ESCLUSIVA – I nuovi talenti: Cassio Cardoselli

-

Da un ex laziale a un altro, da un centrocampista a un altro, la nostra rubrica si sposta da Francavilla a Carrara e torna a occuparsi del Girone A di Serie C. Cassio Cardoselli è un ragazzo del ’98 alla prima esperienza nel calcio professionistico, uno nato col pallone tra i pedi. Bravo nel palleggio e molto intelligente nell’impostazione della manovra, unisce a tali virtù anche una certa efficacia nel chiudere gli spazi e nel contrastare gli avversari. Anche da interno di centrocampo sa il fatto suo, seppure non sia un ruolo a lui del tutto congeniale; ciò che colpisce di più, comunque, è la sua capacità di mantenere sempre alta la concentrazione e l’attenzione.

Ciao Cassio, prima di parlare di te, è inevitabile che il nostro pensiero corra al capitano della Fiorentina Davide Astori scomparso tragicamente e improvvisamente pochi giorni fa. Un uomo e professionista che ha dato sempre l’esempio e che è certamente un modello da seguire per chi è all’inizio della propria carriera.

Difficile trovare le parole in momenti del genere, appaiono tutte superflue. Un evento atroce che colpisce nel profondo, al di là delle appartenenze di tifo; un evento che deve far riflettere su quali sono le priorità della vita e le cose davvero importanti. Possiamo solo stringerci tutti attorno alla sua famiglia, confortarla come possibile e, probabilmente, non sarebbe sufficiente.

Andiamo indietro di qualche anno, dove hai tirato i primi calci a un pallone?

Ho iniziato ad Anzio, nella mia città, al Real Marconi; l’allenatore era mio zio, avevo quattro anni e mezzo, ed è stato lui a iniziarmi al mondo del calcio. Se proprio però devo essere sincero i primissimi calci a un pallone li ho dati a casa con mio padre, il quale è un grande appassionato. 

Sono stati loro a insegnarti di più o ce ne sono stati altri che ti hanno istruito di più?

Sai, ogni epoca è un passaggio fondamentale e tutti gli allenatori che ho avuto sono stati fondamentali nella mia crescita. A partire da mio zio e mio padre, passando per Costantino Zuccarini (un tecnico che mi ha lasciato tanto, quello che mi ha fatto capire davvero cosa fosse il mondo del calcio), Daniele Franceschini e Simone Inzaghi.

So che sei legatissimo, come tutti, alla tua famiglia; in particolare a nonno Cassio. Quanto è stato ed è importante il tuo rapporto con i tuoi?

Sì, siamo molto uniti. I miei non mi hanno mai fatto mancare nulla: mi accompagnavano al campo, sono stati sempre presenti nella mia vita e mi hanno supportato in ogni momento. Devo solo ringraziare loro se oggi sono un calciatore. Con mio nonno ho un rapporto bellissimo: mi coccola quando lo vado a trovare, mi cucina, guarda sempre le mie partite, si incavola, mi chiama. Insomma, vive la mia carriera come fosse la propria e, inoltre, è da lui che deriva il sentimento di lazialità di tutta la famiglia.

Dal Real Marconi passi alla Lazio: come avviene il passaggio? E, soprattutto, cosa significa crescere in un vivaio da Serie A? 

Un’estate, quella del 2007, mio zio mi accompagnò a un campus della Lazio: in realtà, all’inizio, era solo un gioco, tanto per avere la maglia Biancoceleste. Invece, un istruttore disse ai miei genitori che era il caso che io restassi a fare la scuola calcio del club perché avevo delle potenzialità. Naturalmente acconsentirono e fecero tanti sacrifici, considerato che Anzio e Roma distano quasi un’ora di auto: andavo a scuola, quando capitava uscivo prima e mia madre (mio padre lavorava) mi portava al campo e aspettava che finissi. Nella Lazio ho vissuto dieci anni indimenticabili sotto tutti i punti di vista: il carattere, la tecnica, la personalità. Un ambiente pulito, sono stato sempre considerato importante e non potrei mai dimenticare quanto sia stato stupendo crescere con la maglia della mia squadra del cuore.

E poi, anche la soddisfazione delle convocazioni in Serie A.

In tutto quattro. Quella contro il Napoli fu la prima e resta indimenticabile: Inzaghi mi fece uscire da una partita della Primavera per andare a fare la rifinitura con la prima squadra. Per me fu un sogno a occhi aperti, non ero del tutto consapevole di quello che stesse accadendo; prendere il pullman con loro, arrivare allo stadio: immagini impresse e allo stesso tempo inspiegabili.

Il tuo ruolo, ovviamente, non ti porta a fare tantissimi gol; eppure, un giorno nel campionato Primavera contro lo Spezia ne fai addirittura tre, firmando la vittoria in rimonta. Cosa mi racconti di quell’incontro?

