deluso. E giustamente, anche. Perché i calciatori biancocelesti e neroblu sono bravi ma hanno un difetto intrinseco: sono umani e tremano anche a loro le gambe quando ci si gioca un obiettivo importante. Quindi, è logico pensare che siano gli episodi a fare la differenza. E così è stato.

L’Atalanta il suo episodio lo ha avuto al 25′ con l’azione che ha portato al palo di De Roon prima e al colpo di testa di Zapata fuori di un nulla dopo, con in mezzo quel fallo di mani di Bastos proprio ai limiti dell’involontarietà per alcuni (e per Banti e Calvarese, rispettivamente arbitro e addetto al VAR di ieri sera), da calcio di rigore netto per altri. La Lazio lo ha avuto all’81’, con Milinkovic-Savic entrato da poco che anticipa Djimsiti di testa e trova il gol partita (il 2-0 di Correa in contropiede fa poco testo). Tutto qui. Tutto, tremendamente, qui.

L’Atalanta da tre anni a questa parte sta diventando una bellissima realtà del calcio italiano. Ma, appunto, “sta diventando”, presente progressivo, no “è diventata”. Ai ragazzi di Gasperini manca ancora una cosa che si acquisirà con tempo: l’esperienza a queste grandi sfide. La Lazio, solo nell’era Lotito iniziata nel 2004, è alla sua quinta finale di Coppa Italia con la terza vittoria. Un elemento significativo. I giocatori biancocelesti ieri sapevano benissimo quando aprire il gas, quando invece stare corti e compatti, quando adoperare cattiveria agonistica e malizia. Quelli dell’Atalanta, no. Ma non perché sono capaci. Ma perché “stanno imparando”. E dopo Dortmund e Copenaghen, è arrivata la terza – dolorosa quanto si vuole – lezione di esperienza.

Ora però bando alla tristezza perché le finali le perde solo chi ci arriva e quindi solo il fatto di essere arrivati all’ultima recita della Coppa Italia, portando 21000 straordinari tifosi atalantini a Bergamo è motivo d’orgoglio. Ora, testa e cuore rivolti agli ultimi 180 minuti di campionato, dove l’Atalanta potrebbe scrivere la storia conquistando la terza – dicasi terza – qualificazione europea consecutiva. A tal proposito, giusto che la Juventus faccia la sua partita contro la Dea domenica. Ma chi è onesto intellettualmente e non è mosso da secondi fini, dovrebbe ricordare che la sportività è isotropa.

Quindi, è giusto che anche il Frosinone impegni seriamente il Milan a S.Siro. Diventa giusto che il Napoli non sbrachi davanti ai suoi tifosi contro l’Inter. Diventa giusto che il Sassuolo possa puntare al decimo posto contro la Roma. Perché la Superlega antimeritocratica è ancora fortunatamente un progetto. Spiegatelo a qualche “so tutto io” leggermente distratto…

Giuseppe Pucciarelli
Giuseppe Pucciarelli
Nato a Salerno il 3 maggio 1986, laureato in Fisica, ex arbitro di calcio FIGC. “Sportofilo” a 360° con predilezione per calcio e ciclismo, è un acceso e convinto fantacalcista.

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