ESCLUSIVA – I nuovi talenti: Tommaso Augello

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Torniamo a occuparci, nel nostro ormai consueto appuntamento settimanale con la Lega Pro, del Girone A e, dopo Federico Zenuni del Tuttocuoio, Saber Hraiech del Piacenza e Claudio Santini del Pontedera, la scelta è ricaduta sul classe ’94 Tommaso Augello. Tommaso è un terzino sinistro (182 cm per 76 kg) fluidificante molto promettente e uno degli artefici degli ottimi risultati ottenuti in Lega Pro dell’unica squadra che, nel panorama del professionismo italiano, utilizza un antroponimo. Parliamo ovviamente della Giana Erminio, che deve il nome a Erminio Giana, alpino diciannovenne caduto in battaglia nella prima guerra mondiale: la madre donò un terreno per coltivare le speranze calcistiche della squadra di Gorgonzola e in segno di gratitudine il club accettò non solo di dotarsi dell’antroponimo, ma anche di vestirsi di nero (i colori sociali sono, infatti, il bianco, l’azzurro e il nero) in segno di lutto.

Ciao Tommaso, sei milanese doc e hai mosso i primi passi nella Polisportiva Cimiano. Mi racconti un po’ quell’epoca? 

Con piacere, Cimiano è una società dilettantistica che si dedica a preparare i giocatori fin da tenera età. Poi, arrivati alla categoria Allievi, li cedono ad altri club generalmente di Serie D, Promozione ed Eccellenza. È un vivaio abbastanza importante a Milano ed è associato al Milan. Sono andato al Cimiano a sei anni accompagnato da mio padre e all’epoca come allenatori c’erano i vari Zagatti, Maldera, Silvano Villa: tutti personaggi importanti del mondo del calcio e che ne hanno fatto la storia. Un bel vivaio e con un gran bel centro sportivo. Io ho fatto una decina stagioni e ne sono stato anche il capitano; insomma, è diventata casa mia praticamente. Da piccolino, sono partito come attaccante ed esattamente come esterno alto sinistro; poi, quando abbiamo iniziato a giocare a 11, mister Ferrari, il quale diventò come un secondo padre per me come per gli altri, mi arretrò nel ruolo di terzino perché diceva che avevo gamba e facilità di corsa. Successivamente, ho avuto come allenatore Remelli, Callegaro (adesso è nello staff della Giana Erminio) e, infine, Schirru. Nelle varie fasi della mia infanzia e adolescenza, devo dire, sono stati tutti importanti e tutti mi hanno lasciato un bel ricordo.

Conclusa questa fase, sei andato al Pontisola. Cosa ti va di dirmi di quel passaggio?

Non è stato un passaggio immediato, feci vari provini fino a quando non mi chiamò Cesare Albè per iniziare l’avventura con la Giana che all’epoca era ancòra in Promozione. Pochi giorno dopo, il Pontisola mostrò il suo interesse e Albè, contentissimo per me, mi fece andar via a fare esperienza in Serie D. A Ponte c’era il direttore sportivo Enrico Vecchi, il quale mi volle fortemente e mi mise sotto la sua ala protettrice, una persona meravigliosa che ricordo sempre con molto affetto, e mi portò in prima squadra. Pensa, ero scontento (ride ndr) perché mi trovavo a mare e dovevo andare a iniziare la preparazione. Una preparazione che ricordo bene perché pesantissima rispetto a quella alla quale ero abituato: una differenza enorme di ritmo. Pian piano mi sono integrato; all’inizio ho avuto anche qualche problema fisico. In generale, da titolare nell’arco della prima stagione avrò accumulato 23 presenze in campionato più 3 nei playoff; invece gli anni successivi le ho giocate quasi tutte.

Quali sono i ricordi di quelle stagioni che più ti sono rimasti impressi?

Il primo anno con Fabrizio Cesana è stato bellissimo; del resto, fu lui a lanciarmi. La seconda stagione con mister Sergio Porrini ho imparato tantissimo e non poteva non essere così: lui ha giocato tanti anni nella Juve e ha pure vinto una Champions League. Arrivammo secondi con ben 83 punti e 80 gol fatti a un punto dalla Pergolettese: probabilmente facemmo qualche pareggio di troppo nel mese di gennaio e fu una grande delusione. Le soddisfazioni arrivarono, invece, dalla Coppa Italia. Giocammo il primo turno della Tim Cup a Gubbio e perdevamo 4-1; alla fine vincemmo ai supplementari 5-4. Poi, nel secondo turno andammo a Varese e perdemmo 2-1. Il terzo anno con mister Del Prato battemmo 3-0 l’Ascoli e fummo eliminati dal Cesena sempre nel secondo turno. Insomma, tanti bei ricordi ed esperienze meravigliose senza dimenticare l’amichevole con la Nazionale allenata da Prandelli: ancòra conservo la maglia firmata di Andrea Pirlo. 

So che riesci a trovare anche il tempo di studiare e ciò ti fa onore. A quale facoltà sei iscritto?