Ne ho fatti due il primo anno e quattro il secondo. Il giorno della gara contro lo Spezia era un giorno particolare perché provenivo da un infortunio che mi aveva costretto a stare fermo per più di tre mesi per un problema al ginocchio. Fu la prima gara da titolare quindi e fui schierato da mezz’ala: una giornata magica perché appena toccavo la palla andava dentro. Il primo lo feci di testa e il secondo fu più importante perché a tempo scaduto del primo tempo: calcio d’angolo, palla in mezzo e inserimento vincente. Poi è arrivato anche il terzo ed è stata una gioia immensa.

La Lazio, però, non ti ha rinnovato il contratto. Cosa è successo, quanto è stata grande la delusione?

Certo, la delusione c’è stata, ma non è dipeso da me. La Lazio ha deciso così e mi sono rimboccato le maniche per trovare la soluzione migliore e sono contento di avere scelto la Carrarese. Nonostante la delusione, forse un po’ di rabbia, l’amore per la maglia Biancoceleste resta immutato.

Arriviamo all’attualità. Primo anno tra i professionisti e con la possibilità di crescere con personaggi di spicco come il tecnico Baldini e i compagni Tavano e Marchionni. Cosa ti apporta stare in una squadra che ha in sé esperienza e anche giovani di talento?

Ho avuto la fortuna di trovare un club con un progetto ben chiaro e definito e, soprattutto, composto da uomini con una grande passione per questo sport. Il mister ha un amore per il calcio come può averlo un ragazzino: sempre il primo ad arrivare al campo, cura ogni singolo dettaglio e persino a colazione prepara i frullati a tutti. Ci aiuta (uso il plurale perché parlo a nome dei più giovani) tutto l’ambiente: dal direttore generale Gianluca Berti agli elementi con più esperienza dell’organico. Siamo un bel gruppo; come dice il mister siamo tutti titolari ed effettivamente lui cambia spesso gli uomini in campo, anche a seconda dell’avversario senza farsi condizionare da altri aspetti.

Attualmente in sesta posizione, ma con una classifica molto corta dal quinto posto in giù c’è sempre il rischio di compromettere tutto nel caso di un passo falso. Credi che i playoff siano alla vostra portata? E poi, cosa può succedere?

Lavoriamo ogni giorno senza farci assillare da un obiettivo fisso; da qui alla fine ogni gara deve essere interpretata come fosse una finale: le vorremmo vincere tutte. Primi non potremo arrivare perché ci sono troppi punti di distacco, ma vogliamo dire la nostra in ottica playoff e ci riusciremo.

Sabato vi recate in Sardegna per giocarvela contro l’Arzachena, la quale sta dietro solo di tre punti. Come state preparando la sfida?

Ogni gara presenta delle insidie, ma non ci faremo condizionare dalla paura di commettere un passo falso. Andremo in Sardegna con la giusta convinzione e consapevolezza dei nostri mezzi, cercando di pressare alto gli avversari e di fare la nostra gara. 

Tra le squadre del Girone A quale ti ha impressionato di più?

Mettendo da parte il Livorno, che sta facendo un grande campionato a parte gli ultimi risultati non brillanti, mi hanno colpito molto l’Alessandria e il Monza. I primi perché hanno un organico di categoria superiore, i brianzoli per la grande organizzazione e la continuità di un progetto che parte dagli anni passati.

E il giocatore più forte che ti sei ritrovato davanti?

Ragatzu dell’Olbia, ma preferisco sempre Ciccio Tavano.

Quale ritieni sia stata la tua partita migliore con la maglia della Carrarese?

Quella contro l’Alessandria.

Quale ritieni sia il tuo punto forte e quale quello debole da migliorare?

Ovviamente, c’è sempre da migliorare un po’ tutte le abilità. Bene se ho la palla tra i piedi, da migliorare la cattiveria e i contrasti senza palla e, in generale, nel gioco di rottura.

A quali giocatori del passato e del presente ti ispiri?

Kaká è il mio idolo, ho tutti i suoi video ed è quello al quale mi ispiro di più. Del presente mi piace molto Milinković-Savić.

Domanda dalla risposta scontata. Sogno nel cassetto? Che maglia vorresti indossare un giorno?

Naturalmente quella della Lazio, sarebbe una grande soddisfazione e una grande rivalsa indossare di nuovo la maglia della mia squadra del cuore.

Antonio Ioppolo
Antonio Ioppolo
Giornalista, appassionato di storia, letteratura, calcio e mediani: quegli “omini invisibili” che rendono imbattibile una squadra. Il numero 8 come fisolofia di vita: grinta, equilibrio, altruismo e licenza del gol.

MondoPallone Racconta… Eto’o e gli africani d’annata

Poche settimane fa è sbarcato in Italia, per la seconda volta, Samuel Eto'o. L'attaccante camerunese è solo l'ultimo di un gruppo, quello di calciatori africani non...
error: Content is protected !!