Tioté: un gol, troppi sentimenti

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Quando arrivi a Newcastle e indossi quella maglia è un po’ come quando ti trovi davanti una bella bistecca che devi cuocere: puoi solo rovinare tutto. Puoi prendertela con la tifoseria, con la città, oppure chiedere la cessione; a quel punto avrai un nemico in più.
Altrimenti, anche solo perché hai quella casacca bianconera addosso, meriti rispetto. Chiaramente, personaggi esposti come i calciatori derivano dal rispetto simpatia, stima, successivamente amore.

Cheick Tioté non era un campione. Sul groppone aveva molte stagioni mediocri e non è un segreto per nessuno, tanto meno per l’educatissimo pubblico di St James’ Park. Come detto, però, non devi essere Alan Shearer per farti rispettare, stimare, amare. No, devi solo aiutare la squadra, la città, i tifosi a realizzare i loro sogni.
Sotto queste premesse facile capire come, quando un ex giocatore fa parlare di sé, il popolo del Nord-Est si senta in qualche modo chiamato in causa. Quando le notizie sono terribili come quella della morte, ieri, di Tioté, la società del Newcastle United, la sua tifoseria, la sua città, non possono fare altro che stringersi in un ideale abbraccio. Inevitabile, vista la pochissima distanza tra i giocatori e il popolo che li idolatra, troppa poca la differenza a livello emotivo tra chi ha onorato la maglia, anche se con piedi un po’ ferrosi, e chi l’ha sostenuto nel farlo.

Una sorta di simbiosi che nel caso del centrocampista ivoriano è però molto più forte del normale. L’avrete visto migliaia di volte: palla alta fuori area, sinistro al volo. Il Newcastle pareggia contro l’Arsenal (dopo essere stato sotto per 0-4 fino al 60’) con l’unico gol in Premier League segnato da Cheick in carriera.
Quando si crea un tale sentimento, è possibilissimo che un centrocampista dalle non eccelse doti firmi quello che è il gol più importante degli ultimi dieci anni e lo faccia in quello spettacolare modo. Sono gli avvenimenti che da soli giustificano il prezzo dell’abbonamento, tutto quello a cui si aspira quando si va allo stadio.
Il gol a Szczęsny va oltre il punticino del pareggio, va oltre la rimonta. È un simbolo alla sportività, al rispetto, alla stima, all’amore, è il punto più alto della simbiosi tra quell’uomo ivoriano e il suo tifo, la sua città.

Newcastle amava Cheick Tioté. Niente di meno.
E allora andate a farvi un giro sui social della squadra inglese. Rafa Benitez, Steve McClaren, Alan Pardew: c’è un messaggio da parte di tutti i manager che lo hanno allenato. Da parte di molti suoi compagni, da parte delle altre società di Premier League e Championship.
E no, non azzardatevi nemmeno per un attimo a dire che è stucchevole buonismo. Quello succede a latitudini in cui si fischia chi sbaglia un passaggio e si applaude chi non va agli allenamenti o si sente in diritto di criticare la società che lo paga. In stadi dove un centrocampista grezzo lo rimane, e mai si sognerebbe di provare quel tiro al volo da trenta metri.

Quello che ha reso Cheick Tioté un’icona del Newcastle United.
Si è vociferato, proprio intorno a quella rete, che egli potesse finire al Manchester United (voci confermate da Pardew) o al Real Madrid. Con tutto il rispetto per questi due colossi, viene da chiedersi se davvero Old Trafford o il Santiago Bernabeu avrebbero potuto spodestare St James’ Park dal suo cuore, che si è fermato per sempre ieri pomeriggio.

Lui non potrà mai dirci la verità, ma noi – e speriamo ora anche voi – un’idea ce l’abbiamo.

Dario Alfredo Michielini
Dario Alfredo Michielini
È convinto la vita sia una brutta imitazione di una bella partita di football. Telecronista, editorialista, allenatore. Vive di passioni quindi probabilmente morirà in miseria. Gioca a golf con pessimi risultati; ma d'altra parte, chi può affermare il contrario?

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