Proclami e promesse. C’è crisi. Quando gli impegni sono… marketing

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C’è crisi, c’è grossa crisi. Qualche luminare dell’economia ci dice che ne usciremo, altri asseriscono che questa non è crisi ma un semplice stato delle cose, che faticherà a modificarsi.

E allora non chiamiamola crisi, diciamo che “si stava meglio prima”, insomma insieme al tracollo definitivo della “mezza stagione” e dinanzi ai vari “se ne vanno sempre i migliori” o “con i se e con i ma non si fa la storia”, si aggiunge anche il mai detto “la potenza economica del calcio italiano non è più quella degli anni ‘90”.

Dati per assunti questi luoghi poco comuni è inevitabile una riflessione su quanto stia accadendo nel nostro calcio.

Va bene, siamo poco “appetibili” se non a cordate dell’Estremo Oriente (a quanto pare), quando quelli del Medio (Oriente) preferiscono altri lidi, magari più freddi, piovosi e sicuramente più allettanti dal punto di vista del guadagno. Ma non solo: esistono investitori italiani pronti a mettere in “moto” i propri capitali nelle società calcistiche.

E lo fanno non per questioni di altissima finanza, non per investire spiccioli (500 milioni di Euro, per esempio) dei propri immensi averi per hobby, non per far circolare denaro di dubbie provenienze, ma semplicemente per una questione di marketing delle proprie aziende. Quindi, cosa c’è di meglio che investire cambiando il nome della squadra affiancandolo a uno sponsor?

Non è vietato, o meglio non lo è per i professionisti, dalla Serie C in su, per capirsi.

La stagione 2016/17 ha vissuto, per la prima volta dopo la Lanerossi Vicenza negli anni ’80, questo tipo di accostamento, con il caso dell’Unicusano Fondi: l’Università Niccolò Cusano, con diverse sedi in Italia, ha investito nel calcio e nella piccola cittadina di Fondi, in provincia di Latina. La società (con il solo nome di Fondi, perché ancora tra i dilettanti) ha vinto i playoff di Serie D e la Coppa Italia Serie D nella stagione 2015/16, venendo poi ripescata nel girone C della Lega Pro.

Grandi proclami, tra cui quello di arrivare in Serie A entro 5 anni e in B entro 2 (datato giugno 2016) e poi l’obiettivo Serie B risalente al maggio scorso. Per poi acquistare la Ternana, in Serie B, appena 20 giorni dopo (con trattative andate avanti per settimane).

E in più la certezza di poter fare qualcosa che però non è possibile nel calcio italiano, essere a capo di due società professionistiche. Cosa risaputa da decenni ma a quanto pare ancora poco chiara, in quel momento, agli accademici. Perché se è vero che tutti sanno che Lotito è anche proprietario della Salernitana, oltre che della Lazio, lo è altrettanto il fatto che non figuri nell’organigramma societario granata, rivestendo la figura non ufficiale di “patron”. E allora si poteva fare con questo tipo di organizzazione, e invece no. L’Unicusano ha ben pensato che ai proclami di progetti altisonanti seguisse l’immediata acquisizione di altra società e la vendita altrettanto subitanea della società Fondi.

Diventa così difficile dar seguito a notizie e proclami, ma soprattutto diventa difficile che le tifoserie e gli appassionati possano credere nelle nuove cordate investitrici. Non siamo contrari all’ingresso di sponsor nelle denominazioni di alcune società, anche se rabbrividiamo non poco all’idea di nomi come Fiat Juventus, Filmauro Napoli, Della Valle Fiorentina (per non parlare dei giochi di parole e campagne pubblicitarie che ne conseguirebbero), piuttosto è necessario che le operazioni di marketing abbiano rispetto per le tifoserie e le piazze calcistiche. Perché il calcio è un fenomeno sociale che interessa la quasi interezza della popolazione, con la passione e l’attaccamento quasi morboso a esso legati. Per molti già il cambio di nome costituisce un qualcosa di “eretico”, figuriamoci se ci si sente poi presi per i fondelli non rispettando le promesse fatte.

Ma quindi, è una crisi dell’economia o di concetti e di parole al vento?

Il marketing può diventare un boomerang. Per questo auguriamo all’Unicusano lunga vita e tanti successi a Terni, la città umbra non è Fondi e la cassa di risonanza è ben più ampia. I capitali investiti sono sì solidi e importanti ma lo sono anche le parole e i proclami seguiti dai fatti. E poi, si sa, c’è crisi. E uno dei detti mai detti più in voga recita: “Togli soldi a un italiano e non protesta, fagli un torto calcistico e ti solleva una polemica infinita”.

 

Vito Coppola
Vito Coppola
Telecronista e opinionista radio/TV, già a SportItalia e addetto stampa di diverse società. Non si vive di solo calcio: ciò che fa cultura è la fame di sapere, a saziarla il dinamismo del corpo e del verbo.

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