Grinta e rabbia non bastano più: Mihajlović perde la scommessa Torino

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L’ultima immagine che ci rimarrà di Siniša Mihajlović sulla panchina del Torino è quella tristemente vista ieri sera, con il serbo che viene allontanato dall’arbitro Doveri per la sua protesta furibonda in seguito al raddoppio della Juventus e un presunto fallo su Acquah non individuato dal VAR. Una scena che, a prescindere dalle possibili ragioni dell’ex Milan, non deve essere piaciuta alla dirigenza granata, probabilmente decisa a scaricare il tecnico già da prima della partita di ieri sera: la prestazione del Toro è stata senza dubbio negativa, in una gara in cui ha creato troppo poco per sperare in un colpo, ma contro una Juventus passata da circa un mese nella ben conosciuta forma di schiacciasassi era difficile immaginare una qualificazione. E così, a notte fonda, è arrivata la chiamata della dirigenza che ha annunciato a Mihajlović l’esonero.

A pesare sono stati ovviamente i risultati e, forse soprattutto, le prestazioni della squadra in campionato. Non disastrosi, certo, perché il Torino è comunque al decimo posto e potenzialmente ancora in corsa per la qualificazione in Europa assieme a tutte le altre rivali accavallate in classifica; ma senza dubbio deludenti alla luce delle aspettative di inizio stagione. Sin dall’arrivo del serbo in panchina, così fortemente voluto nel maggio 2016 per provare a colmare il vuoto lasciato da Ventura, Cairo ha cercato di costruire una squadra competitiva, in grado di restare stabilmente negli anni almeno tra le prime otto del campionato e di offrire un gioco arioso e piacevole. Un obiettivo che ha spinto la dirigenza a investire anche cifre importanti per nomi molto interessanti: da Iago Falqué a Ljajić e Niang, da Rincón a Berenguer (strappato in extremis al Napoli), da N’Koulou ai portieri Hart e Sirigu. O riuscendo a trattenere Belotti dagli assalti delle sue pretendenti, mantenendo così nelle mani del Torino uno dei gioielli del calcio italiano di oggi.

Dopo il nono posto dello scorso anno, insomma, ci si sarebbe aspettato un campionato più ambizioso, ma i granata, pur rimanendo vicini alla zona europea, non sono mai riusciti a dimostrare in campo di meritare davvero l’Europa League: solo cinque vittorie in questo campionato e il doppio di pareggi (alcuni anche clamorosi come contro Hellas Verona e Crotone) per una squadra che nel 2017 ha totalizzato un numero di X con pochi eguali in Europa. Ma, più in generale, ha lasciato perplessi il gioco, un punto debole che Mihajlović aveva mostrato anche nella sua precedente esperienza al Milan (pur con tutte le attenuanti del caso legate alla rosa): a partire dall’attacco, in cui non si è riusciti a dimostrare di poter fare a meno di Belotti, straordinario la scorsa stagione, ma quest’anno tormentato dagli infortuni che lo hanno evidentemente limitato (come dimostrato anche dai numeri: solo quattro reti in 15 presenze). Una squadra ben lontana dai sogni della dirigenza granata.

La grinta, la rabbia e gli scossoni alla squadra così caratteristici del modo di allenare di Mihajlović non sono stati sufficienti a far risalire la china dei suoi giocatori e quel carattere così forte, mai nascosto dentro e fuori dal campo e oggetto di discussione tra gli stessi tifosi del Toro, non ha potuto colmare alcune lacune evidenti nel gioco. Insomma, oltre i toni molto accesi di alcune conferenze stampa e di uscite spesso anche discutibili (anche per questioni extra-calcistiche come quella relativa alla mancata conoscenza di Anna Frank), non c’è stato quel gioco grintoso e offensivo che tanto sarebbe piaciuto al serbo e per cui si era fatto costruire la squadra.

La prestazione di ieri sera, accompagnata dal suo allontanamento per proteste, è stata considerata dalla dirigenza la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, forse con un tempismo rivedibile, ma anticipando un destino probabilmente inevitabile al termine della stagione: via Mihajlović, al suo posto arriva Mazzarri. Con il calciomercato cominciato da due giorni, Cairo ha voluto cambiare per lasciar spazio a un volto nuovo, con la possibilità di intervenire immediatamente con una campagna acquisti adeguata alla tattica dell’ex Napoli, Inter e Watford: un altro tecnico a caccia del riscatto dopo le due esperienze malamente terminate con i nerazzurri e gli inglesi.

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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