La Svezia sta dimostrando di non essere ai Mondiali al posto nostro

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In Svezia, la qualificazione ai Mondiali di Russia l’hanno chiamata “Miracolo a Milano”, prendendo in prestito il titolo di un grande film del neorealismo italiano, peraltro citandolo in lingua originale, in linea con la propria tradizione culturale. E, per molte settimane, la nostra stampa sportiva, nel rammaricarsi e recriminare nei confronti degli Azzurri, ha prima di tutto puntato il dito sulla pochezza dei nostri avversari.

La Svezia è così diventata, nel migliore dei casi, un gruppo di giocatori mediocri tenuto insieme dal proprio tecnico con lo spirito del gruppo, che si deve aiutare e rimanere unito nei momenti difficili. Intendiamoci: Toivonen (neppure una rete nel Tolosa in campionato in questa stagione, e solo due centri in Coppa di Francia) non è diventato un fuoriclasse, così come Lindelöf, in fase di ripresa dopo che, addirittura, a seguito della sua assenza al debutto, qualcuno aveva ipotizzato una sua possibile rottura con l’allenatore.

Semplicemente, i Blågul hanno messo in campo i loro punti di forza: prima di tutto un gioco semplice (un 4-4-2 scolastico: ma, del resto, c’è ancora qualcosa da inventare, nel calcio?) che, proprio per la non complessità dei movimenti dei suoi attori, consente di mantenere strette le linee tra i reparti. In secondo luogo, l’umiltà. Gli svedesi, in più occasioni, cercano il lancio lungo alle punte per saltare il centrocampo avversario, specialmente quando ha maggiore talento dal punto di vista tecnico.

Non sarà bello da vedere: però, è concreto. Certo, gli svedesi, con questo sistema, a volte sbagliano: contro il Messico, ieri, hanno mandato a segno solo il 67% dei passaggi contro l’83% degli avversari (143 su 212 contro 406 su 487), facendo 38% di possesso palla. Però hanno corso di più, e recuperato più palloni (43 contro 33, alle quali si aggiungono 31 palloni spazzati contro i 12 avversari). Il tutto, commettendo meno falli degli avversari (11 contro 14) e ricevendo 2 ammonizioni contro le 3 dei messicani.

I numeri non dicono tutto, ovviamente, e non bastano a spiegare questo 3-0, che ha proiettato gli scandinavi in testa al girone (affronteranno così la Svizzera). Però, è fuori discussione che gli svedesi hanno vinto con merito, superando un Messico probabilmente deconcentrato, dopo le due belle prestazioni iniziali. La Svezia ha fatto gruppo, difendendosi con ordine e rischiando molto meno che nella partita con la Germania nella quale, soprattutto alla fine, era stata costretta ad abbassare molto il proprio baricentro.

Berg, pur non segnando, ha giocato una grande partita. Ma ha fatto bene anche la retroguardia, con Hernández che ha sbattuto contro il muro dei centrali, senza riuscire a far valere la propria velocità e superiorità tecnica. Augustinsson, esterno difensivo in forza al Werder Brema, si è anche permesso il lusso di andare a segnare in posizione di esterno sinistro, tra l’altro con un tiro al volo di pregevole fattura.

Svedesi anche fortunati (in occasione del primo gol, la palla è arrivata al terzino in virtù di un tocco sbagliato da parte di  Claesson); tuttavia, l’azione in contropiede del secondo gol, con Berg lanciato a rete e falciato in area da Moreno, con la quale si è chiuso in pratica l’incontro, è stata da manuale del calcio. Un manuale ingiallito: perché, nel calcio, nessuno inventa nulla. E, quando sei in vantaggio, chiudi la saracinesca e fai lanci lunghi negli spazi per il tuo centravanti che parte in contropiede.

E qua, si ritorna alla forza del gruppo. Una squadra non di fuoriclasse, ma che ci mette fisico, corsa, cercando di fare poche cose, ma bene. Marco Van Basten (uno che di calcio ne capisce…), in una recente intervista, disse una cosa importante: “Ho visto l’amichevole tra Olanda e Italia (entrambe eliminate dalla Svezia – ndr). Mi dispiace che non ci siano, ovviamente. Ma meritano di non esserci, per ciò che ha mostrato il campo, quando le ho viste giocare tra loro.” Ecco, il pallone ha parlato anche ieri. La Svezia c’è. E merita di essere dov’è. E anche Ibrahimović è felice. Non date retta alle sue (finte?) provocazioni: della nazionale Blågul è il primo tifoso. Ve lo possiamo garantire.

Silvano Pulga
Silvano Pulga
Da bambino si innamorò del calcio vedendo giocare a San Siro Rivera e Prati. Milanese per nascita e necessità, sogna di vivere in Svezia, e nel frattempo sopporta una figlia tifosa del Bayern Monaco.

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