Anche se un po’ a rilento, studio Scienze sociali per la globalizzazione. In primis, mi dedico al calcio, ma la mattina cerco di studiare un po’ anche perché non mi va di non fare nulla; purtroppo faccio fatica a seguire i corsi e sono ancora a metà del piano di studi. Diciamo che non è il mio obiettivo primario, ma non voglio assolutamente mollare. 

Con la Giana Eriminio hai realizzato un gol anche se il risultato finale non fu favorevole. Me lo racconti?

Sì, fu l’anno scorso e fu un gol molto bello: calcio d’angolo per noi, io ero al limite dell’area e di sinistro, raccogliendo una respinta corta di un difensore avversario, ho calciato al volo e ho segnato. Purtroppo non fu sufficiente a evitare la sconfitta.

Tra le tue caratteristiche principali c’è quella di andare sul fondo e crossare, ma raramente ti accentri. In cosa ritieni di dover migliorare?

A me dicono spesso che sono bravissimo e che devo migliorare nei cross. C’è anche da dire che quest’anno il campo della Giana non è al meglio per cui diventa davvero difficile essere preciso. Essendo un terzino di spinta (a me piace molto partire da dietro e avere metri davanti a me per sfruttare la corsa), per me la cosa più bella è fare gli assist ai compagni. Sicuramente devo migliorare molto, soprattutto col piede debole, il destro: lo uso poco e mi piacerebbe accentrarmi di più per calciare in porta.

Visto che ti piace assistere i compagni, mi descrivi l’assist che più ti è rimasto impresso?

Certamente quello in Coppa Italia a Greselin: ho preso palla sull’esterno, l’ho spostata per evitare il difensore e l’ho tagliata al centro per Greselin che di testa ha segnato.

Già tre stagioni con la Giana e quasi 100 presenze. Sei praticamente un titolare inamovibile. Come ti trovi a Gorgonzola?

Proprio domenica col Como sarà la centesima. La Giana Erminio è come una famiglia ed è una società molto seria, un po’ vecchio stampo: presidente, direttore e allenatore vivono per il club e la regola che si sono dati è di prendere solamente giocatori della zona per il fatto stesso che ognuno di noi possa passare tranquillamente le serate a casa con la famiglia. Per mister Albè è molto importante il concetto di gruppo, fondamentale per giocare bene e raggiungere risultati.

La bontà del progetto della Giana non la scopro io: la gestione dal punto di vista amministrativo e tecnico più longeva del panorama professionistico, una crescita fatta di piccoli passi, ma costante. Cosa mi puoi raccontare dei tre anni tra i Pro?

Vero, il primo anno abbiamo arrancato e raggiunto la salvezza quasi in extremis; la seconda ci siamo salvati con tre settimane d’anticipo, ma abbiamo fatto fatica. Il mister, comunque, ogni anno riesce a capire le problematiche e a risolverle. Quest’anno abbiamo una bella squadra arricchita dall’arrivo di Alex Pinardi e stiamo giocando un bel calcio.

Sii sincero, pensi si possa migliorare l’attuale settimo posto?

Sarò sincerissimo: secondo me, sì. A oggi non abbiamo trovato una squadra che ci abbia messo sotto. Vero è che abbiamo perso cinque partite, ma potevamo fare di meglio o sono stati gli episodi a penalizzarci.

A quali giocatori del passato e del presente ti ispiri?

Del passato, Roberto Carlos. Del calcio attuale, in particolare, Alex Sandro è certamente colui che incarna meglio il ruolo del terzino moderno e lo dico nonostante io sia milanista.

Qual è la squadra più tosta e che più ti ha impressionato in questo scorcio di stagione?

La Giana Erminio (ride di nuovo ndr). Rispondo Como: non so se eravamo sotto tono noi perché ancora a inizio campionato, ma loro si sono dimostrati quadrati, tosti e con giocatori importanti; tra l’altro, proprio i lariani ci hanno eliminati dalla Coppa Italia di categoria.

E il giocatore che ti ha messo più in difficoltà?

Roberto Floriano della Carrarese, un giocatore fortissimo. Non so cosa ci faccia ancòra in Lega Pro, è devastante.

Domenica si ritorna in campo e andrete proprio a Como contro una squadra che si trova solo un punto dietro. Come avete preparato la partita?

Come ogni altra partita, una settimana normale di lavoro. Siamo stati un po’ limitati per via del campo ghiacciato e ci siamo allenati sul campo a 7. Dal punto di vista tattico, non escludo novità rispetto al solito modulo (3-4-1-2 ndr.).

Infine, Tommaso, com’è la tifoseria della Giana?

Quest’anno, se non sbaglio, arriveremo a un migliaio di media nella partite in casa. Ci sono un paio di gruppi Ultras formati da ragazzi della zona che ci sostengono e sono sempre presenti anche in trasferta: fa sempre piacere vederli.

Antonio Ioppolo
Antonio Ioppolo
Giornalista, appassionato di storia, letteratura, calcio e mediani: quegli “omini invisibili” che rendono imbattibile una squadra. Il numero 8 come fisolofia di vita: grinta, equilibrio, altruismo e licenza del gol.

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