Le tre illusioni che hanno condannato il Napoli

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Dopo la Juventus, la settimana nera del calcio italiano in Europa si chiude anche con l’eliminazione del Napoli dall’Europa League. La rimonta da grande squadra, una sorta di test per valutare la propria maturità e dare ancora un significato a una stagione che ormai ha poco da raccontare per gli azzurri, è stata disattesa. Troppo poco Napoli, in linea con le prestazioni delle gare della seconda parte di stagione, ma anche troppo Arsenal, che ha fatto vedere qualità e capacità di resistenza svanite nell’ultima fase dell’era Wenger.

E ora, ci si guarda sorpresi tra la tifoseria partenopea, chiedendosi come mai i Gunners ne siano usciti così più forti dalle due sfide, pur lasciando costante una (presunta, come dirò poi) grande vulnerabilità. Ma forse, per un futuro di crescita del Napoli, sarebbe il momento di fare un passo indietro. E rendersi conto che, alla fine, gli azzurri sono stati vittime di tre grandi convinzioni che hanno solo illuso l’ambiente.

Il Napoli in Europa è una cosa, in Italia è un’altra

La conquista dello Scudetto ha finito di essere l’obiettivo centrale del Napoli ormai da mesi. Il duello contro la Juventus, sempre che quest’anno sia mai esistito, si è trasformato in breve tempo in un monologo, portando così gli azzurri a perdere il proprio interesse verso il campionato. In fondo, i partenopei anche non nella loro miglior condizione restano nettamente superiori alle squadre che si stanno dando battaglia per andare in Champions League.

L’Europa, insomma, era il grande obiettivo del Napoli, quello in cui tutti pensavano che avrebbe rivisto la squadra splendente della prima parte di stagione. Ci si diceva, insomma, che se gli azzurri erano riusciti a mettere in difficoltà squadre come PSG e Liverpool, in Europa League sarebbe dovuto essere tutto più semplice. Ma i partenopei hanno vissuto di quel ricordo, di una squadra che non è praticamente più esistita nel 2019. Non c’è più Hamšík, tanti giocatori sono rimasti visibilmente distratti dalle voci di mercato e dalla prospettiva di vestire altre casacche (Allan in primis), è mancato terribilmente un uomo chiave come Albiol. Ma soprattutto la squadra di Ancelotti non ha più ritrovato quel mix tra spensieratezza e organizzazione che l’aveva resa tanto vincente in autunno.

Eppure, contro l’Arsenal sono emersi gli stessi problemi costati tanti punti in campionato con il Sassuolo o Genoa di turno. Tanto pressing offensivo, ma con poche idee illuminanti, pochi tiri veramente pericolosi e ancora meno gol. Impossibile trovare un singolo colpevole, perché la questione riguarda reparti interi, con troppi giocatori che al momento del dunque si sono sciolti come la neve a primavera. Il problema era evidente da tempo, ma l’illusione è nata da una presunta consapevolezza che, alla fin fine, al momento opportuno sarebbe tornato il Napoli di prima.

Con Ancelotti in panchina è possibile qualsiasi impresa

Probabilmente, molti si sono dimenticati che Carlo Ancelotti, nonostante la meravigliosa carriera alle spalle e le tante, gloriose vittorie conquistate in passato, resta un essere umano. Può aiutare, ma non può far miracoli. Poteva essere una carta in più per sperare di superare una squadra sulla carta più forte (e non lo è stato, vista la vittoria di Emery anche sul piano tattico), ma il materiale a disposizione resta limitato di fronte a un Arsenal ricco di ottimi giocatori e alternative in più da utilizzare.

Criticare Ancelotti ora è troppo semplice. Ci vorrà pazienza, perché il Napoli ha cominciato un progetto dall’inizio e anche con uno dei migliori al mondo bisognerà aspettare. Serviranno investimenti sul mercato, innanzitutto, perché la rosa è rimasta troppo a immagine e somiglianza di Sarri, ma il lavoro del nuovo allenatore non va buttato via per un finale di stagione deludente. De Laurentiis vuole costruire qualcosa di importante attorno a lui, ma con quello che viene messo a disposizione è chiaro che servirà più tempo prima di ottenere risultati concreti.

Ancelotti, insomma, non deve finire per essere vittima del suo passato da grande vincente, soprattutto in Europa. Ogni squadra è una storia a sé e l’ex Bayern Monaco lo ha fatto vedere, con tutti i limiti del caso, anche in queste due gare. Un bravo allenatore aiuta, ma senza il giusto supporto non può bastare per raggiungere gli obiettivi che la piazza chiama a gran voce da tempo. Ed è anche questo che rende il Napoli, anno dopo anno, la più grande incompiuta del nostro campionato.

L’Arsenal non è (stato) così superiore

Dal sorteggio e fino anche alle post partita di ieri sera, il grande rammarico del Napoli è stato riassunto in una frase ripetuta tante, troppe volte in queste settimane: l’Arsenal non è così superiore rispetto agli azzurri. Nemmeno l’evidenza emersa dalle due gare, però, è stata sufficiente per prendere atto che i Gunners, in questo momento, sono almeno un paio di gradini più in alto.

Una convinzione diventata ancora più forte in vista del ritorno, basandosi su un dato certamente incontestabile ma completamente decontestualizzato: i Gunners, in campionato e nelle prime due gare a fase di eliminazione diretta di Europa League, hanno mostrato grande fatica fuori casa. Di conseguenza, la rimonta è fattibile. Dato evidente a tutti, ma che non considera i tanti fattori che hanno reso i londinesi più fragili fuori casa. Per esempio, nelle due gare d’andata di Europa League ai sedicesimi e agli ottavi, l’aver evidentemente sottovalutato il Bate Borisov su un campo materialmente complicato o il fatto di aver giocato tutto un secondo tempo in dieci uomini contro il Rennes.

Così come in campionato, in cui l’Arsenal ha sofferto molto soprattutto le squadre rocciose, spesso chiuse ma capaci di sorprenderti sfruttando l’episodio. Ma era fin troppo evidente che, in uno scontro di andata e ritorno, Emery avrebbe preparato la gara con tutta un’altra attenzione. Ha sfruttato l’esperienza di Koscielny e Papastathopoulos, le cavalcate sulle fasce di Maitland-Niles e Kolasinac, il pressing di Torreira.

I Gunners hanno difeso con ordine, rischiando solo in certe fasi, ma senza mai crollare completamente, ma hanno anche saputo contenere con maturità, oltre a tessere, soprattutto all’andata, un gioco frizzante e preciso. Il Napoli ha sprecato parecchio, ma tra andata e ritorno nemmeno i londinesi si sono dimostrati sempre cinici, gettando al vento almeno 2-3 occasioni nitide.

Al Napoli, insomma, non fa bene credere che questa differenza con l’Arsenal non sia così evidente. Esiste ed è innegabile, ma deve essere presa come occasione per capire dove si può e si deve ancora migliorare. I partenopei escono con merito, perché i Gunners sono stati più maturi sotto tutti gli aspetti. Riconoscere questo fatto è il primo passo per uscire per provare a ripartire dal livello a cui si è davvero. Senza più nuove illusioni.

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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